Il 4 dicembre gli italiani saranno chiamati a esprimersi sulla riforma della Costituzione che porta la firma del Presidente del Consiglio Matteo Renzi e del ministro per le Riforme e i Rapporti col Parlamento Maria Elena Boschi. Si tratta di un referendum costituzionale, per il quale non ci sarà bisogno del superamento di un quorum: dunque, la maggioranza dei votanti determinerà l’approvazione della riforma o la sua bocciatura.
È il terzo referendum costituzionale nella storia della Repubblica, dopo quelli del 2001 e del 2006: nel primo caso gli italiani approvarono la riforma del Titolo V promossa dalla maggioranza di centrosinistra, mentre 5 anni dopo fu bocciata a maggioranza la riforma in senso federale, la cosiddetta devolution, impostata dal Governo di centrodestra. Il referendum si è reso necessario perché il disegno di legge costituzionale non è stato approvato con la maggioranza dei due terzi nei due rami del Parlamento, condizione necessaria per approvare una riforma della Costituzione senza passare dal voto popolare.
Il quesito che gli italiani troveranno sulla scheda, peraltro oggetto di furiose polemiche politiche con tanto di ricorso al Tar, è il seguente:
“Approvate il testo della legge costituzionale concernente “disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?”
Quali parti della Costituzione sono interessate dalla riforma Renzi – Boschi?
La riforma Renzi – Boschi si compone di 41 articoli e modifica esclusivamente la seconda parte della Costituzione, in particolare i capi I, II, III, V e VI. Non sono oggetto di modifica né i principi fondamentali della Carta, né la prima parte, quella che sancisce i “Diritti e doveri dei cittadini”.
Le modifiche riguarderanno dunque la seconda parte e, nel dettaglio, gli articoli che disciplinano la composizione del Parlamento, la formazione delle leggi, l’elezione del Presidente della Repubblica, il ruolo degli organi ausiliari (il Cnel), la definizione degli enti locali e delle competenti materie legislative. Non viene toccato il capo IV, che disciplina compiti e ruolo della magistratura.
Più nel dettaglio, la riforma riscrive gli articoli 55, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 63, 64, 66, 67, 69, 70, 71, 72, 73, 74, 75, 77, 78, 79, 80, 81, 82, 83, 85, 86, 87, 88, 94, 96, 97, 99, 114, 116, 117, 118, 119, 120, 121, 122, 126, 132, 133, 134, 135.
Come cambierà la composizione del Senato con la riforma della Costituzione
È probabilmente la parte centrale della riforma Renzi – Boschi e ne influenza l’intero impianto normativo. Le modifiche sono orientate alla fine del bicameralismo perfetto (ovvero della condizione per la quale attualmente Camera e Senato svolgono pressappoco gli stessi compiti e sono chiamate a deliberare sulle stesse materie), condizione peculiare del nostro Paese a livello europeo.
Il Senato passerà da 320 membri circa (315 senatori eletti direttamente dai cittadini + 5 senatori a vita) a 100 membri circa (95 eletti di secondo livello + un massimo di 5 senatori indicati dal Presidente della Repubblica che resteranno in carica per 7 anni). I senatori non saranno più eletti "direttamente" dai cittadini secondo le vecchie modalità: nel nuovo Senato sederanno 19 Sindaci, uno per Regione, 2 Sindaci delle province a statuto speciale (Trento e Bolzano), 74 membri scelti tra i consiglieri regionali (non ci saranno invece senatori eletti all'estero). Ogni Regione avrà un numero di senatori proporzionale al proprio numero di abitanti, con un minimo di 2 rappresentanti per le Regioni più piccole. Lo schema è il seguente (elaborazione grafica da Wikipedia):
Non è ancora chiarissima la modalità con la quale saranno individuati i senatori fra i consiglieri eletti, dal momento che la riforma dice solo che la scelta deve avvenire “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi”. Sarà dunque necessaria una legge ordinaria per disciplinare la modalità di elezione dei senatori tra i consiglieri regionali; stando a quanto filtrato dalla direzione del PD, l'intenzione del Presidente del Consiglio sarebbe quella di accogliere la proposta della minoranza del partito, che prevede che siano i cittadini a indicare sulla scheda elettorale il consigliere che andrà a ricoprire la carica di senatore.
I nuovi senatori non percepiranno indennità parlamentari, ma otterranno immunità e insindacabilità. Non è ancora chiarissimo se i nuovi senatori otterranno dei rimborsi spese (bisognerà attendere i regolamenti interni), né la frequenza con la quale si terranno le riunioni del nuovo organismo. Non ci sarà più, invece, il limite di età di 50 anni per far parte del Senato, né quello di 25 anni per l'elettorato attivo.
Quali funzioni avrà il Senato se passa la riforma Renzi – Boschi
Il nuovo Senato non voterà più la fiducia al Governo e cederà gran parte delle competenze alla sola Camera dei deputati. Le leggi saranno approvate solo dalla Camera (anche quelle relative allo stato di guerra, ad amnistia, indulto e ratifica di trattati internazionali), tranne che nel caso di provvedimenti che riguardano le competenze delle Regioni e quando si tratta di:
- leggi di revisione della Costituzione
- leggi concernenti la tutela delle minoranze linguistiche
- leggi sui referendum popolari
- leggi che determinano ordinamento legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali delle Città metropolitane e dei Comuni (inclusi i principi sulle forme associative)
- leggi che riguardano i rapporti tra Stato, Unione Europea e enti territoriali
Il Senato, ove un terzo dei suoi membri ne faccia richiesta, potrà anche proporre modifiche alla Camera dei deputati, entro 10 o 15 giorni dall’approvazione di una determinata legge. A quel punto il testo ritornerà alla Camera che potrà tenere conto delle proposte del Senato o tirare dritto, riapprovando la legge; nel caso di leggi di bilancio o riguardanti le Regioni, le proposte del Senato potranno essere “ignorate” solo nel caso in cui la Camera voti a maggioranza assoluta.
