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Quanti posti letto abbiamo perso negli ospedali con i piani di rientro in sanità

Nel 2007 sono stati introdotti i piani di rientro per quelle Regioni in deficit eccessivo in ambito sanitario, con lo scopo di razionalizzare la spesa per la Sanità e colpire le inefficienze. Chiaramente senza peggiorare la qualità dei servizi. Andiamo però a vedere che cosa è cambiato negli anni per le Regioni in piano di rientro in termini di posti letto, personale medico e infermieristico e fuga dei pazienti verso le altre Regioni.
A cura di Annalisa Girardi
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L'epidemia di coronavirus ci ha dimostrato come i tagli degli ultimi anni alla Sanità abbiano debilitato il sistema, rendendolo impreparato ad affrontare un'emergenza come quella degli ultimi mesi. Abbiamo visto i servizi sanitari e ospedalieri rischiare il tracollo nei picchi più duri della pandemia e ci siamo resi conto di quali possono essere le conseguenze dei mancati investimenti. In tutto il Paese la Sanità ha subito anni e anni di tagli, ma alcuni territori sono stati più penalizzati di altri. Specialmente da quando, nel 2007, sono stati introdotti i piani di rientro per quelle Regioni in deficit eccessivo. Cioè degli strumenti imposti dal governo centrale alle Regioni con disavanzi troppo elevati per ripristinare un equilibrio di bilancio sanitario. Questi interventi avrebbero lo scopo di razionalizzare la spesa sanitarie e colpire le inefficienze. Chiaramente senza peggiorare la qualità dei servizi. Ma questo è possibile? Andiamo a vedere che cosa è cambiato nel tempo per le Regioni in piano di rientro in termini di posti letto, personale medico e infermieristico e fuga dei pazienti verso le altre Regioni.

Fonte: Ministero della Salute
Fonte: Ministero della Salute

Quanti posti letto sono andati persi con i piani di rientro

Negli ultimi vent'anni, come conseguenza dell'arresto della crescita economica e dei continui tagli alla Sanità, i posti letto disponibili sono diminuiti negli ospedali di tutta Italia. C'è però una sostanziale differenza tra le Regioni che sono in piano di rientro e quelle che non lo sono. Secondo i dati dell'Istat e del database dell'Oms Health for all, nel 2003 le Regioni non in piano di rientro potevano contare su circa 390 posti letto ogni 100mila abitanti. Nel 2015, quindi dopo l'anno in cui fu introdotta la disciplina fiscale sanitaria, questi erano all'inicirca 340. Un taglio, quindi, di una cinquantina di posti letto. Un dato che diventa ben più elevato se guardiamo però a quello che è accaduto ai posti letto nelle Regioni in piano di rientro: qui si è infatti passati dai circa 415 posti letto ogni 100mila abitanti agli appena 300 nello stesso periodo. Un crollo di 115 posti letto. E uno scenario analogo, sottolinea in un report lavoce.info, emerge anche se si analizzano i dati dei presidi ospedalieri e delle case di cura.

I tagli ai posti letto chiaramente vengono dall'esigenza di diminuire le spese. Tuttavia, se si guarda al numero di posti letto disponibili all'anno 2015 nelle Regioni non in piano di rientro, che sono da presupporre come l'obiettivo a cui aspirare, si noterà comunque un'ampia differenza. Fattore che fa pensare che la disciplina fiscale possa aver causato un impoverimento dell'offerta ospedaliera.

I tagli al personale sanitario

Per quanto riguarda il rapporto tra abitanti di una Regione e personale medico, questa differenza è ancora più evidente. Soprattutto per il fatto che per le Regioni non in piano di rientro i medici sono addirittura aumentati, mentre per quelle in piano di rientro si è assistito anche in questo caso a una discesa. Nelle Regioni non in piano di rientro nel 2003 si contavano circa 187 medici ogni 100mila abitanti, che sono cresciuti a una media di 192 nel 2013. Per le Regioni in piano di rientro, invece, si è passati dai 200 del 2003 ai 184 di dieci anni dopo.

Situazione simile per quanto riguarda gli infermieri. Nello stesso intervallo di tempo, il numero di infermieri nelle Regioni in piano di rientro si è mantenuto pressoché stabile, scendendo dai circa 545 ai 540 ogni 100mila abitanti. Ma il calo è stato anche in questo caso più importante nelle Regioni sottoposte a disciplina fiscale in cui si è passati dal 445 del 2003 ai circa 420 del 2013. In generale, il personale dipendente del Servizio sanitario nazionale delle Regioni non in piano di rientro è sceso in dieci anni dai circa 1320 (sempre ogni 100mila abitanti) professionisti ai 1310, mentre in quelle in piano di rientro si è passati dal 1150 ai 1000.

La fuga dei pazienti dalle Regioni

Il risultato, guardando a questi dati, è un aumento della disparità regionale in merito alla qualità del servizio sanitario offerto ai cittadini. E questo si riflette nelle fughe dalle Regioni da parte dei pazienti verso quei territori dove sanno di poter trovare una Sanità più efficiente. Dal 2007 è cresciuta la mobilità nelle Regioni sottoposte a piani di rientro, aggravando anche la situazione nel sistema di assistenza locale, che in questo modo non può più beneficiare delle risorse. Sempre secondo il report già citato di lavoce.info, la mobilità sanitaria è aumentata del 15-18% in conseguenza ai piani di rientro.

La fuga verso altre Regioni non solo aumenta quelli che sono i costi a carico dei singoli pazienti, ma come anticipato pesa anche sulle Regioni da cui si parte. Che non riescono a compensare per le entrate mancanti, ritrovandosi via via ad erogare ai cittadini un servizio sempre meno efficiente.

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