Rapporto Antigone: in Italia diminuiscono i reati, ma aumenta il numero di detenuti
Si tiene oggi la conferenza di presentazione del XV Rapporto di Antigone, chiamato "Il carcere secondo la Costituzione", presso la sala dell'Istituto di Santa Maria in Aquiro del Senato. La Onlus si occupa della tutela dei diritti nel sistema penale e fornisce una dettagliata fotografia delle condizioni di detenzione nelle carceri italiane ad oggi. L'associazione Antigone si occupa di raccogliere dati, analisi e osservazioni nei vari istituti penitenziari dal 1998. Il rapporto si apre affermando una contraddizione centrale in tutta la relazione, cioè il fatto che il numero dei detenuti nelle carceri italiane sia in aumento, nonostante a questo non corrisponda una crescita dei delitti commessi o degli ingressi negli istituti penitenziari. Al 30 aprile 2019, sostiene il documento, ci sono in Italia 60.439 detenuti, di cui 2.659 donne che rappresentano il 4% del totale. Ci sono anche 55 bambini con meno di 3 anni che vivono in carcere con le loro madri. Le detenzioni minorili in Italia si confermano essere in misura residuale. Considerando i numeri in chiusura al 2018, al momento ci sono circa 800 carcerati in più: se invece si prende in esame l'inizio dello scorso anno, si arriva a contare fino a 300 reclusi in più. Tornando ancora più indietro, emergerà che quattro anni fa c'erano 8.000 persone in meno negli istituti penitenziari rispetto ad oggi.
Meno reati, ma più detenuti
Tuttavia, a quanto comunicano le autorità giudiziarie, i reati nel nostro Paese sono in continua diminuzione, così come gli ingressi nelle carceri. Il rapporto definisce "schizofrenico" il divario, spiegandolo con un "ritorno ad un primitivo significato di pena racchiusa nello slogan da più parti agitato ‘devono marcire in galera', tagliando alla radice ogni illusione riformatrice o progressista, quella scolpita nell’articolo 27 della Costituzione Italiana". Già nel 2018 i reati erano in calo, rispetto all'anno precedente, dell'8,3%: una tendenza confermatasi nei primi mesi di quest'anno, con un'ulteriore diminuzione del 15%. Meno omicidi (-12,2%), meno rapine (-20,9%), meno furti (-15,1%), meno violenze sessuali (-32,1%), meno usura (-47%), ma più detenuti. L'ingrossamento delle file dei carcerati non è quindi è dovuto ad una crescita della criminalità in Italia, ma ad una diminuzione delle uscite dagli istituti penitenziari. Sono infatti in aumento le pene scontate dai detenuti condannati in via definitiva. Moltiplicano gli ergastoli e le pene più lunghe: in un periodo di circa 10 anni, le condanne inferiori ai 5 anni sono diminuite del 30%, mentre quelle più durature sono aumentate del 53%.
Una delle altre questioni su cui si concentra il rapporto è quella dell'affollamento nelle carceri, il cui tasso sfiora attualmente il 120%. Dalle ispezioni portate avanti dall'Osservatorio di Antigone per il 2018 su 85 carceri visitate è emerso che il 18,8% non rispetta il parametro dei 3 metri quadri per detenuto. Inoltre, nel 7,1% degli istituti il riscaldamento non è funzionante in tutte le celle e nel 35,3% di queste non si trova l'acqua calda. La regione con il tasso di affollamento più alto è la Puglia (160,5%), seguita dalla Lombardia (138,9%). Quest'ultima è la regione che ospita in assoluto il numero più alto di detenuti, con un totale di 8.610 persone incarcerate. Sono 42 le carceri italiane con uno scarto tra il numero dei detenuti e i posti letto regolamentari che supera le 100 unità.
Nessun allarme stranieri
"Non c'è allarme stranieri detenuti", informa poi il rapporto, specificando che negli ultimi dieci anni questi sono diminuiti di oltre 1.000 unità. "L'affollamento delle carceri nell'ultimo anno è principalmente dovuto agli italiani", sancisce Antigone, per poi suggerire che "una ragionevole politica delle migrazioni, diretta a favorire la presenza di donne e a ricongiungere i nuclei familiari, produrrebbe effetti positivi sul tasso di criminalità e di detenzione".
Viene anche incluso un confronto con la situazione generale europea, in cui i reati sono in calo, così come le detenzioni. Si sottolinea nuovamente il contrasto con la tendenza italiana, per cui invece aumentano i carcerati. Inoltre, si precisa, nel nostro Paese il 17% delle condanne va dai 10 ai 20 anni, mentre la media europea è all'11%. È poi presa in esame la possibilità delle misure alternative alla detenzione in carcere, affermando che negli ultimi anni queste siano in aumento. Tuttavia, ciò è dovuto principalmente alla detenzione domiciliare, un metodo che però non tende alla reintegrazione sociale. Inoltre, denuncia il dossier, si nota una grande disparità territoriale: in generale, in molte regioni del Nord queste misure superano di molto le esecuzioni di pena in carcere, mentre nella maggior parte delle regioni meridionali sono appena la metà. La prospettiva del carcere è quindi molto più probabile per chi commette un reato al Sud.
Sofferenza e riabilitazione
Il rapporto considera poi il problema della tossicodipendenza, che affligge un detenuto su quattro. Il costo totale della detenzione di queste persone negli istituti penitenziari è di 70 milioni di euro l'anno, per cui una diversa soluzione di tipo socio-sanitario non solo sarebbe più utile in termini di recupero e reinserimento, ma anche dal punto di vista economico. Vengono anche trattate le questioni dei suicidi e dell'isolamento, spesso relazionate fra loro. Nel 2018 è stato registrato un aumento del numero dei suicidi, così come degli atti di autolesionismo. Questi avvengono nella maggior parte dei casi nei reparti di isolamento, una sofferenza aggiuntiva ad una pena che non è mai semplice. Gli isolamenti disciplinari sono aumentati vertiginosamente negli ultimi anni. Antigone ha presentato una proposta di legge per rivedere proprio tutto il sistema dell'isolamento, con lo scopo di prevenire i suicidi nelle carceri.
Per quanto riguarda invece il lavoro e l'istruzione, ci sono dati più o meno positivi. Sono circa il 30% dei detenuti coloro che vengono occupati in un lavoro, e spesso sono impiegati solamente per qualche ora alla settimana. Un miglioramento di una rete lavorativa che coinvolga i carcerati, sottolinea il rapporto, avrebbe sicuramente un impatto positivo nella loro detenzione. Ad ogni modo, il numero dei ristretti iscritti ad un corso scolastico è in aumento. In ultima, viene considerato il personale che lavora negli istituti penitenziari, denunciando una carenza dell'organico di circa il 16%. Nonostante ci sia comunque un agente ogni due detenuti (la media europea è di 1 ogni 2,6), mancano gli educatori e i mediatori culturali che possano riabilitare queste persone e guidarle nel loro reinserimento nella società.