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Quando si andrebbe a votare in caso di crisi di governo ed elezioni anticipate

L’ipotesi di una crisi di governo è tornata a essere presa sul serio dopo l’ultimatum lanciato dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ai suoi vice, Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Se la crisi dovesse realmente aprirsi il voto anticipato è l’opzione più probabile: ma quali sono le finestre temporali in cui si potrebbero tenere eventuali elezioni politiche? Vediamo i due scenari più plausibili.
A cura di Stefano Rizzuti
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E se la crisi di governo si aprisse davvero? I continui scontri, il caos a Palazzo Chigi e l’appello di Giuseppe Conte potrebbero concludersi con una crisi, magari extra-parlamentare. Anche se proprio oggi arrivano i primi segnali di distensione tra Lega e Movimento 5 Stelle. Ma se lo scontro dovesse nuovamente inasprirsi e l’accordo tra le due forze di maggioranza sgretolarsi, l’ipotesi del voto anticipato tornerebbe in primo piano. Una preoccupazione reale, secondo quanto sottolineano diverse fonti parlamentari. Tanto che è già partito il toto-date per le elezioni politiche. E le opzioni in campo sono poche: voto a luglio o a settembre. Vediamo il perché.

Partiamo dai tempi tecnici: tra lo scioglimento delle Camere e il voto devono passare almeno 45 e massimo 70 giorni. Il Quirinale considera, mediamente, che per arrivare al voto ci vogliano tra i 55 e i 60 giorni. D’altronde per allestire le operazioni per il voto all’estero il tempo stimato è di circa 60 giorni. Sempre per quanto riguarda la tempistica c’è un altro termine da considerare: la presentazione delle liste. Deve avvenire entro 30 giorni dal voto. E tutti questi termini devono tenere conto anche del mese di agosto, in cui il voto (ma anche la presentazione delle liste) è da evitare a tutti i costi.

Il voto a luglio

L’ipotesi di un voto a luglio è molto difficilmente realizzabile. La prima data utile sarebbe quella del 28 luglio. Ma per arrivarci bisognerebbe aprire subito la crisi, con dimissioni immediate di Conte e scioglimento delle Camere in tempi rapidissimi. Con questo scenario – ribadiamo: improbabile – si voterebbe comunque a fine luglio, quando molti italiani saranno già in vacanza e lontani dai loro luoghi di residenza e, di conseguenza, di voto. Inoltre la crisi potrebbe passare anche per il Parlamento, con un voto di fiducia davanti alle Camere. Il che, ovviamente, richiederebbe altri giorni. Così si arriverebbe almeno alla domenica successiva, quella del 4 agosto. Quando sempre più persone saranno in vacanza, trattandosi peraltro della settimana che precede quella di Ferragosto. L’opzione estiva sembra impossibile non solo per i tempi strettissimi, ma anche perché entro venti giorni dal voto si deve poi tenere la prima seduta delle nuove Camere. Per intenderci, se si votasse il 28 luglio sarebbe il 17 agosto. Ipotesi da escludere.

Il voto a settembre

Più credibile, in caso di crisi di governo, l’opzione di un voto a settembre. Non a inizio mese, quasi certamente. Le date di cui già da giorni si discute sono quelle del 15, 22 e 29 settembre. Per arrivare al voto il 15 settembre lo scioglimento delle Camere dovrebbe avvenire entro il 15 luglio circa. Il governo dovrebbe quindi andare avanti ancora per un mese e mezzo o poco più. Negli scorsi giorni la data che più è circolata in ambienti parlamentari è stata quella del 29 settembre. Ma anche in questo caso si tratta di un’ipotesi rischiosa. Il giorno dopo, infatti, il Def, il Documento di economia e finanza, andrebbe presentato alle Camere e poi inviato a Bruxelles entro il 15 ottobre. Se non dovesse esserci un nuovo governo subito (abbiamo visto lo scorso anno quanto la legge elettorale e l’attuale sistema frammentato rendano complicato formarlo in tempi brevi) sarebbe a rischio la manovra economica. Che va approvata entro il 31 dicembre in via definitiva. Altrimenti si va in esercizio provvisorio: il che vuol dire impossibilità di scongiurare l’aumento dell’Iva.

L’ipotesi di un voto a settembre (difficile pensare a un ulteriore rinvio nei mesi successivi del 2019 proprio per l’incombenza della legge di Bilancio) potrebbe realizzarsi anche con uno scenario parzialmente diverso. Sembra evidente che nessun gruppo politico – e probabilmente neanche il capo dello Stato – vogliano arrivare a un voto tra fine luglio e agosto. Quindi, se il governo dovesse cadere prima di metà luglio, il Quirinale potrebbe optare per un esecutivo transitorio, con il solo scopo di traghettare il Paese a nuove elezioni in una data più abbordabile, quella di settembre. Un governo, dunque, che si limiterebbe a sbrigare gli affari correnti per circa un mese, in attesa di un nuovo voto che porti alla formazione di un esecutivo politico che possa approntare la manovra. Un'ipotesi che già circola in ambienti parlamentari. Ma il governo, comunque, per ora è ancora in piedi. E in attesa di nuovi sviluppi per ora parliamo solo di fantapolitica.

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