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Reddito di cittadinanza, le ultime notizie

Reddito di cittadinanza, perché farlo partire ad aprile potrebbe portare al caos

Far partire il reddito di cittadinanza ad aprile potrebbe portare al caos: l’avvertimento viene da un report pubblicato dall’Alleanza contro la povertà, secondo cui non ci sono gli strumenti adeguati per far partire la misura in tempi così stretti. Per questo motivo chiede di rivalutare la norma e pensare, invece, a un’estensione del Reddito di inclusione.
A cura di Stefano Rizzuti
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Mentre prosegue la trattativa tra il governo e la Commissione europea sulla legge di Bilancio e sul deficit italiano, mancano ancora certezze sul reddito di cittadinanza. Una ipotesi che si sta facendo largo in queste ore, e che sembra avallata anche dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, è quella di far slittare la partenza della misura a giugno. Ipotesi che però raccoglie la netta contrarietà del Movimento 5 Stelle di Luigi Di Maio. C’è però un altro dato di cui probabilmente l’esecutivo sta tenendo conto: far partire il reddito di cittadinanza già ad aprile potrebbe portare al caos e non far raggiungere nessuno degli obiettivi prefissati. A riportare questa posizione dell’Alleanza contro la povertà, un’associazione indipendente composta da 38 soggetti, è Il Sole 24 Ore. Nel documento dell’associazione si spiega che la partenza del reddito di cittadinanza ad aprile, in discontinuità con le misure attualmente in vigore come il Reddito di inclusione, porterebbe al caos.

L’Alleanza contro la povertà lamenta anche la mancanza di ogni interlocuzione con il governo, nonostante le varie richieste di incontro avanzate. Secondo l’associazione, dunque, continuare su questa linea “non solo azzererebbe il lavoro faticosamente svolto con l’introduzione del Rei, ma si assegnerebbero ai centri per l’impiego compiti di cui oggi non sono in grado di farsi carico”. Le critiche si concentrano anche sul fatto che una politica così tanto attesa, come quella di contrasto alla povertà, rischi di non raggiungere il suo obiettivo e lasciare un pesante conto sulle spalle delle generazioni future.

Il target individuato è quello dei 5 milioni di poveri assoluti presenti in Italia, ma – denuncia ancora l’associazione – si deve tenere conto anche dei loro bisogni che non riguardano solo l’occupabilità. Nel report si dimostra infatti come nei paesi europei in cui la disoccupazione è più bassa e i centri per l’impiego funzionano, nel migliore dei casi si è riusciti a dare un lavoro stabile al 25% dei beneficiari di misure di questo genere. La richiesta che fa quindi l’Alleanza è quella di ripartire dal Reddito di inclusione, sfruttando così al meglio anche le competenze sul tema, da ritrovare in particolare nei servizi sociali comunali. Ben più avanti, da questo punto di vista, dei centri per l’impiego.

Il Sole 24 Ore riporta inoltre, a suffragio di questa tesi, anche i dati Inps sulle domande per il ReI. Al 30 settembre le richieste sono state circa 788mila, poco meno del 50% dei nuclei familiari che secondo l’Istat vivono in povertà assoluta. Non solo: quelle accolte sono state solo 375mila, ovvero il 47,7% del totale. Anche per questo motivo, per l’Alleanza l’aumento degli stanziamenti è sì necessario, ma la soluzione non è quella di aggiungere subito i 5,8 miliardi di euro aggiuntivi per arrivare a tutti i poveri. Il problema è che “comuni e centri per l’impiego non sarebbero in grado, in così breve tempo, di elaborare progetti per tutta la popolazione di riferimento”. Quindi arrivare a tutte queste persone già nel 2019 potrebbe causare “confusione” e renderebbe il reddito di cittadinanza un “mero contributo economico, danneggiandone la credibilità”.

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