Referendum, il No di Berlusconi: “Deriva autoritaria, faremo nuova riforma condivisa”

“Diciamo No a questa riforma costituzionale, perché dopo il ‘No' sia possibile approvare, tutti insieme, una riforma vera, diversa, una nuova riforma", così questa sera Silvio Berlusconi ha ribadito il suo deciso no per il Referendum del 4 dicembre prossimo sulle riforme del governo Renzi. "Questa riforma favorirebbe una deriva autoritaria con il rischio concreto di avere un uomo solo al comando. Il contrario della democrazia" ha sottolineato il leader di Forza Italia in una intervista rilasciata al Tg5 delle 20.
"La riforma potrebbe consegnare a un solo uomo e a un solo partito l’Italia e gli italiani. Con appena il 15% degli aventi diritto al voto, quindi con una esigua minoranza, Grillo ad esempio, già padrone del suo partito, potrebbe diventare anche padrone dell’unica Camera che farà le leggi ordinarie e quindi padrone dell’Italia e degli italiani” ha spiegato l'ex Premier. "Sapete bene che siamo in un momento difficile, l’economia non cresce, il lavoro manca, la povertà aumenta, l’immigrazione prosegue incontrollata, la sicurezza di tutti è in pericolo, in Europa non riusciamo a far valere le nostre ragioni, Eppure, incredibilmente, questo governo punta su una riforma costituzionale mal scritta e pericolosa per ritrovare quel consenso che non ha più" ha proseguito Berlusconi, ribadendo: "Anche per questa ragione dobbiamo rispondere con un forte, deciso e responsabile ‘No'"
Dire no nel voto del referendum "non è un desiderio di lasciare le cose come stanno”, ha tenuto a chiarire Berlusconi, proponendo invece cinque punti cardine da introdurre con una nuova riforma costituzionale. Innanzitutto, “la scelta da parte degli elettori del Presidente della Repubblica”; in secondo luogo, “un vero taglio dei parlamentari, che vanno ridotti di oltre la metà”, poi “il vincolo di mandato, per cui un eletto non può cambiare bandiera senza dimettersi". infine “un limite costituzionale alle imposte, alla pressione fiscale che nessun governo può superare” e “una vera riforma delle Regioni, che oggi sono diventate un’altra grande e costosa burocrazia”.