Reddito cittadinanza, le proposte di modifica: abbassare requisito residenza per stranieri a 5 anni
La manovra di bilancio non è ancora arrivata in Parlamento, e il governo sta lavorando alle ultime limature del testo. Questa mattina durante una riunione a Palazzo Chigi con il presidente del Consiglio Draghi si è parlato di eventuali ulteriori modifiche al Reddito di cittadinanza, ma l'impianto della misura resterà quello della bozza licenziata dal Cdm: "Sostanzialmente si è consolidato e precisato il testo che era uscito dal Consiglio dei ministri. Mi pare che non ci siano grandi novità rispetto alle decisioni che erano state assunte", ha spiegato il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, a margine della presentazione del rapporto del Comitato scientifico per la valutazione del Reddito di cittadinanza.
Durante la conferenza stampa la presidente del comitato scientifico, Chiara Saraceno, ha suggerito di portare il requisito di residenza in Italia per gli stranieri, necessario per ricevere il Reddito di cittadinanza, da 10 anni "a 5 anni, un compromesso che ci sembra ragionevole e in linea con l'Ue", e questo "costerebbe 300 milioni per portare dentro altre 68mila famiglie".
Secondo la sociologa Saraceno in nessun altro Paese il requisito per accedere al Reddito di cittadinanza per gli stranieri è così alto: "Noi escludiamo tout court gli stranieri, pur sapendo che gli stranieri legalmente residenti sono il 30% dei poveri".
Una misura che difficilmente potrebbe essere inserita nella manovra con un emendamento, durante il passaggio parlamentare, perché il centrodestra, la Lega in particolare, potrebbe mettersi di traverso. Ma si tratta solo di una delle proposte che sono state avanzate nel rapporto, e che potrebbero cambiare le modalità per accedere al sussidio.
"Il lavoro della commissione scientifica sul reddito di cittadinanza verrà sottoposto a confronto con le altre forze politiche e valuteremo quali sono le proposte che possono marciare in modo più fluido e altre che possono essere divisive e verranno rimesse al parlamento. Se posso fare un pronostico ci sono alcuni interventi che vanno nella direzione di quelli già presi dal governo, c'è una seconda famiglia più tecnica e una terza che sconta caratteri più divisivi e vanno valutate sia dal punto di vista finanziario sia all'interno della maggioranza. Alcune cose possono essere accolte da legge di bilancio, altre potranno dar luogo ad emendamenti, altre vanno sottoposte a valutazione politica", ha spiegato il ministro del Lavoro Andrea Orlando. Tra le misure divisive sicuramente rientrerebbe la proposta per agevolare l'ingresso degli stranieri, con almeno 5 anni di residenza invece che 10, nella platea dei beneficiari.
Le proposte per cambiare il Rdc
Cambiare scala di equivalenza
L'altro tema che il Comitato scientifico ha inserito nel rapporto riguarda la scala di equivalenza, che è lo strumento che serve a determinare la soglia di accesso al Rdc e il suo importo, nei nuclei familiari di diversa composizione. Come viene spiegato nel documento, la scala di equivalenza utilizzata nel Rdc non ha alcuna base nella letteratura scientifica e non viene usata in nessun altro Paese. Questa scala penalizza le famiglie con più minori rispetto a quelle di piccole dimensioni, o di soli adulti.
"Ci sono dei problemi nella scala di equivalenza, uno è legato all'Isee, l'altro è legato alla famiglia come il fatto che un minorenne vale la metà di un adulto, ciò va a sfavore dei minorenni: la nostra proposta è di equiparare adulti e minorenni e alzare il coefficiente da 2,1 a 2,8 abbassando l'importo minimo da 500 a 400 euro, quindi con una redistribuzione interna. Oggi il calcolo è più favorevole a famiglie piccole e di adulti. L'assegno unico potrebbe impattare su questo discorso ma va cambiato innanzitutto il meccanismo di accesso", ha sottolineato la professoressa Chiara Saraceno. A differenza della richiesta di abbassare il requisito di residenza per gli stranieri, cambiare la scala di equivalenza sarebbe a costo zero. Inoltre si chiede che in caso di decadenza dal diritto al beneficio da parte di un componente della famiglia, valga solamente per lui e non per l'intero nucleo familiare.
