Reddito di cittadinanza, le proposte di Calenda, Salvini, Meloni, Berlusconi e Letta per cambiarlo
Il Reddito di cittadinanza e le proposte per modificarlo o abolirlo del tutto dividono i partiti in questa campagna elettorale per le politiche del 25 settembre. Dietro alle dichiarazioni delle forze in campo ci sono visioni del mondo spesso contrapposte e molto distanti tra loro. Proviamo a orientarci tra le promesse e le prese di posizione dei leader fatte nelle ultime ore. Come la pensano i principali leader politici sulla misura bandiera del Movimento Cinque Stelle?
Partiamo dalle dichiarazioni di Carlo Calenda, leader del Terzo Polo, fatte ieri in occasione della presentazione del programma elettorale di Azione-Italia viva. Secondo l'ex ministro bisogna "modificare sostanzialmente il Reddito di cittadinanza e non chiamarlo così perché è una presa in giro fatta dai grillini. Va dato a chi non può lavorare e chi può lavorare va affidato alle agenzie private, va formato". Azione e Iv dicono che il sussidio andrebbe tolto in caso di rifiuto di una sola proposta di lavoro "congrua". Inoltre va fissato un limite di due anni, oltre i quali si perde il diritto all'assegno pieno: in pratica se non si trova un lavoro l'assegno viene decurtato di almeno un terzo e il beneficiario viene preso in carico dai servizi sociali del Comune. Nel programma viene spiegato in modo più preciso come bisognerebbe intervenire.
Il Reddito di Cittadinanza (“RdC”) è uno strumento pensato male, che ha voluto raggiungere troppi obiettivi con un solo strumento e che ha ormai dimostrato tutti i suoi limiti. Chi ne ha usufruito non ha trovato lavoro, non è riuscito a formarsi professionalmente e non ha partecipato a progetti di pubblica utilità come previsto dalla normativa. A fronte di 20 miliardi spesi nel primo anno e mezzo, lo strumento ha generato nuova occupazione a tempo indeterminato per meno del 4,5% dei percettori.
Tra i percettori emerge una grande eterogeneità, in particolare per quanto riguarda la prossimità col mercato del lavoro e l’occupabilità: 70,7% dei percettori sono senza alcuna esperienza professionale nei tre anni precedenti e oltre il 72,6% dei beneficiari ha completato al massimo le scuole medie. Infine, lo strumento si è dimostrato non sufficientemente incisivo nella lotta contro la povertà: 56% delle famiglie in condizione di povertà assoluta non riceve il RdC, mentre 36% dei percettori risulterebbe sopra la soglia di povertà assoluta. Per questo occorre introdurre delle modifiche che incentivino maggiormente la ricerca di un impiego e l’inserimento nel mercato del lavoro e rendano più giusti e inclusivi i criteri di accesso. Proponiamo che il sussidio venga tolto dopo il primo rifiuto di un’offerta di lavoro congrua e che ci sia un limite temporale di due anni per trovare un’occupazione, dopodiché l’importo dell’assegno deve essere ridotto di almeno un terzo e il beneficiario deve essere preso in carico dai servizi sociali del Comune.
Calenda poi ha menzionato le agenzie private. Ecco come dovrebbero funzionare:
I Centri per l’impiego non sono stati efficaci nel favorire l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro – come dimostra la scarsa percentuale di percettori del Reddito di cittadinanza che è riuscita a trovare un’occupazione. Per questo è necessario consentire alle agenzie private per il lavoro di accedere ai dati dei percettori del reddito, al fine di poter affiancare i centri per l’impiego nella ricerca del lavoro. È inoltre fondamentale che le agenzie private svolgano colloqui mensili obbligatori con i percettori del reddito al fine di monitorare la ricerca di lavoro ed individuare eventuali esigenze formative. Il sussidio deve essere rimosso per i percettori che non partecipano ai colloqui.
Quello che pensano Meloni e Letta lo abbiamo già riportato qui. È opportuno ricordare che il documento programmatico firmato da Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia non è altro che un accordo-quadro, non un vero e proprio programma elettorale. Nel testo si legge:
Sostituzione dell'attuale reddito di cittadinanza con misure più efficaci di inclusione sociale e di politiche attive di formazione e di inserimento nel mondo del lavoro".
Ma sulle modalità di intervento le proposte di Lega e Fratelli d'Italia divergono. Giorgia Meloni infatti ha detto di voler lasciare il Rdc solo agli over 60, ai disabili e alle famiglie senza reddito con minori a carico. Ecco le sue parole: il Rdc "ha favorito il lavoro nero e discriminato i più deboli. Il sostegno al Reddito va dato a famiglie prive di Reddito con a carico anziani, disabili e minori, per gli altri bisogna lavorare con incentivi all'assunzione". Per Meloni i soldi andrebbero dati direttamente alle imprese per le assunzioni.
Per Salvini – la sua idea è simile a quella di Calenda – non è possibile consentire più di un rifiuto di un'offerta di lavoro: bisogna destinarlo a "chi non può lavorare mentre per chi può lavorare se rifiuti anche una sola offerta perdi subito il beneficio. Il secondo no non è pensabile".
Per Forza Italia tagliando il Reddito di cittadinanza si potrebbero recuperare dai 5 ai 7 mld di euro. Soldi che potrebbe essere dati agli anziani, aumentando le pensioni. La proposta è stata spiegata qualche settimana fa dal numero due degli azzurri, Antonio Tajani:
"Bisogna cambiare la politica di sostegno ai deboli: il reddito che di principio poteva essere giusto si è trasformata in sostegno a tante persone che non hanno bisogno di aiuto, bisogna ridisegnare la politica di assistenza ai più deboli tra cui ci sono i pensionati. Perché dare più soldi a un giovanotto di 20 anni e non aumentare la pensione a un 80enne che ha lavorato tutta la vita?”.
Anche per il Pd la misura andrebbe ripensata. Francesco Boccia ha chiarito le posizioni del partito in un'intervista a Fanpage.it:
Se non ci fosse stato il reddito di cittadinanza nella fase acuta della pandemia sarebbero scoppiati i conflitti sociali veri. Un Paese che mette in contrapposizione i 750 euro del reddito con l'idea di lavoro è un Paese che deve fare ancora molti passi in avanti, perché 750 euro non possono essere confusi con l'idea di un salario. Va sicuramente distinto il bacino dei 5-600mila percettori, che non troverebbero mai lavoro perché non sono scolarizzati e hanno vissuto in condizioni di miseria assoluta, dagli altri che invece devono essere accompagnati nell'ingresso nel mondo del lavoro. Le politiche attive del lavoro vanno migliorate. La denigrazione dello strumento è però un errore imperdonabile. Per noi comunque i giovani sono la priorità assoluta.