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Opinioni

Quella di Firenze è un’aggressione fascista e Giorgia Meloni dovrebbe essere la prima a condannarla

Da Giorgia Meloni e dai suoi compagni di partito e di governo nessuna reale condanna dell’aggressione portata a termine dagli studenti di Fratelli d’Italia a Firenze. La premier sta perdendo l’occasione di dimostrare di voler prendere davvero le distanze dalla violenza squadrista.
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Ormai le ore stanno diventando un po’ troppe, per Giorgia Meloni. Troppe anche per rubricare la mancata condanna dell’aggressione fascista avvenuta nei pressi del liceo Michelangiolo di Firenze ai danni di due studentiinterni a un banale ritardo di comunicazione. E no, non c’è influenza, riposo domenicale o impegno istituzionale che tenga, per giustificare il colpevole silenzio della premier e dei suoi compagni di partito.

Non c’è, perché lei che per prima dovrebbe essere garante di una dialettica politica lontana da ogni violenza, non può tacere quando la violenza vede protagonisti sei militanti dell’organizzazione giovanile di Fratelli d’Italia, il partito di cui è leader, come ha ben ricostruito Valerio Renzi su queste pagine, parlando della vicenda.

Non c’è, perché questo silenzio stride di fronte alle sovreccitate reazioni di fronte a un rave, a un po’ di vernice lavabile gettata su monumenti e palazzi, a qualche corteo anarchico, rubricate alla stregua di pericoli per l’ordine pubblico e la democrazia, meritevoli addirittura di decretazione d’urgenza volta a restringere gli spazi di aggregazione e manifestazione del dissenso.

Abbiamo visto solo pochi mesi fa la destra parlare di clima da anni di piombo e di pericolo del ritorno della violenza politica, ricevendo la solidarietà quasi unanime dell'arco parlamentare, per una scritta che recitava: "La Russa Garbatella ti schifa". Qui parliamo di calci in faccia e e di pugni sferrati in guanti di pelle opportunamente calzati, ma non è andata allo stesso modo.

Non c’è, perché non ci si può offendere quando si mettono in luce i legami ancora esistenti tra la destra neofascista e il partito di maggioranza relativa nel parlamento italiano, e poi far finta di non vederli quando si manifestano in tutta la loro brutalità, ripresi da smartphone e telecamere. Tanto più se i protagonisti di quella vicenda sono giovani militanti, non vecchi reduci di Salò.

Non c’è, perché è da queste asimmetrie colpevoli che sono nati, e nascono, i mostri peggiori. Lasciare impunita questa violenza, non chiamarsene fuori sperando che l’opinione pubblica non le dia troppo peso, e non ne parli troppo, grazie a giornali e telegiornali compiacenti, è nascondere la testa sotto la sabbia e non fa altro che giustificare la violenza, darle legittimità di pensiero e di azione.

Se Giorgia Meloni, come dice, con quella violenza e con quella storia, non vuole più avere a che fare, ieri ha perso una enorme occasione per dimostrarlo. E qualche dubbio in più sulle sue reali intenzioni, da oggi, cominciamo ad averlo.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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