Quanto spende l’Italia per le forze armate: 31 miliardi di euro all’anno e stipendi fino a 5.700 euro al mese

Negli ultimi anni, le tensioni internazionali e l'evoluzione degli scenari geopolitici hanno spinto molti Paesi, Italia compresa, ad aumentare gli investimenti nella difesa. Il tema del riarmo è tornato al centro dell'agenda europea con il recente piano annunciato da Ursula von der Leyen per rafforzare la capacità militare dell'UE. L'iniziativa punterebbe a incentivare la produzione di armamenti e ridurre la dipendenza da fornitori esterni, una strategia che potrebbe influenzare anche le scelte italiane in materia di difesa. Un tema all'ordine del giorno, insomma, che continua a suscitare dibattito tra chi considera necessario un rafforzamento delle capacità operative e chi, invece, mette in discussione l'entità di questi investimenti rispetto ad altre priorità nazionali.
L'Italia partecipa attivamente a missioni internazionali e operazioni di sicurezza: attualmente, le Forze Armate sono impegnate in 40 missioni, di cui 38 all'estero e 2 sul territorio nazionale. Operazioni che comprendono interventi di peacekeeping, supporto logistico e attività di pattugliamento. Tuttavia, la spesa per la difesa non si limita alle missioni: include anche il mantenimento delle infrastrutture militari, l’acquisto di armamenti e nuove tecnologie, oltre alla formazione del personale. Uno dei costi più rilevanti riguarda gli stipendi dei militari, che variano in base al grado, alle funzioni svolte e alla specifica Forza Armata di appartenenza. Analizzare questi dati aiuta a comprendere il peso economico della difesa sul bilancio statale e le risorse destinate al settore.
Quanto guadagnano i militari italiani
La retribuzione delle Forze Armate segue un sistema strutturato in cui gli stipendi vengono stabiliti in base al grado e all'esperienza maturata. Oltre alla retribuzione base, esistono compensi aggiuntivi legati a incarichi operativi particolari o a condizioni di servizio particolarmente impegnative. Per esempio, il personale che opera in settori ad alto rischio, come i piloti di caccia, gli equipaggi imbarcati sulle navi militari o le unità specializzate (paracadutisti, incursori, truppe alpine), percepisce indennità che aumentano in modo significativo lo stipendio mensile. Il quadro delle retribuzioni varia quindi a seconda del livello gerarchico e della funzione operativa. Per avere un'idea più precisa, si possono suddividere gli stipendi in due grandi categorie: il personale non dirigente, che comprende soldati, sottufficiali e ufficiali inferiori, e il personale dirigente, che include gli ufficiali superiori e i generali.
Gli stipendi del personale non dirigente
La retribuzione del personale non dirigente varia in base al grado ricoperto e agli anni di servizio: si parte da un importo base di circa 1.400 euro netti al mese per un Soldato semplice, fino ad arrivare a oltre 2.100 euro per un Capitano. Nel dettaglio, gli stipendi netti mensili sono i seguenti:
- Soldato: circa 1.400 euro
- Caporale: 1.586 euro
- Sergente: 1.750 euro
- Sottotenente: 1.782 euro
- Tenente: 1.998 euro
- Capitano: 2.128 euro
Bisogna considerare che questi valori rappresentano la base stipendiale, ma possono aumentare in base a eventuali incarichi operativi o a missioni in zone di crisi. Ad esempio, un militare impiegato in missioni internazionali può ricevere indennità aggiuntive, che variano in base alla pericolosità del contesto operativo.
Gli stipendi del personale dirigente
Per il personale dirigente, la retribuzione cresce in modo significativo, riflettendo le maggiori responsabilità legate al comando e alla gestione strategica delle operazioni: un Maggiore, ad esempio, percepisce circa 2.838 euro netti al mese, mentre un Tenente Colonnello guadagna 2.970 euro. Salendo di grado, gli importi aumentano ulteriormente:
- Colonnello (o Capitano di Vascello per la Marina): circa 3.976 euro
- Generale di Brigata: 5.723 euro
- Generale di Divisione: 5.723 euro
- Generale di Corpo d'Armata/Ammiraglio di Squadra/Generale di Squadra Aerea: circa 5.723 euro
I gradi più elevati delle Forze Armate italiane sono rappresentati dal Generale di Corpo d'Armata per l'Esercito, dall'Ammiraglio di Squadra per la Marina e dal Generale di Squadra Aerea per l'Aeronautica. Questi ufficiali ricoprono ruoli di vertice e sono responsabili della direzione strategica delle operazioni militari a livello nazionale e internazionale. Se si considera la retribuzione annuale netta, emergono qui differenze ancora più marcate: un Generale di Corpo d'Armata percepisce circa 68.676 euro all'anno, mentre un Colonnello si attesta intorno ai 47.712 euro annui; per un Maggiore, la retribuzione si aggira invece intorno ai 34.056 euro netti all'anno.
Le indennità e i costi aggiuntivi
Oltre agli stipendi base, esistono numerose indennità e compensi aggiuntivi che possono incidere in modo significativo sulla busta paga di un militare. Tra le principali voci extra si trova:
- Indennità di missione: destinata al personale impiegato in operazioni all'estero, il cui importo varia a seconda del grado e della pericolosità dell’area di intervento.
- Indennità di rischio: prevista per militari che operano in condizioni particolarmente pericolose, come artificieri, piloti di caccia, incursori e reparti speciali.
- Indennità di imbarco: destinata al personale della Marina Militare imbarcato su navi operative.
- Indennità di volo: per i piloti dell'Aeronautica Militare e i piloti di elicotteri dell'Esercito.
- Scatti di anzianità: aumenti retributivi progressivi in base agli anni di servizio. Questi fattori possono portare a differenze salariali significative tra militari dello stesso grado, a seconda della loro funzione e dell’incarico operativo.
Un bilancio in crescita per la difesa
L'investimento italiano nella difesa non riguarda tuttavia solo gli stipendi, ma anche l'ammodernamento delle forze armate: l'Italia, in linea con gli impegni assunti in ambito NATO ed europeo, ha aumentato negli ultimi anni il budget destinato alla sicurezza militare; l'obiettivo sarebbe quello di migliorare le capacità operative, investendo in nuove tecnologie, mezzi avanzati e potenziamento delle infrastrutture.
La spesa militare continua, insomma, a essere oggetto di confronto: se da un lato c'è chi sostiene la necessità di potenziare la difesa per affrontare le sfide geopolitiche e rispettare gli impegni internazionali, dall'altro non mancano le voci critiche, che mettono in discussione l'entità degli investimenti e propongono una diversa redistribuzione delle risorse, privilegiando settori come sanità e istruzione. Qualunque sia la posizione su questi temi, è innegabile che dietro alla spesa militare ci sia comunque un settore economico rilevante, che coinvolge industrie, forniture e posti di lavoro. La difesa, insomma, oltre a essere una questione strategica, è certamente un ambito in cui si muovono ingenti risorse, con un impatto che va ben oltre il solo comparto militare.