“Se vincerà il Sì, finalmente le proposte di legge non dovranno più pendolare tra Camera e Senato, nella speranza che prima o poi si arrivi ad un testo condiviso fino alle virgole. Tranne che per alcune limitate materie, di norma la Camera approverà le leggi e il Senato avrà al massimo 40 giorni per discutere e proporre modifiche, su cui poi la Camera esprimerà la decisione finale” (Comitato per il Sì). Quello del superamento del bicameralismo perfetto (che i sostenitori del Sì chiamano “paritario”) è considerato uno degli obiettivi fondamentali della riforma della Costituzione del Governo Renzi, assieme al contenimento dei costi della politica.
La questione è evidentemente complessa, e la tesi dei sostenitori del No è radicalmente diversa. Spiega Lorenza Carlassare su MicroMega, per esempio:
Fine del bicameralismo paritario è l’ingannevole slogan. Ma il Senato, in posizione di parità con la Camera esattamente come adesso, partecipa ancora alla più alta forma di legislazione, la revisione della Costituzione e in molti casi alla legislazione ordinaria. Si approvano infatti secondo le regole del bicameralismo paritario leggi di forte rilievo politico: elezione del Senato (art. 55), referendum, Unione europea, ineleggibilità e incompatibilità con l’ufficio di senatore, elezioni e ordinamento di comuni e città metropolitane, e altre ancora (art. 70, comma 1). Il Senato, inoltre, in modi vari e differenziati, ha voce sulla legislazione intera.
E allora? Come stanno realmente le cose? Il modo migliore per cominciare una simile analisi è quello di fare un passo indietro, cercando di mettere a fuoco qual è la situazione attuale.
La discussione referendaria si concentra intorno all’articolo 70 della Costituzione, che recita: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”. Per diventare legge, al momento, lo stesso identico testo deve essere approvato dai due rami del Parlamento. Nel caso in cui un testo, approvato da una delle due camere, subisca modifiche nell'altra camera, si innesca una dinamica chiamata “navetta”, con il ritorno alla prima camera, un nuovo esame, un nuovo voto e via discorrendo. È una sorta di effetto ping – pong fra i due rami del Parlamento che, secondo molti, è uno dei mali da estirpare del sistema Paese.
Su questo aspetto interviene la riforma del Governo Renzi, che nei fatti assegna alla sola Camera dei deputati “l’iter principale per l’approvazione di una legge”. Il fenomeno delle navette sarebbe in parte cancellato, perché su alcune materie resterebbe la necessità di una doppia approvazione.
Le leggi saranno approvate solo dalla Camera (anche quelle relative allo stato di guerra, ad amnistia, indulto e ratifica di trattati internazionali), tranne che nel caso di provvedimenti che riguardano le competenze delle Regioni e quando si tratta di:
- leggi di revisione della Costituzione
- leggi concernenti la tutela delle minoranze linguistiche
- leggi sui referendum popolari
- leggi che determinano ordinamento legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali delle Città metropolitane e dei Comuni (inclusi i principi sulle forme associative)
- leggi che riguardano i rapporti tra Stato, Unione Europea e enti territoriali
Ma non è tutto, perché in generale il Senato, ove un terzo dei suoi membri ne faccia richiesta, potrà anche chiedere alla Camera dei deputati di esaminare una determinata legge e proporre modifiche entro 40 giorni. A quel punto il testo ritornerà alla Camera che potrà tenere conto delle proposte del Senato o tirare dritto, riapprovando la legge a maggioranza; nel caso di leggi di bilancio o riguardanti le Regioni, le proposte del Senato potranno essere “ignorate” solo nel caso in cui la Camera voti a maggioranza assoluta. Nel caso di leggi per le quali il Governo sceglie di optare per la corsia preferenziale del voto "a data certa", il tempo a disposizione del Senato si riduce a 20 giorni.
Insomma, parlare "in assoluto" di superamento del bicameralismo paritario non risulta essenzialmente corretto, dal momento che è tecnicamente possibile per il Senato esprimersi su un numero molto alto di disegni di legge.
Il nuovo sistema farebbe risparmiare tempo? E quanto?
Per rispondere a questa domanda, bisogna aggiungere ulteriori elementi di analisi. E, infine, contestualizzare il "cambiamento" in ragione della frequenza e dell'incidenza dello strumento che si intende "cancellare", la navetta parlamentare in questo caso.
