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Reato di tortura, perché il testo in discussione è inutile, dannoso e inapplicabile

Il governo ha intenzione di tirare dritto e far approvare dal Parlamento il ddl che introdurrà nell’ordinamento italiano il reato di tortura. La proposta di legge, però, estremamente differente da quella depositata in Parlamento nel 2013 dall’onorevole Manconi, è fortemente criticata sia dalle associazioni umanitarie come Amnesty International e Antigone, sia dallo stesso proponente, che in Senato si è rifiutato di partecipare al voto sottolineando che il testo di legge in approvazione sarebbe stato stravolto rispetto all’originale.
A cura di Charlotte Matteini
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Dal 1989, anno in cui l'Italia ratificò la Convenzione Onu contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, il reato di tortura attende di essere introdotto nell'ordinamento italiano. Approvato al Senato lo scorso maggio, al momento il ddl è in dirittura d'arrivo alla Camera per la definitiva discussione e conseguente approvazione. Il testo è approdato in parlamento nel 2013 grazie all'iniziativa parlamentare del senatore dem Luigi Manconi, ma nel corso degli anni in realtà ha subito numerose modifiche e rinvii, complice l'accorpamento di più proposte di legge, arrivando a diventare una sorta di compromesso al ribasso rispetto alle iniziali aspettative.

Lo stesso Manconi, infatti, ha sostenuto che il ddl è "un testo stravolto", rifiutandosi di partecipare al voto al Senato. Amnesty International ha duramente criticato la norma e sottolineato la sua potenziale inapplicabilità e rilevando che "la priorità è stata quella di voler proteggere gli appartenenti all'apparato statale anche quando commettono gravi violazioni dei diritti". Sostanzialmente il maggior problema riscontrato nel ddl in approvazione è che il reato di tortura sarà assimilabile alla categoria dei reati comuni, ovvero imputabile a chiunque e non solo a un pubblico ufficiale, come invece richiesto dalla Convenzione Onu. In più tutte le aggravanti previste – come la crudeltà, le condotte plurime e il verificabile trauma psichico – circoscrivono in maniera molto restrittiva l'ambito di applicabilità della nuova norma.

Le due proposte di legge a confronto

La proposta di legge presentata nel 2013 era composta da sei articoli e introduceva il reato di tortura con punibilità da 3 a 10 anni, con differenziazioni e aggravanti nel caso il reato fosse stato commesso da un pubblico ufficiale (reclusione da 5 a 12 anni) e 30 anni in caso di cagionata morte. Il ddl, inoltre, prevedeva anche sanzioni per l'istigazione alla tortura, con pene da 6 mesi a 3 anni.

«ART. 613-bis. – (Tortura). – Chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero mediante trattamenti inumani o degradanti la dignità umana, cagiona acute sofferenze fisiche o psichiche ad una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia o autorità o potestà o cura o assistenza ovvero che si trovi in una condizione di minorata difesa, è punito con la reclusione da tre a dieci anni. Se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle funzioni ovvero da un incaricato di un pubblico servizio nell’esercizio del servizio, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni. Se dal fatto deriva una lesione personale le pene di cui ai commi precedenti sono aumentate. Se dal fatto deriva una lesione personale grave le pene sono aumentate di un terzo e della metà in caso di lesione personale gravissima. Se dal fatto deriva la morte quale conseguenza non voluta, la pena è della reclusione di anni trenta. Se il colpevole cagiona volontariamente la morte, la pena è dell’ergastolo.

ART. 613-ter. – (Istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura). – Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio il quale, nell’esercizio delle funzioni o del servizio, istiga altro pubblico ufficiale o altro incaricato di un pubblico servizio a commettere il delitto di tortura, se l’istigazione non è accolta ovvero se l’istigazione è accolta ma il delitto non è commesso, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni ».

Nel nuovo testo, invece, sono stati inseriti numerosi passaggi atti a depotenziare la norma, allontanandola dalla reale definizione sancita dalla Convenzione Onu ratificata dall'Italia ormai quasi 30 anni fa. Nell'attuale testo si è contestualizzato e circoscritto il reato introducendo, ad esempio le "reiterate violenze", "l'agire con crudeltà" e il "verificabile trauma psichico" che di fatto aprono la strada a molteplici e contrastanti interpretazioni giuridiche. Secondo le associazioni, la norma così scritta e recepita, potrebbe non sortire gli effetti sperati e potrebbe essere molto difficile provare, per esempio, un "verificabile trauma psichico" in sede di incidente probatorio.

