Referendum cannabis, in un’ora 50mila firme per la legalizzazione. I promotori: “Facciamo la storia”
Cinquantamila persone hanno firmato online – in una sola ora – affinché venga indetto un referendum sulla depenalizzazione e la legalizzazione della Cannabis. Non poteva cominciare meglio la campagna di raccolta di sottoscrizioni digitali che punta – come previsto dalla legge – a raccogliere 500 mila firme digitali entro la fine del mese per accelerare il processo che in commissione Giustizia alla Camera, dopo stalli e ostruzionismi, ha visto l'approvazione del testo base che consente la coltivazione di un massimo di quattro piante "femmine".
Lo scorso 7 settembre è stati depositato in Cassazione un quesito referendario che punta ad intervenire sia sul piano della rilevanza penale sia su quello delle sanzioni amministrative per quanto riguarda la cannabis. La proposta è stata avanzata da esperti, giuristi e militanti, da sempre impegnati contro il proibizionismo, coordinati dalle Associazioni Luca Coscioni, Meglio Legale, Forum Droghe, Antigone e Società della Ragione, ma non manca un importante contributo da parte dei partiti +Europa, Possibile e Radicali italiani. La raccolta firme è partita quest'oggi alle 17 e va completata in appena 20 giorni in quanto, come previsto dalla legge, le sottoscrizioni vanno raccolte dall' 1 gennaio al 30 settembre dello stesso anno: sarà possibile aderire sul sito www.referendumcannabis.it grazie alla firma digitale. In appena un'ora le firme apposte sono state 50 mila,
I promotori – in una nota – hanno sottolineato come "quello della coltivazione, vendita e consumo di cannabis sia una delle questioni sociali più importanti nel nostro Paese", in quanto si tratta di un tema che "attraversa la giustizia, la salute pubblica, la sicurezza, la possibilità di impresa, la ricerca scientifica, le libertà individuali e, soprattutto, la lotta alle mafie". C'è poi il tema della cannabis a uso terapeutico, che vede molti pazienti "lasciati soli dallo Stato nell'impossibilità di ricevere la terapia": queste persone oggi si trovano nella posizione, continua la nota, di dover scegliere tra il "finanziare il mercato criminale delle piazze di spaccio" o "coltivare cannabis a casa rischiando fino a sei anni di carcere".