L'annuncio di Berlusconi non poteva certo lasciare indifferenti: il personaggio che ha monopolizzato la vita politica italiana, il bersaglio pressocchè unico dell'analisi e della "missione" del centrosinistra, il principale esponente dello schieramento avversario di veltroniana memoria, di colpo (?) annuncia la fine prossima ventura della propria esperienza politica. Ed infatti, l'intervista (secondo il Cavaliere in realtà si è trattato solo di un colloquio informale) ha invaso le prime pagine dei portali online e dei telegiornali, concentrando ovviamente le attenzioni di analisti e commentatori.
In realtà, la notizia non è poi così clamorosa, dal momento che era già abbastanza netta la percezione di un "inesorabile tramonto", o quantomeno di un imminente riassetto nel campo del centrodestra (magari mettendo al centro della discussione i temi della leadership e delle alleanze), anche in considerazione di alcuni dati incontrovertibili. Primo fra tutti, certamente il calo dei consensi evidenziato dalle ultime amministrative e collegato all'incapacità di interpretare i grandi e rapidi cambiamenti dell'opinione pubblica italiana, sempre meno legata ai tradizionali mezzi di comunicazione e sempre più, per dirla con un ossimoro (sul quale promettiamo di ritornare) "collettivamente autonoma" per quanto riguarda i propri orientamenti politici e, non suoni come un'eresia, finanche ideologici. Poi non va dimenticato il dato puramente anagrafico, con i leader dei due principali gruppi del centrodestra italiano probabilmente giunti al capolinea della loro esperienza politica e, per dirla tutta, non completamente in grado di "tenere sotto controllo" giovani rampanti, seconde (quando non terze e quarte) linee da tempo insoddisfatte, aspiranti capo – bastione e colonnelli ultimamente troppo emarginati.
In buona sostanza, a meravigliare non è tanto (o meglio non solo) il contenuto delle dichiarazioni del Cavaliere, quanto piuttosto tempi, modi e luoghi. Già, perchè le dichiarazioni del Cavaliere arrivano con l'Esecutivo impegnato nel tormentato varo di una manovra durissima, con la maggioranza in fibrillazione a causa di dissidi interni e tensioni difficilmente superabili (come evidenziato in modo eloquente dal fuorionda di Tremonti ma anche da alcune nemmeno tanto velate dichiarazioni a mezzo stampa) e soprattutto nel mezzo di una congiuntura economica particolarmente delicata, con il nostro Paese "nel mirino" della speculazione finanziaria e sotto la lente d'ingrandimento dell'Unione Europea. Come se non bastasse, la designazione di Alfano non arriva durante un congresso, nè al termine di un incontro istituzionale o di un vertice con gli alleati, bensì con una intervista – confessione rilasciata a Repubblica, cioè al quotidiano che per tantissimi aspetti rappresenta il principale riferimento di quella "opposizione all'interno della società capace di rovinare i piani del Cavaliere". E tutto questo senza dimenticare il contemporaneo riaprirsi della vicenda Mondadori – Cir, con il tentativo (poi immediatamente abortito) di aggirare l'obbligo di un risarcimento milionario da parte della Fininvest in favore proprio del gruppo di De Benedetti, editore del celebre quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. Insomma, come spiegare una simile "uscita"?
Probabilmente, come hanno sottolineato autorevoli analisti, la ragione profonda va ricercata nel clima che si respira all'interno del Popolo della Libertà, con l'ormai evidente esistenza di correnti interne che rappresentano la vera novità in casa centrodestra. La realtà dei fatti è ormai questa: quello che era sempre stato considerato come un feudo monarchico si avvia a diventare un vero e proprio Partito tradizionale, per quanto in una forma anacronistica e superata dagli eventi (correnti interne, gestione "nepotistica e clientelare" degli organi di rappresentanza, impostazione canonica assembleare). Una "deriva" alla quale il Cavaliere non cederà di buon grado, convinto di essere malgrado tutto, non solo il collante dell'intero schieramento, ma anche il pressocchè unico custode dello scettro decisionale. E fuor di metafora la doppia incoronazione di Angelino, prima alla guida del Pdl poi a pretendente al soglio di Palazzo Chigi, è proprio la decisa riaffermazione di una intatta potestà decisionale, resistente agli scandali, alle critiche e alle correnti. Il messaggio di fondo resta: "Sono io ad avere le chiavi della giostra, io ad interpretare le esigenze e i desiderata del nostro elettorato e posso fare a meno della collegiliatà".
E del resto, rebus sic stantibus, chi in questa maggioranza ha la forza, il carisma ed il peso politico per opporsi ad esempio alla designazione di Gianni Letta al Quirinale? Il Formigoni vittima da tempo dell'ostracismo dei fedelissimi del Presidente del Consiglio e costretto a cercare visibilità con i propri (e talvolta discutibili) mezzi? L'Alemanno invischiato nel pasticciaccio brutto dell'Atac e non proprio a suo agio in un partito ancora in gestazione? Il Tremonti bersagliato da più parti dal fuoco amico ed in rotta con gran parte dei "colonnelli" del Popolo della Libertà (e peraltro legato a doppio filo da una manovra onerosa e molto discussa)? Un Maroni che ancora non ha ottenuto il via libera definitivo da Umberto Bossi e che rischia di essere scavalcato dai vari Calderoli, Bricolo e Reguzzoni (tanto per passare in casa Lega)?
Ma c'è anche un altro aspetto da non sottovalutare nell'intera questione. La scelta di Berlusconi di "regalare" una notizia del genere al nemico di sempre, con ogni probabilità risponde anche ad altre intenzioni. A cominciare dalla necessità di inviare l'ennesimo segnale agli autoproclamatisi "liberi servi" Ferrara, Belpietro e Sallusti (del resto già compatti nell'affossare Tremonti proprio nel momento centrale della sua esperienza politica), passando per la volontà di un "raffreddamento del clima" politico reso incandescente dalle sconfitte elettorali e dalla complessa gestazione di una manovra alla quale non era davvero possibile rinunciare, per finire con quello che qualcuno si è spinto a valutare come un estremo tentativo di smorzare i toni in relazione alla vicenda Mondadori – Cir. E, per paradossale che possa sembrare, da allora il Cavaliere ha mantenuto un silenzio pressocchè totale…