Una conferenza stampa praticamente disertata da giornalisti ed addetti ai lavori per annunciare un "risultato straordinario": Unione Popolare ha infatti raccolto 1.305.639 firme per la campagna referendaria per abolire la diaria dei parlamentari. Un numero incredibilmente alto di segnature raggiunto malgrado la sostanziale indiffrenza dei media, l'ostracismo dei partiti (tradizionali e non), le critiche, i dubbi e gli stessi errori commessi dai promotori dell'iniziativa. Una raccolta che tra l'altro proseguirà a settembre per "tenere alta l'attenzione sulla vicenda" e per rispondere alle critiche di chi giudicava inammissibile la presentazione delle firme. Adesso ovviamente la road map di Unione Popolare sembra forzata: dal momento che non è possibile depositare richiesta di referendum abrogativo nell'anno solare che precede una consultazione politica, bisognerà attendere gennaio per presentare le firme in Cassazione; successivamente bisognerà attendere il parere sull'ammissibilità del referendum e sulla validità delle firme raccolte ed infine i tempi tecnici per l'indizione del referendum.
Quanto alle perplessità sulla modalità dell'intero processo di raccolta – consegna delle firme, da Unione Popolare fanno sapere di aver chiesto un parere ad undici costituzionalisti indipendenti e, come riporta Linkiesta (con Marco Sarti che ha seguito fin dall'inizio la vicenda):
"in poche pagine gli undici esperti spiegano perché la raccolta firme di Unione Popolare è ammissibile. La legge prevede che le firme non possano essere depositate nei mesi di ottobre, novembre e dicembre (che servono alla Corte di Cassazione per l’istruttoria) e neppure nell’anno anteriore alla data di scadenza della Camera (in questo caso il 2012) e nei sei mesi successivi alla data del decreto di convocazione dei comizi. Eppure «una simile distinzione – spiegano i costituzionalisti – non viene né effettuata né utilizzata per la raccolta delle firme […] Senza considerare che «nei periodi in cui è vietato il deposito delle firme, i fogli vidimati e firmati non perdono l’efficacia […] n conclusione, durante il periodo di sospensione le firme possono essere raccolte e le stesse possono essere utilizzate solo quando sarà cessato il periodo di sospensione e riprenderà il procedimento di accertamento dell’ammissibilità del referendum presso la Corte di Cassazione e cioè dal 1° gennaio in poi".
Insomma, forse (e davvero forse) esiste una possibilità che i cittadini siano chiamati alle urne per decidere su una parte delle indennità che riceve un parlamentare della Repubblica Italiana. Esiste dunque (forse) la possibilità che milioni di italiani si rechino alle urne per vergare nero su bianco la loro rabbia nei confronti della politica che ha portato il Paese allo sfascio. Esiste dunque (forse) la possibilità che, cavalcando strumentalmente il legittimo malcontento popolare e la più che legittima aspirazione a concetti come equità e "decenza" della retribuzione dei politici, un gruppo sconosciuto come Unione Popolare acquisti una visibilità ed una rilevanza non comune.
Eppure, non riusciamo proprio a toglierci dalla testa che questo referendum resti una bufala (o quasi). Perché non è affatto "contro la casta". Perché non riuscirà a tagliare lo stipendio dei politici e la propaganda è distorta e strumentale. Perché basterebbe una leggina di due righe per evitare l'assurdità referendaria. Perché se i privilegi restano sempre uno scandalo, il populismo è un rimedio peggiore del male. Perché, senza girarci intorno, una consultazione popolare ha un costo non indifferente, che cancellerebbe abbondantemente il “risparmio” ottenuto dall'abolizione della diaria. Perché il referendum è istituto ben più serio ed importante. Poi, si dirà, è la democrazia…