Quanto sappiamo dei redditi dei politici italiani? Non molto, in realtà
Nel 2013 è stato emanato il decreto legislativo 14 marzo 2013 n.33, conosciuto dai più come "decreto trasparenza", che prevedeva la pubblicazione online dei dati relativi alla dichiarazione dei redditi, al patrimonio e ai ruoli ricoperti all’interno di società pubbliche e private dei politici italiani. Il provvedimento avrebbe dovuto diradare la nebbia in cui sembrano spesso avvolte le situazioni patrimoniali dei nostri rappresentati in parlamento, tanto più che dal 2014 – con la legge per l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti – la pubblicazione è passata da facoltativa a obbligatoria.
Secondo un'analisi di Openpolis su 963 politici, però, il 72,3% delle dichiarazioni patrimoniali pubblicate continene informazioni parziali, mentre il 31,5% non adempie nemmeno agli obblighi di legge, perché non presenta il rendiconto elettorale. Nonostante ci sia una percentuale di politici che osserva le prescrizioni, solo il 6,31% delle dichiarazioni analizzate sono dettagliate e scrupolose. Alla Camera hanno reso pubblica la versione integrale solo 147 deputati su 627 (23,44%). Al Senato l'hanno fatto in 82 su 315 (26,03%). Sul fronte governativo le dichiarazioni complete sono 38 su 56, il 67,86%. Andando a guardare i dati per partito, a vincere il record negativo sono i Conservatori e riformisti: tra i dieci esponenti, nessuno ha pubblicato la versione integrale della dichiarazione dei redditi.
Nel sito Patrimoni trasparenti dell'associazione è possibile verificare quanto guadagnano i singoli politici. Anche se, denuncia Openpolis, "non è dato sapere da cosa è costituito quel reddito": "Nella maggioranza dei casi è possibile sapere solo qual è il loro reddito totale lordo, comprensivo anche di eventuali altre attività, perché la maggior parte dei politici osservati sceglie di diffondere solo il quadro di riepilogo della propria dichiarazione dei redditi". Così, poco si riesce a sapere di doppi incarichi, presidenze e rimborsi.
Openpolis insiste sulla completezza della pubblicazione perché "se sapere quanto guadagna il singolo politico è già di per se un’informazione rilevante, non è tuttavia né esaustiva né efficace. L’informazione davvero importante è quanto di quel reddito è determinato da uno o più incarichi pubblici, quali e quante altre attività vengono svolte in contemporanea con la carica pubblica, dunque in ‘concorrenza' con il tempo, le energie e l’attenzione richiesti dall’attività politica". Informazioni che, almeno in parte, sono desumibili dalla versione integrale della dichiarazione dei redditi. Secondo l'associazione "per raggiungere un livello di trasparenza quanto meno accettabile è necessario includere tutti i moduli della dichiarazione patrimoniale", tra cui anche il rendiconto economico della campagna elettorale. Proprio le spese per l'attività politica sono tra i dati più opachi. Per Openpolis "i titolari di cariche elettive devono dichiarare le spese sostenute per fare campagna elettorale e gli eventuali contributi ricevuti. Un obbligo non rispettato da tutti, e previsto anche per chi non ha avuto nessun movimento economico". Il 68,47% dei parlamentari pubblica il rendiconto economico di entrate e uscite sostenute (una percentuale più alta alla Camera che al Senato). Il gruppo che rispatta maggiormente la previsione è il M5s, mentre il peggiore è – ancora una volta – Co. Su 647 politici che hanno presentato la dichiarazione elettorale, infine, 266 sostengono di non aver ricevuto contributi e non aver speso nulla per fronteggiare la campagna elettorale.
Un altro punto sono le partecipazioni e gli incarichi societari: dal report risulta che nel 2014 il 31% dei politici era in possesso di azioni o partecipazioni in società, quota che sale al 40% se si prende in considerazione solo il governo. Centotrentotto politici, invece, oltre al loro ruolo istituzionale, ricoprono almeno un altro incarico. Tra questi, cinqantadue ne svolgono più di uno contemporaneamente tra presidenti e consiglieri di amministrazione di società.
Sono informazioni, secondo l'associazione, che è possibile fornire per rendere un quadro più chiaro soprattutto dei "potenziali interessi economici o relazioni di potere". Per questo motivo, vengono chiesti i dati anche sui familiari. Quella di pubblicare i redditi e i beni intestati a coniugi, figli o parenti non è una prescrizione obbligatoria: lo si può fare con il consenso degli interessati. In caso di loro rifiuto, però, secondo il decreto trasparenza andrebbe comunque pubblicaa una dichiarazione di "mancato consenso". Nessuno lo fa: per lo più ci si limita a non pubblicare nulla.
I dati sui familiari sono resi noti da poco più del 15% dei deputati e dal 17,78% dei senatori. All'interno di Fratelli d'Italia nessuno ha pubblicato queste informazioni. Il Pdl ha il record al Senato, dove solo il 4,65% ha reso pubblici i dati sui parenti. Tra gli esponenti del governo, invece, la percentuale si alza a quasi il 40%.