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Recovery Fund, la nuova proposta: 209 miliardi all’Italia, l’Olanda non ottiene il diritto di veto

In queste ore i leader Ue stanno negoziando una nuova proposta messa sul tavolo dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Secondo fonti diplomatiche Ue presto dovrebbe essere approvato il Recovery Fund, che ammonterebbe in totale a 750 miliardi di euro di cui 360 miliardi di prestiti e 390 miliardi di sussidi.
A cura di Annalisa Girardi
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Continuano le trattative a Bruxelles sulla risposta alla crisi economica innescata dalla pandemia di coronavirus. Dopo due giorni di fumata nera sull'accordo, i leader Ue stanno negoziando in queste ore una nuova proposta messa sul tavolo dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Secondo questa, che a quanto riportano fonti diplomatiche europee dovrebbe ricevere presto il via libera, il Recovery Fund ammonterebbe in totale a 750 miliardi di euro, di cui 360 miliardi di prestiti e 390 miliardi di sussidi. Rispetto alle precedenti proposte, sia quella della Commissione che la prima presentata da Michel, cambia la proporzione tra sussidi a fondo perduto e prestiti, arrivando a un  rapporto diventa quasi paritario. Dopo varie oscillazioni (la proposta iniziale della Commissione parlava di 500 miliardi) la quota dei sussidi si è quindi fermata a 390 miliardi. Il pacchetto più importante del Recovery Fund è quello del Resilience e Recovery Facility in cui vengono stanziati 312,5 miliardi di euro di sussidi. Vengono però ridotti i fondi ad altri programmi, tra cui il Fondo a sostegno della transizione green. Ma vediamo nello specifico di che cosa si tratta.

Next Generation Eu: 360 miliardi di prestiti e 390 di sussidi

Dopo che una prima proposta è stata scartata, oggi Charles Michel ne ha presentata una seconda ai capi di Stato e di governo Ue. In questa si riconosce che la portata straordinaria della crisi da Covid-19 richieda una risposta fuori dal comune e misure eccezionali per sostenere il rilancio economico degli Stati membri. L'Ue andrà quindi sul mercato a recuperare risorse per 750 miliardi di euro in un arco di tempo che terminerà nel 2026. Potrà usare questi fondi solo ed esclusivamente per questioni legate alle conseguenze della crisi da coronavirus. Di questo Recovery Fund, 360 miliardi di euro saranno stanziati sotto forma di prestiti e 390 come sussidi. I primi dovranno essere ripagati entro il 31 dicembre 2058. L'ammontare dei fondi stanziati è quindi in linea con quanto si attendeva nei giorni scorsi, e sulle cifre non si è quindi visto un particolare cedimento, nonostante le frizioni tra i Paesi mediterranei e i cosiddetti frugali proprio sulla portata delle risorse.

Ma quanto spetterebbe all'Italia? Secondo questa nuova proposta al nostro Paese arriverebbero 209 miliardi, di cui 82 di sussidi e 127 di prestiti. Questa cifra potrebbe ancora variare, dal momento che si stanno ancora facendo i calcoli sulla base della nuova proposta di Charles Michel. Ma se venissero confermati i 209 miliardi, sarebbe una cifra superiore a quella della proposta iniziale della Commissione. Infatti secondo quanto proposta dall'esecutivo Ue, al nostro Paese sarebbero arrivati 173 miliardi.

Che cos'è il Recovery and Resilience Facility

Nel Next Generation Eu sono racchiusi diversi programmi: il cuore del Recovery Fund è il Recovery and Resilience Facility  per cui sono previsti 360 miliardi di prestiti e 312 miliardi di sussidi. Di questi, il 70% andrà impegnato tra il 2021 e il 2022 mentre il restante 30% entro la fine del 2023.  Questi stanziamenti andranno poi concordati con la Commissione europea: l'ammontare delle risorse ad ogni Paese membro per il 2023 andrà calcolata sulla base del calo del Pil registrato nel 2020, e non più secondo il tasso di disoccupazione nel Paese tra il 2015 e il 2019 come suggerito in precedenza. Gli Stati membri dovranno poi preparare dei piani per il rilancio economico e un programma di riforme per il triennio 2021-2023: questi saranno poi sottoposti all'esecutivo Ue. La Commissione li dovrà valutare entro due mesi: sarà importante che i singoli Paesi rispettino le raccomandazioni fatte da Bruxelles e rafforzino il loro potenziale di crescita e il mercato interno del lavoro. Anche i provvedimenti verso la transizione digitale ed eco sostenibile saranno valutati positivamente dalla Commissione.

L'Olanda non ottiene il diritto di veto

La palla passerà poi al Consiglio, che non dovrà approvare i piani dei singoli Stati all'unanimità come chiedeva l'Olanda. Non ci sarà quindi il diritto di veto auspicato dai Paesi frugali, che non vincono quindi sulla governance. Basterà la maggioranza qualificata. La Commissione potrà chiedere comunque il parere del Comitato Economico e Finanziario rispetto ai singoli piani: se, in via eccezionale, uno o più Stati membri ritenessero che un programma stesse deviando in modo consistente dagli obiettivi del Next Generation Eu, allora questi potrebbero chiedere al presidente Michel di sottoporre la questione al Consiglio europeo successivo. Ma del potere di veto non se ne parla.

I programmi tagliati

Come anticipato, gli altri programmi presenti nel Next Generation Eu subiscono dei tagli: i fondi di coesione di "React EU" passano da 50 a 47,5 miliardi, quelli per la ricerca e sviluppo di "Horizon Europe" diminuiscono da 13,5 a 5 miliardi mentre quelli per le imprese di "Invest EU" sono quasi azzerati, da 30,3 a soli 2,1 miliardi. Azzerato del tutto il "Solvency Support Instrument", per il quale erano stati stanziati in precedenza 26 miliardi destinati alla ricapitalizzazione e alla solvibilità delle imprese sane colpite dalla crisi del Covid-19. Vengono anche dimezzati i fondi dello "Sviluppo rurale", passando da 15 a 7,5 miliardi. Ridotto anche  il "Just Transition Fund", che passa da 30 a 10 miliardi. Infine, il programma "RescEU" scende da 2 a 1,9 miliardi, mentre i fondi Ndici crollano da 15,5 a 3.5 miliardi.

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