Reddito di cittadinanza, come la Lega vuole cambiare la misura
Il decretone, contenente le regole su reddito di cittadinanza e quota 100 in tema di pensioni, è arrivato all’esame del Senato. E in commissione Lavoro, a Palazzo Madama, sono stati presentati gli emendamenti per modificare il testo varato dal Consiglio dei ministri. Ben 1.626 le proposte di modifica avanzate: più di 900 arrivano da Fratelli d’Italia, 236 da Forza Italia, 225 dal Pd e 130 da LeU. Altre 34 provengono dal Movimento 5 Stelle, mentre la Lega ha presentato 43 emendamenti, quasi tutti riguardanti il reddito, con modifiche anche sostanziali della misura. In generale, la maggior parte degli emendamenti riguarda proprio il reddito di cittadinanza. Con i Cinque Stelle che puntano ad aumentare l’assegno per le famiglie numerose, prevedendo inoltre maxi-sanzioni per il lavoro in nero. Il Pd vuole introdurre il salario di occupazione ed estendere il reddito di inclusione, che verrà cancellato con la nuova misura. La Lega, invece, punta a una stretta sull’erogazione del beneficio ai cittadini stranieri, ma anche sui criteri di assegnazione per evitare che possa diventare una misura assistenzialista.
Gli emendamenti presentati dalla Lega
Gli emendamenti più controversi sembrano essere quelli della Lega, che ha avanzato proposte di modifica in alcuni casi anche radicali. E che vengono già contestate dai Cinque Stelle. L’emendamento più critico è quello riguardante lo stop al doppio bonus per le aziende che assumono un beneficiario del Reddito al Sud Italia. La proposta di modifica prevede che gli incentivi alle assunzioni legati al reddito e il bonus assunzione per gli under 35 e i disoccupati non siano cumulabili. Ad oggi, sulla base del decreto, le imprese del Sud che assumono a tempo indeterminato un beneficiario del reddito, ricevono un doppio incentivo. Sia le mensilità del reddito (che possono essere da 5 a 18), sia il bonus Sud, ovvero uno sgravio al 100%, per un massimo di 8.060 euro, per chi assume under 35 o lavoratori disoccupati da almeno sei mesi. Una misura già esistente in passato e prorogata dalla legge di Bilancio. L’emendamento non piace alla ministra per il Sud, Barbara Lezzi, che si dice “basita e sconcertata” e chiede alla Lega di ritirare la proposta di modifica.
Il Carroccio propone anche di aumentare da 8 a 36 le ore di servizi resi alla comunità settimanalmente, cambiando quanto previsto dal patto per il lavoro e per l’inclusione sociale. Altra richiesta è quella di permettere un solo rinnovo della misura, “per un periodo pari alla prima erogazione”. Secondo quanto prevede oggi il decreto, dopo 18 mesi è possibile prorogare il reddito dopo un mese di stop. La Lega punta anche a paletti più stringenti per gli stranieri che vogliono accedere alla misura. L’intenzione è quella di escludere la possibilità che sia sufficiente la presenza di un familiare con permesso di soggiorno per ottenere la misura. Inoltre, si chiede l’obbligo di presentare una certificazione tradotta in italiana riguardante la composizione del nucleo.
Un altro emendamento prevede che possa beneficiare del reddito solamente una famiglia al cui interno ci sia uno dei componenti che abbia “corrisposto, nei dieci anni precedenti, imposte e contributi di lavoro, in un qualsiasi importo e per almeno 24 mesi, anche non continuativi”. Ovvero che abbia lavorato per almeno due anni negli ultimi dieci. La Lega vorrebbe introdurre anche l’obbligo di servizio civile, per un anno, per i beneficiari tra i 18 e i 28 anni. Per una media di 25 ore a settimana. Per quanto riguarda le cifre dell’assegno, il Carroccio chiede di aumentare il coefficiente dello 0,1 per i nuclei con disabili, allargando inoltre la pensione di cittadinanza ai nuclei con disabili anche se al di sotto dei 67 anni.
Ci sono poi le norme anti-furbetti che il partito di Matteo Salvini vorrebbe introdurre. Soprattutto per quanto riguarda il rischio di persone che cambiano il proprio status anagrafico per accedere al reddito di cittadinanza. Un emendamento presentato dal Carroccio chiede che in caso di separazione o divorzio dopo il primo settembre 2018, gli ex coniugi debbano presentare un certificato che attesti che non risiedono più nella stessa casa, con tanto di verbale della polizia municipale.