Il Senato elegge anche 2 dei 5 giudici della Corte Costituzionale di nomina parlamentare, gli altri 3 saranno nominati dalla Camera (oggi sono eletti dalle camere in seduta comune). Il Senato non potrà essere sciolto dal Presidente della Repubblica (che potrà sciogliere solo la Camera dei deputati) e la seconda carica dello Stato diventa il Presidente della Camera dei deputati.
Come sarà eletto il Presidente della Repubblica
Il Presidente della Repubblica sarà eletto da Camera e Senato in seduta comune, senza l’ausilio dei 58 delegati regionali. Per l’elezione sarà necessario il quorum dei due terzi fino al quarto scrutinio, dei tre quinti dal quinto scrutinio in poi (ricordiamo che al momento il quorum è dei due terzi fino al terzo scrutinio, del 50% + 1 dal quarto in poi). Il quorum sostanzialmente aumenterà, anche se l’eliminazione della componente elettiva dei senatori e dei delegati regionali, unita al premio di maggioranza previsto dall’Italicum per la lista che raccoglie il maggior numero dei consensi al ballottaggio, preoccupa gli oppositori della riforma, secondo i quali in tal modo l’elezione del Capo dello Stato diventa appannaggio di un solo partito.
Cosa cambierà per i referendum e per le leggi di iniziativa popolare
Prima di tutto, nascono due nuove tipologie di referendum: quello di indirizzo e quello propositivo. La riforma non scende nel dettaglio e non specifica come saranno indetti né che implicazioni avranno, ma rimanda tutto a successivi interventi normativi (servirà legge costituzionale e legge ordinaria).
Cambia qualcosa invece per quel che riguarda i referendum abrogativi. Nel caso in cui la consultazione sia richiesta da 500mila elettori, il quorum resterà fissato al 50% + 1 degli aventi diritto; nel caso in cui siano raccolte 800mila firme il quorum scenderà al 50% + 1 dei votanti alle ultime elezioni politiche.
Per proporre una legge di iniziativa popolare sarà necessario raccogliere 150mila firme (invece delle 50mila attuali), ma ogni proposta dovrà essere obbligatoriamente esaminata e votata dal Parlamento (tempi e modalità saranno decisi dai Regolamento delle camere). Ricordiamo che negli ultimi 35 anni sono state raccolte firme per 262 proposte di legge di iniziativa popolare: in 3 casi la proposta è diventata legge dello Stato, mentre per ben 151 volte il Parlamento non ha nemmeno cominciato la discussione.
Il Titolo V e le competenze delle Regioni
È il “passo indietro” più eclatante della riforma Renzi – Boschi: la modifica del titolo V impostata dal Governo di centrosinistra e oggetto di referendum confermativo (vinto) nel 2001. In pratica, la nuova Costituzione prescrive che una serie di materie di cui ora si occupano le Regioni (o che costituiscono materia di conflitto con le istituzioni centrali) tornino a essere di competenza esclusiva dello Stato. Non ci saranno più materie “di legislazione concorrente” e torneranno allo Stato temi come la “promozione della concorrenza, previdenza complementare e integrativa, tutela e sicurezza del lavoro, protezione civile, beni culturali e turismo”. Alle Regioni resteranno invece le competenze in materia di sanità, politiche sociali e istruzione.
La riforma consentirà poi allo Stato di occuparsi anche di questioni di esclusiva competenza regionale, nel caso in cui lo richieda “la tutela dell’interesse nazionale”.
Le province saranno definitivamente abolite.
I poteri del Governo e i tempi di approvazione delle leggi
La riforma costituzionale non interviene "direttamente" nelle competenze e nelle facoltà del Governo. Allo stesso modo, non ci sono "poteri aggiuntivi" per il Presidente del Consiglio. Ci sono però delle modifiche sostanziali, legate alla presenza di una sola Camera con cui si imposta un legame fiduciario (la posizione del Governo è rafforzata dal doversi interfacciare con una sola camera, in cui ha presumibilmente la maggioranza dei consensi) e ad alcune modifiche nelle modalità di approvazione delle leggi.
Con la modifica dell’articolo 72 della Costituzione si stabilisce una sorta di corsia preferenziale per il Governo, che può chiedere che un ddl “essenziale per l’attuazione del programma” sia discusso e votato dalla Camera entro 70 giorni (sull’ammissibilità di tale richiesta deciderà sempre la Camera, che poi potrà differire l’esame per un massimo di 15 giorni). Tale possibilità è esclusa per le leggi elettorali, per quelle di ratifica dei trattati internazionali, per amnistia e indulto e per la legge di bilancio.
Tra gli organi ausiliari del Governo non ci sarà più il Consiglio Nazionale Energia e Lavoro (CNEL) che sarà abolito.