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Elezioni politiche 2018

Quanto valgono le promesse elettorali? Il dossier Cottarelli svela costi e mancate coperture

L’osservatorio dei conti pubblici diretto da Carlo Cottarelli ha analizzato i programmi elettorali depositati da partiti e coalizioni al ministero dell’Interno. Per quanto riguarda i costi, Cottarelli ha calcolato che il programma del Pd costerebbe 38 miliardi di euro, quello del Movimento 5 Stelle 103,4 miliardi di euro e quello del centrodestra ben 136 miliardi di euro.
A cura di Charlotte Matteini
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Nel corso delle scorse settimane, tutti gli schieramenti hanno presentato i propri programmi elettorali e hanno promesso l'introduzione di numerose misure economiche e regalie varie. Ma questi programmi elettorali sono davvero realizzabili o si tratta delle solite promesse pre-voto? L'osservatorio dei conti pubblici diretto da Carlo Cottarelli ha provato a calcolare il costo di ogni programma presentato e ha passato al vaglio tutte le misure annunciate, evidenziando che tutti i programmi elettorali – nonostante tra gli obiettivi inseriscano l'abbassamento del debito pubblico – in realtà rischiano di creare un grosso buco nei conti pubblici. In sintesi, Cottarelli ha evidenziato che il programma del Pd costerebbe 38 miliardi di euro (la precedente stima, prodotta dall'economista Perotti, parlava invece di 52 miliardi di euro), quello del Movimento 5 Stelle costerebbe 103,4 miliardi mentre quello del centrodestra costerebbe ben 136 miliardi di euro.

Il programma del Pd

Nel documento di sintesi elaborato da Carlo Cottarelli, si evidenzia che il programma elettorale presentato dal Partito Democratico "comporta misure espansive per un totale di 38 miliardi (1,9 per cento del Pil), dovute soprattutto all’introduzione di un assegno mensile per i figli a carico, all’allargamento di misure a sostegno della povertà, agli investimenti in grandi opere e infine a una riduzione della tassazione sulle imprese e dei contributi per i lavoratori dipendenti. Non sono previste coperture sufficientemente definite. Al tempo stesso, il Partito Democratico, pur non avendo indicato in modo preciso i propri obiettivi di finanza pubblica per i prossimi anni, ha reso pubblico un piano di rientro dal debito: il rapporto tra debito e Pil (dal 131,6 per cento del 2017) raggiungerebbe il livello del 118 per cento del Pil al 2022 e il 100 per cento del Pil nel 2029. Con andamenti macroeconomici meno ottimistici di quelli ipotizzati dal PD e in assenza di ulteriori coperture per le nuove iniziative di spesa, il debito pubblico arriverebbe al 134,8 per cento del Pil nel 2022 dal 131,6 per cento del 2017. L’effetto cumulato sul debito della mancanza di adeguate coperture ammonterebbe nel quinquennio a 122 miliardi di euro". 

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Il programma del centrodestra

Per quanto riguarda il programma di coalizione presentato dal centrodestra formato da Forza Italia, Lega, Fratelli d'Italia e Noi con l'Italia, la sua realizzazione "comporta misure (inclusi tagli della tassazione e aumenti di spesa per pensioni, per difesa e sicurezza e per il reddito di dignità) pari ad almeno 136 miliardi di euro, con fonti di copertura di circa 82 miliardi, con uno squilibrio di almeno 54 miliardi (2,6 per cento del Pil al 2022). Al tempo stesso, Forza Italia, che ha indicato in modo preciso i propri obiettivi di finanza pubblica per i prossimi anni, promette un rapido rafforzamento dei conti pubblici con un aumento dell’avanzo primario che raggiungerebbe il 4 per cento del Pil nel 2022 e un calo marcato del debito pubblico (circa 20 punti percentuali di Pil in 5 anni). Ma alcune ipotesi macroeconomiche sono ottimistiche e, soprattutto, rendere tali obiettivi di finanza pubblica coerenti con le proposte incluse in “Un programma per l’Italia” richiederebbe misure non identificate per 101 miliardi di euro al 2022 (quasi il 5 per cento del Pil). Con ipotesi macroeconomiche meno ottimistiche e in assenza di ulteriori coperture il debito pubblico al 2022 sarebbe pari al 135,8 per cento del Pil contro il 131,6 nel 2017 e il 112,8 per cento previsto nel quadro di Forza Italia al 2022. L’effetto cumulato sul debito della mancanza di adeguate coperture ammonterebbe nel quinquennio a 174 miliardi di euro. La Lega, che ha comunicato il proprio quadro solo pochi giorni fa, ha invece indicato obiettivi di finanza pubblica del tutto diversi: l’avanzo primario verrebbe quasi azzerato nel corso del quinquennio. Il rapporto tra debito pubblico e Pil scenderebbe solo di poco più di 10 punti percentuali e solo per effetto di un’accelerazione della crescita al 2,5 per cento in termini reali e il 4,7 per cento in termini nominali. Ciononostante anche il quadro della Lega comporta una mancanza di coperture (per circa 24 miliardi di euro al 2022 o l’1,2 per cento del Pil)". 