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Il governo tira dritto: "Critiche alla norma frutto di pregiudizio"

All'interno dello stesso Partito Democratico le posizioni non sono le medesime espresse dal senatore Manconi, ma anzi appaiono contrastanti e variegate. Commentando l'articolo della discordia, il ministro per il Rapporti con il Parlamento nonché ex magistrato, Anna Finocchiaro, ha sostenuto una posizione decisamente differente dal collega dem: “Non è vero che nella norma approvata – sia pure ancora non definitivamente – si preveda il delitto di tortura solo nel caso di più atti violenti o gravemente minacciosi ripetuti nel tempo. A chi legga la norma senza pregiudizio sarà chiaro che il comportamento è punibile sia se il fatto è commesso ‘mediante più condotte’ (dunque con atti plurimi), sia (‘ovvero’, recita la norma, quindi in alternativa di identica gravità) se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona. Dunque, per esempio, sarà responsabile di tortura chiunque schiaffeggerà sul volto, o minaccerà più volte un soggetto in condizione di minorata difesa, ma allo stesso modo chi interrogherà un soggetto costringendolo anche una sola volta a stare nudo in ginocchio”, spiega Finocchiaro.

"Che questa sia la corretta lettura della norma lo dimostra il fatto che l’alternativa tra atti plurimi di violenza e minaccia e il singolo atto di crudeltà ricorre per ben due volte nel testo dell’articolo, all’inizio e alla fine. Ritengo che il testo all’esame dell’Aula della Camera sia la migliore regolazione possibile nelle condizioni attuali. Il Governo è fortemente interessato all’introduzione del reato e a salvare la possibilità di giungere a un testo condiviso. È evidente a tutti come il Parlamento si trovi di fronte a una occasione a lungo attesa e che mai era stata così vicina. Mi auguro quindi che le forze politiche, a partire da quelle che già approvarono il testo al Senato, confermino il loro sostegno alla Camera, superando l’inerzia di decenni”.

Gonnella (Antigone): "Testo incoerente, si vuole rendere difficile l'applicazione del reato"

Raggiunto da Fanpage.it, il presidente dell'associazione Antigone, Patrizio Gonnella, spiega di non essere d'accordo con i rilievi espressi dal ministro Finocchiaro e sostiene che la norma sarebbe invece poco chiara e troppo elusiva sia rispetto alle esigenze, sia rispetto alla traccia fornita dalla Convenzione Onu sulla tortura ratificata dall'Italia nel 1989. "La questione è molto complessa, perché ovviamente siamo all'interno di un imbuto dove il Parlamento ha deciso di infilarsi. Le Nazioni Unite all'articolo 1 hanno fornito una definizione lineare di tortura, una definizione che l'Italia, in base a quanto previsto dalla Convenzione, avrebbe dovuto prendere così com'è o comunque ampliarla in relazione alla portata applicativa della norma. Adesso per 29 anni non abbiamo fatto nulla, perché è dal 1988 che sussiste questo obbligo, ora siamo in dirittura d'arrivo e il Senato ha approvato in terza lettura un testo che possiamo definire pasticciato, con delle sacche di confusione definitoria, sia quando si fa riferimento alla pluralità delle condotte, sia quando si fa riferimento alla verificabilità del trauma psichico, quindi sacche che non favoriranno l'operazione lineare da parte del giudice".

E cosa potrebbe accadere da punto di vista interpretativo?

"In sede giudiziaria questo non possiamo saperlo, ma di certo avremmo potuto scrivere un testo più lineare, più facile da utilizzare, più rispettoso dei dettami internazionali. Noi avremmo voluto un altro testo, ma non siamo noi società civile a dover dare ‘semaforo verde', perché non lo diamo, né a dover dare ‘semaforo rosso', perché non è nostro compito, questo è compito della classe politica. Dovesse essere approvato questo testo ci rimarrebbe un po' di amarezza, perché viene approvato un testo che è fortemente distonico e incoerente rispetto al testo Onu. Noi contestiamo sicuramente i contenuti del provvedimento, però sottolineo che dal giorno dopo ci impegneremo e lavoreremo affinché i giudici lo applichino nei casi in cui noi riteniamo ci sia stata tortura".

Quindi è un problema di scrittura della norma?

"Hanno dato una definizione della norma criptica, un po' quasi come se l'intento fosse quello di rendere più difficile l'applicazione in concreto. La norma è infedele rispetto al testo Onu, ma comunque la useremo. Io non voglio dire che è importante approvarla perché meglio averla che non averla, anche perché se volessero in 10 giorni potrebbero approvare in entrambi i rami del parlamento il testo perfetto, non mi sento di giustificare il comportamento di chi sta approvando una norma pessima dal punto di vista dei contenuti, la responsabilità è loro. Io avrei voluto un'altra norma, ma se dovessero approvare questo testo noi lavoreremo affinché venga applicata".

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