Quasi la metà degli italiani a basso reddito è stata costretta a rinunciare alle cure mediche nel 2023
Sono troppi gli italiani costretti a rinunciare alle cure mediche. Non tutti riescono ad accedere al Servizio sanitario nazionale, viste le interminabili liste d'attesa, e non tutti hanno la disponibilità economica sufficiente per rivolgersi al privato. A fare una fotografia della situazione è il rapporto dell'Aiop (Associazione Italiana ospedalità privata) in collaborazione con il Censis, secondo cui nel 2023 il 42% dei pazienti con redditi bassi, fino a 15mila euro, è stato costretto a procrastinare o direttamente a rinunciare alle cure sanitarie, impossibilitato ad accedere al Ssn e non potendo sostenere i costi del privato.
La quota di coloro che sono stati costretti a rimandare o rinunciare alle cure mediche è del 32,6% nella fascia di reddito tra i 15mila e i 30mila euro, per scendere ulteriormente al 22,2% in quella tra i 30mila e i 50mila euro. Oltre i 50mila euro, invece, è il 14,7% a rinunciare. Nel report si segnala "l'effetto erosivo" sulla ricchezza che hanno le spese sanitarie, quando devono essere pagate di tasca propria. Anche in questo caso, chiaramente, l'impatto è diverso a seconda della fascia di reddito. In generale il 36,9% degli italiani ha rinunciato ad altre spese, per potersi permettere quelle sanitarie: il il 50,4% tra i redditi bassi, il 40,5% tra quelli medio-bassi, il 27,7% tra quelli medio-alti e il 22,6% tra quelli alti.
Nel report vengono elencati anche altri dati, frutto dell'indagine. Ad esempio si rende noto che la quota di cittadini che, dopo aver cercato inutilmente di accedere al Servizio sanitario, ha scelto di rivolgersi al privato è del 34,4% dei redditi più bassi, del 40,2% di quelli medio-bassi, del 43,7% dei medio-alti e del 41,7% dei più alti. Secondo il report si sta andando verso una "sanità per censo" dove chi può permettersi le cure vi accede, mentre chi non è in grado si trova costretto a rinunciare. Non solo: aumenta anche la quota di persone che si rivolgono direttamente alla sanità a pagamento, consapevole degli ostacoli all'accesso alla sanità pubblica: si tratta del 40,6% dei bassi redditi, del 48,7% dei redditi medio-bassi, del 57% dei redditi medio-alti e del 63,3% dei redditi più alti.
"I tempi di attesa incongrui con la gravità e complessità del quesito diagnostico o della diagnosi rappresentano uno degli elementi di maggiore iniquità nell'ambito di un sistema a vocazione universalistica, dal momento che determinano una divaricazione tra coloro che possono rivolgersi al mercato delle prestazioni sanitarie al di fuori del Ssn e coloro che, per ragioni economico-sociali, non possono ricorrere alla sanità a pagamento", si legge nel report. Che poi conclude: "Per questi ultimi l'alternativa è tra un'attesa suscettibile di compromettere, in tutto o in parte, il proprio stato di salute e la rinuncia alle cure".