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Il programma del Movimento 5 Stelle

Con riguardo al programma depositato dal Movimento 5 Stelle, l'Osservatorio diretto da Carlo Cottarelli ha evidenziato in particolare due elementi: "Il Movimento 5 Stelle non ha pubblicato un quadro di finanza pubblica per i prossimi cinque anni, limitandosi a indicare l’obiettivo di ridurre il rapporto tra debito pubblico e Pil di 40 punti percentuali nel prossimo decennio. Riduzioni del debito a tale velocità richiederebbero però un rapido raggiungimento del pareggio di bilancio (o di un surplus), a meno di ipotizzare tassi di crescita reali del Pil dell’ordine del 5-6 per cento, chiaramente irrealistici per l’economia italiana. Al tempo stesso le misure incluse nel programma del Movimento comporterebbero, in assenza di una chiara definizione di ulteriori misure di copertura, un indebolimento del bilancio primario di circa 64 miliardi (3,2 per cento del Pil al 2022). Sotto ipotesi anche favorevoli sull’andamento dei tassi di interesse e della crescita, questo indebolimento porterebbe a un aumento del rapporto tra debito pubblico e Pil dal 131,6 per cento nel 2017 al 138,4 per cento nel 2022. L’effetto cumulato sul debito delle misure senza adeguata copertura ammonterebbe nel 2022 a 205 miliardi di euro".

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La replica del Movimento 5 Stelle

A stretto giro, il Movimento 5 Stelle ha replicato all'Osservatorio dei conti pubblici italiani diretto da Carlo Cottarelli e ha spiegato meglio alcuni obiettivi del programma economico presentato: "Cominciamo col dire che, oltre all’obiettivo decennale di riduzione di 40 punti sul debito/Pil, abbiamo anche fornito dei target intermedi per i prossimi anni, come riportato ad esempio dal Sole24Ore dello scorso 13 febbraio: 128,5% al 2019, 127% al 2020 e 124% al 2021 […] Veniamo poi alla tabella dell’Osservatorio rispetto ai costi del programma M5S e alle coperture. Il conto di Cottarelli farebbe 103 miliardi di euro, simili ai 108 citati nei giorni scorsi da Roberto Perotti. Due osservazioni sulla tabella stessa. Primo: la maggiore discrasia riguarda il costo della riforma Irpef integrata con la no tax area elevata a 10mila euro (anche per i professionisti con Partita Iva): l’Osservatorio stima minori entrate per 25 miliardi, mentre il M5S valuta gli effetti finanziari leggermente superiori ai 13 miliardi, compensati in gran parte dall’assorbimento degli 80 euro".  

"Secondo: riguardo agli 1,8 miliardi di mancato gettito causati dalla cancellazione di studi di settore, split payment, spesometro e Equitalia, specifichiamo che si tratta di un gettito presuntivo legato al recupero di evasione. Soldi cui il M5S non vuole affatto rinunciare, anzi. Ne vogliamo recuperare anche di più, ma non con questi strumenti. Ecco che già con queste due notazioni, il costo complessivo si abbassa di 14 miliardi e si avvicina di più alle nostre stime di circa 75-80 miliardi (sempre a bocce ferme). La differenza si colma sulla stima del costo del superamento della riforma delle pensioni targata Fornero. Cottarelli si rifà ai conti della Ragioneria e parla di 21 miliardi di esborso. Il M5S ha sempre detto che non vuole tornare al sistema previgente, per cui il nostro mix di misure previdenziali costa circa 11 miliardi (dieci in meno) e, a dir il vero, la differenza la riconosce anche l’Osservatorio sul lato delle coperture. In ogni caso, stando alla colonna di sinistra, la cifra va abbassata di 25 miliardi, portando i 103 miliardi sotto gli 80, valutazione che collima con quella del MoVimento 5 Stelle".

"Sul lato delle entrate (coperture), non entriamo nel merito della spending review che Cottarelli conosce benissimo e che ha ancora margini enormi (non valutati in tabella), ma osserviamo soltanto che nel conto dell’Osservatorio si parla di riduzione delle tax expenditures per 14,3 miliardi. In realtà il M5S non ha mai parlato di taglio o riduzione (che equivale a un aumento di tassazione), ma di rimodulazione, ripensamento, per cui le agevolazioni vanno spostate da settori improduttivi o dannosi a settori da incentivare. E abbiamo individuato circa 40 miliardi di tax expenditures da spostare, alcune delle quali molto corpose anche prese singolarmente. Per fare soltanto due esempi, citiamo gli 1,8 miliardi degli assegni familiari che allochiamo sulla robusta no tax area per i nuclei fino a 25-26mila euro di reddito e la detassazione degli straordinari che vale 1,1 miliardi e che va ripensata assieme al concetto di produttività, oggi molto spesso assimilato nella contrattazione aziendale o territoriale a un aumento meramente quantitativo di ore lavorate". 

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