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“Raffaele Fitto fu corrotto con mezzo milione d’euro”

Le motivazioni della sentenza con la quale il tribunale di Bari ha condannato l’ex ministro agli Affari regionali ed ora parlamentare del PdL, a 4 anni di reclusione per corruzione, illecito finanziamento ai partiti e abuso d’ufficio e 5 anni di interdizione dai pubblici uffici. Ma il suo legale attacca: “Accuse che non stanno né in cielo né in terra”.
A cura di Redazione
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Cinquecentomila euro di finanziamento a "Puglia prima di tutto": fu quello il prezzo della corruzione pagato all'allora presidente della Regione Puglia, Raffaele Fitto (Pdl), dall'imprenditore Giampaolo Angelucci. Motivo: far assegnare alle aziende di quest'ultimo un appalto settennale da 198 milioni di euro per la gestione di 11 Residenze sanitarie assistite (Rsa). Lo scrivono i giudici del Tribunale di Bari nella motivazione della sentenza con la quale il 13 febbraio 2013 Fitto, ex ministro agli Affari regionali ed ora parlamentare del Pdl, è stato condannato a 4 anni di reclusione per corruzione, illecito finanziamento ai partiti e abuso d'ufficio ed interdetto per 5 anni dai pubblici uffici. Fitto e' stato assolto dal peculato e da un altro episodio di abuso d'ufficio. L'editore di Libero nonché re delle cliniche romane Giampaolo Angelucci, riconosciuto colpevole di corruzione e illecito finanziamento ai partiti, in concorso con Fitto, fu invece condannato alla pena di tre anni e sei mesi di reclusione.

I soldi di Angelucci, secondo quanto ricostruito dai giudici, andarono al movimento politico di Fitto, ‘La Puglia prima di tutto' "prima, durante e poco dopo" la campagna elettorale per le regionali del 2005. Secondo le motivazioni della sentenza, per ottenere i 500mila euro da Angelucci Fitto compì una "diretta intromissione nelle decisioni spettanti ai direttori generali delle Asl sulla attivazione delle Rsa e sul tipo di gestione da scegliere". E nonostante la sconfitta elettorale, il presidente uscente – secondo il tribunale – si attivò per estendere ad altre tre Rsa (ma fu di fatto boicottato da dirigenti e funzionari regionali) l'appalto vinto da Angelucci con il Consorzio San Raffaele. "Le sentenze si dice che vanno rispettate. Ve ne sono alcune, come questa su Raffaele Fitto, che possono essere solo formalmente rispettate perché sostanzialmente non stanno né in cielo né in terra": è il commento del difensore di Fitto, Francesco Paolo Sisto. "Raffaele Fitto – conclude il legale – non ha visto un euro di quel lecito finanziamento, utilizzato, come la Corte del Conti ha verificato, del tutto correttamente per spese e causali elettorali".

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