Quinto suicidio assistito in Italia, Cappato: “Servono norme per chi vuole essere aiutato a morire”
Il quinto caso di suicidio assistito in Italia è avvenuto in Veneto. A rendere nota la vicenda è stata l’Associazione Luca Coscioni, che in uncomunicato ha dichiarato che Vittoria, (nome di fantasia per tutelarne l’identità), una donna di 72 anni affetta da sclerosi multipla progressiva da oltre vent'anni, è deceduta nelle ultime settimane nella sua abitazione, a seguito dell’auto somministrazione di un farmaco letale fornito dal Servizio Sanitario Nazionale.
Nel messaggio lasciato prima del decesso, la donna ha spiegato le ragioni della sua scelta: "Ho amato la vita, ma da troppo tempo la mia non è più una vera esistenza. La malattia mi ha intrappolata in un corpo che dipende dagli altri per qualsiasi cosa, persino per grattarmi il naso. Di notte, nei miei sogni, camminavo ancora. Ho sempre amato camminare. Ora sono esausta di svegliarmi ogni giorno e trovarmi imprigionata in un corpo che non riconosco più, che è solo fonte di sofferenza. Voglio liberarmi e trovare finalmente pace".
Quinto caso in Italia
“Vittoria” è la quinta persona in Italia, e la seconda in Veneto, a completare il percorso di suicidio assistito, stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza 242/2019 relativa al caso “Cappato/Antoniani”. Tra i casi precedenti, Federico Carboni nelle Marche nel 2022, Gloria in Veneto e Anna in Friuli-Venezia Giulia nel 2024, e un caso in Toscana non seguito dall’Associazione Luca Coscioni. L’iter si è svolto con il supporto diretto del Servizio Sanitario Nazionale, che ha fornito il farmaco e gli strumenti necessari: l’azienda sanitaria locale non era infatti riuscita a individuare medici disponibili a prestare assistenza volontaria durante l’auto somministrazione e per questo, a supportare la donna è intervenuto il dottor Mario Riccio, medico anestesista e membro del Consiglio generale dell’Associazione Luca Coscioni, noto per aver assistito anche Piergiorgio Welby nel 2006 e un’altra paziente veneta nel 2023.
Un iter lungo otto mesi
La procedura è iniziata otto mesi prima, con la richiesta partita dalla stessa Vittoria per la verifica delle sue condizioni, inviata il 21 marzo 2024. Dopo numerosi solleciti da parte degli avvocati, il 22 novembre dello stesso anno è stata confermata l’idoneità della paziente, in base ai criteri definiti dalla Consulta e, contestualmente, è stata approvata anche la modalità di auto somministrazione del farmaco. A dicembre 2024 era prevista un'udienza per esaminare il ricorso d’urgenza, ma è stata poi annullata poiché l’azienda sanitaria aveva già completato gli adempimenti richiesti.
"Il fattore tempo, per queste persone sottoposte a una sofferenza che considerano intollerabile, dovrebbe richiamare a una assunzione di responsabilità da parte della politica. Per questo, continuiamo a chiedere l’approvazione di norme nazionali e regionali per garantire tempi rapidi e certi di verifica delle condizioni e di risposta alle persone che chiedono di essere aiutate a morire. Nel frattempo, continueremo a fornire assistenza giudiziaria e medica a chi ce lo chiede affinché il diritto stabilito dalla Corte costituzionale sia effettivamente rispettato in tutta Italia", hanno dichiarato Filomena Gallo e Marco Cappato dell'Associazione Luca Coscioni.
Suicidio assistito: di cosa si tratta?
Secondo il Comitato Nazionale per la Bioetica, il suicidio assistito prevede che la persona intenzionata a porre fine alla propria vita sia l’artefice del gesto finale, con il supporto di un terzo, spesso un medico, che fornisce il farmaco letale o gli strumenti necessari. Questa pratica è regolamentata da rigide condizioni stabilite dalla legge: nei casi in cui il paziente non sia fisicamente in grado di autosomministrarsi il farmaco, possono essere impiegati dispositivi automatici per completare la procedura. Il suicidio assistito si distingue nettamente dalla sedazione palliativa, che consiste nella somministrazione di farmaci per alleviare il dolore riducendo lo stato di coscienza, senza però accelerare la morte del paziente.
Le differenze tra suicidio assistito ed eutanasia
Mentre il suicidio assistito implica che la persona compia autonomamente l’atto che porta alla morte, l’eutanasia richiede l’intervento diretto di un medico, che somministra il farmaco letale o interrompe trattamenti vitali. L’eutanasia può essere attiva diretta, quando si somministrano farmaci per indurre la morte, attiva indiretta, quando si utilizzano farmaci che alleviano il dolore ma accelerano il decesso, oppure passiva, quando si interrompono cure essenziali per mantenere in vita il paziente.
In Italia, l’eutanasia è illegale, mentre il suicidio assistito è stato parzialmente depenalizzato grazie alla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale.
Il quadro normativo in Europa
La regolamentazione del suicidio assistito varia da paese a paese in Europa: in Belgio, nei Paesi Bassi e in Lussemburgo, per esempio, sia l’eutanasia che il suicidio assistito sono legali ma solo sotto precise condizioni. In Spagna, una legge del 2021 ha riconosciuto l’eutanasia come diritto per chi soffre di patologie incurabili che causano sofferenze intollerabili. In Svizzera, invece l’eutanasia è vietata, ma il suicidio assistito è consentito, motivo per cui molti italiani si recano in cliniche elvetiche per accedere a questa pratica.