Rapporto Coop, il 10% degli italiani non arriva a fine mese: “Il salario minimo è un fatto di civiltà”
I consumi degli italiani subiranno un'ulteriore frenata nei prossimi mesi. Lo dice il ‘Rapporto Coop 2023 – Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani', presentato oggi a Milano, secondo cui sono il 36% gli italiani che intendono ridurre i consumi al netto dell'inflazione, contro solo l'11% che pensa di aumentarli.
Le prospettive sono poi appesantite dalla crescita eccezionale dell'inflazione che solo negli ultimi due anni ha abbattuto il potere d'acquisto in una misura pari a 6.700 euro procapite e, secondo l'80% dei manager intervistati nell'ambito del Rapporto bisognerà aspettare almeno il 2025 prima che la crescita dei prezzi torni ai livelli pre-pandemici.
Il giro di vite sui consumi, iniziato prima dell'estate, si ripercuoterà soprattutto sugli acquisti dei beni tecnologici. In particolare, le vendite di smartphone nuovi si riducono in quantità del 10% negli ultimi 12 mesi (sono oltre 1,3 milioni di telefoni venduti in meno). E, dopo aver riguadagnato nel primo semestre i livelli prepandemici, pranzi e cene fuori dimuiranno in autunno: il 51% dichiara di voler ridurre il numero di occasioni conviviali fuori casa nei prossimi 12/18 mesi.
Il 10% degli italiani non arriva a fine mese
Con l'inflazione salari e profitti restano al palo e gli italiani diventano più poveri: la dinamica delle retribuzioni resta ampiamente insufficiente (+2,3% su base annua nel secondo trimestre 2023) e dunque il lavoro, che fino ad ora sembra esserci (nel 2023 sono 23,5 milioni gli occupati, mai così tanti dal 2008), è un lavoro che non paga quanto dovrebbe (il 70% degli occupati dichiara di avere necessità almeno di un'altra mensilità per condurre una vita dignitosa).
In questa situazione il lavoro multiplo è l'unica via di fuga per gli italiani: il 27% degli occupati intende aumentare il numero di ore lavorate, fare lavoretti aggiuntivi (25%), far iniziare a lavorare persone della famiglia che prima non lavoravano (19%).
Ma anche, nonostante questo impegno ulteriore, l'impatto devastante dei prezzi trascina quasi la metà degli italiani (27 milioni di persone, in crescita del 50% rispetto al 2021) in una condizione di disagio duraturo, visto che hanno dovuto rinunciare allo standard di vita per loro minimo accettabile almeno in un ambito (cibo, salute, casa, mobilità, tecnologia, socialità e intrattenimento).
Il 10% degli italiani dichiara di non arrivare a fine mese e un ulteriore il 23% ci arriva ma teme costantemente di non farcela. Anche se in un qualche modo si sopravvive, in molti sono costretti a grandi rinunce (20%) o comunque si fanno sacrifici.
Infatti, solo un italiano su quattro dichiara di fare senza problemi la vita di qualche anno fa. E questo progressivo ampliamento della zona di disagio tocca in pieno la classe media. Tra le famiglie della middle class, meno della metà riuscirebbe a fare fronte senza difficoltà ad una spesa imprevista di 800 euro e solo un terzo ad una di 2.000 euro. E tra quanti pagano più degli altri la difficile condizione sociale dell'Italia di oggi certamente i giovani. La generazione Z (18-34 anni) vive in una sorta di apartheid in termini retributivi (e non solo): il dislivello generazionale fra loro e i baby boomers è marcato, e a fronte di una retribuzione media i primi scendono di un buon 23% mentre i secondi salgono di oltre un 17%. In sostanza, a parità di inquadramento, un giovane italiano guadagna quasi la metà di un over 50. Non stupisce allora se il 40% di loro si immagina di vivere altrove da qui a 2-3 anni e il 20% sta già progettando di farlo.
"Salario minimo è una misura giusta"
"Il salario minimo pensiamo che sia una misura giusta. Non riguarda i nostri lavoratori perché sono ben al di sopra del salario minimo, però pensiamo che ci siano 3-4 milioni di persone che avrebbero dei benefici dall'introduzione della norma, che in generale c'è un lavoro troppo povero soprattutto per i giovani e questo è uno dei drammi del nostro Paese", ha detto Marco Pedroni, presidente Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori-Coop) a margine della presentazione dell'anteprima digitale del Rapporto Coop 2023, Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani.
"L'occupazione tiene ma c'è tanto lavoro povero tra i giovani, quando ci sono contratti collettivi che stabiliscono salari diversi la tutela di quelli che hanno un salario superiore ci sarà sicuramente – ha aggiunto -. Certo bisogna fare una norma equilibrata che tenga conto che deve essere agganciata ai contratti nazionali più rappresentativi. Penso che sia un fatto di civiltà e anche un fatto concreto rilevante introdurlo nel nostro paese, come c'è in tantissimi altri paesi Ue e occidentali".