Migliorare capacità di sostenere i costi dell'abitare
La normativa attuale prevede un contributo economico, addizionale rispetto all'importo base dell'assegno, destinato a famiglie residenti in abitazioni in affitto. Il contributo copre almeno una parte dell'affitto. L'entità del contributo è uguale per tutte le famiglie, indipendentemente dalla loro dimensione. Si propone di differenziare il contributo per l'affitto in base alla dimensione del nucleo familiare.
Non penalizzare chi lavora
Oggi a un percettore di Rdc lavorare non conviene. Il rapporto propone che nella determinazione del reddito ai fini del calcolo dell'importo del sussidio si consideri, per chi inizia a lavorare o è già occupato, il reddito da lavoro solo per il 60%, senza limiti di tempo, ma fino a quando viene raggiunto il reddito esente da imposizione fiscale (nel 2021, 8174 euro per i redditi da lavoro dipendente e 4800 per i lavoratori autonomi), considerando al 100% la parte eccedente questa soglia.
Considerare il patrimonio in modo flessibile
Come accade nella maggior parte dei Paesi europei anche per il Rdc il patrimonio immobiliare e mobiliare è uno dei requisiti per l'accesso alla misura. Utilizzare il criterio della soglia fissa (6mila euro in caso di famiglia con un solo componente) fa sì che chi ha un patrimonio anche di pochissimo sopra la soglia venga totalmente escluso dal sussidio. Si propone di definire il patrimonio mobiliare come una delle fonti che contribuisce a determinare la capacità di spesa di una famiglia e di prevedere una parte del patrimonio mobiliare non liquidabile.
Eliminare l'obbligo di DID per chi è indirizzato ai servizi sociali
La proposta è di richiedere la dichiarazione di immediata disponibilità solo dopo l'indirizzamento ai Cpi e ai servizi sociali e solo a coloro che sono indirizzati (o reindirizzati successivamente) ai primi. Al momento attuale per poter ricevere l'assegno i beneficiari devono effettuare una DID.
Ridefinire i criteri di "lavoro congruo"
È necessario ridefinire i criteri per definire un'offerta di lavoro congrua, e quindi non rifiutabile, per stimolare l'accesso all'occupazione. Si propone di: rimodulare l'entità minima della retribuzione in base all'orario di lavoro, fare riferimento a rapporti con orario di lavoro non inferiore al 60%, considerare congrui non solo lavori con durata minima non inferiore a tre mesi, ma anche contratti non inferiori ad un solo mese, infine, eliminare le disposizioni che fissano il distanziamento del luogo di lavoro entro 250 chilometri dalla residenza. La ratio di questa proposta sta nel fatto che i beneficiari di Rdc, anche quando sono occupabili, spesso non hanno una recente esperienza di lavoro e hanno qualifiche molto basse. I settori in cui più facilmente potrebbero trovare lavoro, come l'edilizia, il turismo o la ristorazione, spesso sono caratterizzati da una forte stagionalità.
Promuovere le assunzioni dei percettori di Rdc
La proposta è di estendere l'incentivo alle aziende per assunzioni con contratto a tempo indeterminato con orario parziale, e di sospendere il requisito della presenza dell'offerta di lavoro sulla piattaforma. Fino ad ora l'incentivo economico per le imprese che assumono è stato poco utilizzato, perché il paletto è che l'assunzione sia a tempo indeterminato con orario pieno e solo nel caso in cui la disponibilità di posti di lavoro sia stata caricata sulla piattaforma apposita.
Rafforzare i patti per l'inclusione e l'attuazione dei Progetti di utilità collettiva
Oltre a rafforzare e formare adeguatamente l'organico dei servizi sociali comunali, fino ad ora carente, occorre definire meglio un sistema di governance molto complesso, che vede interagire soggetti diversi – pubblici, di terso settore, privati – oltre a valutare se utilizzare criteri di priorità generali e rigidi per coinvolgere i beneficiari nei PUC sia il modo più adeguato per far funzionare i progetti e per rafforzare le capacità delle persone.
Superare le distorsioni nell'utilizzo del Rdc
Si propone di abolire l'obbligo di spendere l'intero contributo economico entro una scadenza predefinita – al momento è il mese successivo alla sua erogazione, pena la decurtazione dell'assegno – e ridurre i vincoli sull'utilizzo della carta.