La Costituzione consente anche ad altri “soggetti” di esercitare l’iniziativa legislativa: al Parlamento, appunto, ma anche alle Regioni, al Governo, ai cittadini e al tanto bistrattato Cnel. Non è tema di poco conto, considerando che, come mostrano le statistiche, la possibilità che una proposta diventi legge dipende in misura sempre maggiore dai soggetti che la propongono.
Relativamente all’ultima legislatura, un report di OpenPolis specifica:
A inizio settembre su 6.729 proposte di legge depositate, solo 243 hanno completato l’iter, cioè il 3,61% del totale. Il dato è quasi 10 volte superiore se si considerano solo le proposte del governo. Dei 609 disegni di legge avanzati dall’esecutivo, infatti, 195 sono diventati legge, il 32,02%. Le proposte parlamentari hanno invece percentuali di successo molto più basse: in media arriva a completare l’iter neanche l’1% dei disegni di legge depositati da deputati o senatori. Su 6.013 ddl, solo 46 hanno avuto successo.
L’iniziativa legislativa è fondamentale anche per quale che concerne le tempistiche di approvazione delle leggi:
Nella XVII legislatura sono state approvate 243 leggi, che hanno richiesto in media 237 giorni l’una (circa 8 mesi). Ma per le proposte di deputati e senatori la durata dell’iter legislativo quasi raddoppia: le 46 leggi di iniziativa parlamentare, infatti, hanno richiesto in media 504 giorni l’una (quasi un anno e mezzo).
Ben diversa la situazione per le proposte dell’esecutivo. Le 195 leggi di iniziativa governativa sono state approvate in media in 172 giorni, neanche 6 mesi. Il dato è ben sotto la media, e quasi 3 volte inferiore a quello dei parlamentari.
[…] Le 10 leggi che sono state approvate nel minor tempo dal parlamento italiano sono tutte di iniziativa governativa. Nove di esse sono conversioni di decreti legge, e una (la più veloce) la ratifica di un trattato internazionale. Per questi 10 provvedimenti dal giorno della presentazione a quello dell’approvazione è passato in media un mese.
Ovviamente incide molto sia il ricorso allo strumento del decreto, sia l'utilizzo della questione di fiducia, sia, infine, la scelta di utilizzare "tagliole", "canguri" e simili strumenti di contingentamento dei tempi di discussione. In definitiva, nella tempistica di approvazione delle leggi sembra essere determinante la "provenienza", più che il passaggio da una camera all'altra.
E le navette, allora?
In una simile ottica, da problema centrale per le tempistiche e il raggiungimento del risultato finale, il ping pong parlamentare diventa un "fattore aggiuntivo" di ritardo.
Perché la frequenza delle navette parlamentari è notevolmente diminuita nel corso degli anni, tanto da riguardare, in questa legislatura, solo il 20% delle leggi approvate. Si legge sempre su OpenPolis: “Da inizio legislatura fino al 18 ottobre camera e senato hanno discusso e approvato 252 leggi. Di queste, 50 hanno richiesto la navetta parlamentare a causa di modifiche da parte di un ramo: il 19,84% del totale. Nella XVII legislatura, quindi, 1 legge su 5 ha subìto un’estensione dell’iter ordinario, che già richiede due approvazioni.”
Insomma, solo per una parte marginale delle leggi si verifica il ping pong tra Camera e Senato. E la doppia approvazione conforme non è necessariamente un limite per la rapidità di approvazione di un testo.
Con una sola Camera a deliberare, evidentemente i tempi "standard" potrebbero ridursi (a meno che il Senato non intervenga, nei modi che abbiamo esaminato precedentemente). Ma non è necessariamente vero che un sistema bicamerale porti alla paralisi parlamentare.
Infine, ma questa la si prenda come una mera considerazione personale di chi scrive, in alcuni casi le correzioni dell’altra camera evitano errori marchiani o provvedimenti approvati sulla scia della “componente emozionale”. Un esempio su tutti: la prima versione della legge sull’omicidio stradale. Una legge pessima, inapplicabile ed estremamente "punitiva", migliorata (non del tutto, per la verità) grazie alla navetta.