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Opinioni

Quanto vale ora l’alleanza Renzi – Verdini (e quando “finirà”)

L’alleanza parlamentare tra i verdiniani e le forze che sostengono il Presidente del Consiglio è ormai un dato di fatto. Proviamo a capire quanto vale in termini numerici al Senato e quanto potrebbe costare in termini di consenso nel Paese.
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L’ultima volta che il Movimento 5 Stelle e Forza Italia hanno chiesto di contarsi in Aula, i numeri sono stati impietosi: 180 e 183 sì al Governo Renzi, 96 e 93 no raccolti dall’opposizione. Detto in parole brutali: il Governo Renzi non è mai stato così solido, l’ipotesi di mandarlo a casa grazie a un voto d’Aula al Senato è risibile. Il garante di questo ampio margine di sicurezza di cui gode l’esecutivo guidato da Renzi ha un nome, un cognome, un passato ingombrante e anche un bel po’ di procedimenti giudiziari aperti: Denis Verdini.

L’intesa tra i due ha origini lontane e ci sono fin troppi retroscena / retropensieri sull’appoggio di Verdini all’ex Sindaco di Firenze, ma la svolta di questa legislatura ha una data simbolo: il 25 febbraio 2016, a tre anni dalla “non sconfitta” di Bersani alle politiche, i verdiniani votano la fiducia al Governo sul maxiemendamento interamente sostitutivo del ddl Cirinnà sulle unioni civili. Non è un passaggio formale, ma evidenzia la differenza tra il votare contro una mozione di sfiducia, appoggiare le riforme istituzionali e il votare la fiducia al Governo: se nei primi casi si può parlare di gesto di responsabilità, la fiducia sottintende un’adesione a un percorso politico chiaro e definito, a un’intesa politica prima che istituzionale.

Ma ogni svolta, ogni cambio di scenario, ha delle conseguenze. E se in Parlamento i verdiniani hanno mostrato di potersi districare tra il sostegno nei voti chiave (il no alle mozioni di sfiducia, l’appoggio a Renzi sul decreto Banche di Credito Cooperativo), partecipazione al processo decisionale (prescrizione, ad esempio) e piccoli distinguo nel merito, “nel Paese” la questione un po’ diversa.

Non è secondario il tema dell’impatto che l’alleanza Renzi – Verdini può avere sull’opinione pubblica, considerando il passato e il presente dell’ex fedelissimo di Silvio Berlusconi.

Anche per questo bisogna capire come si muoveranno i verdiniani alle prossime elezioni amministrative. Analisti e opinionisti scommettono sull’appoggio senza sé e senza ma di Ala ai candidati del Pd (anche laddove i verdiniani non presenteranno liste), ma quantificare il peso che la creatura di Verdini ha sul territorio è impresa ardua. Ed è in effetti uno dei rebus da risolvere nei prossimi mesi: fino a che punto conviene enfatizzare un’alleanza tattica, che sposta a destra l’asse del Governo e che irrita la minoranza del PD e una parte di elettorato?

La risposta, manco a dirlo, Renzi la rimanderà all'autunno, al referendum sulla riforma della Costituzione. Che sarà certamente utilizzato per pesare la sua forza personale e per legittimare la sua attività a Palazzo Chigi, ma anche, per non dire soprattutto, per rodare le sue "cellule" sul territorio: quei Comitati per il sì, che rappresenteranno, e Bersani lo ha già capito, la fucina della nuova classe dirigente renziana. Lì la fusione con le truppe dell'amico Denis non ha ostacoli di sorta né legacci identitari. Lì "finirà" l'alleanza con Verdini. Lì Verdini diventerà parte organica del blocco renziano.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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