Premessa numero uno: Matteo Renzi parla effettivamente da anni della necessità di tagliare la spesa pubblica improduttiva, di abbattere gli sprechi degli enti locali e di ridurre il "peso e le spese" delle Regioni italiane. I primi provvedimenti del Governo seguono sostanzialmente questa direzione, incluso il controverso disegno di legge che (non) abolisce le province e con particolare riferimento al progetto di revisione del Titolo V della Costituzione.
Premessa numero due: della spending review si parla da mesi, ma non si ha ancora un quadro chiaro e definitivo del lavoro di Cottarelli e del Governo.
Premessa numero tre: il Governo Renzi chiede, con la legge di stabilità 2015, che le Regioni a statuto ordinario rinuncino a 3,45 miliardi di euro annui "in ambiti di spesa e per importi complessivamente proposti nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza", mentre le Regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano dovranno rinunciare complessivamente a 548 milioni di euro. Considerati i tagli impostati dai Governi Letta e Monti, siamo a 5,7 miliardi di euro totali.
Le province e le città metropolitane contribuiranno con 1 miliardo di euro nel 2015, con 2 miliardi nel 2016 e con 3 miliardi nel 2017 (e non potranno più ricorrere a mutui, effettuare spese per relazioni pubbliche, assumere personale o attribuire incarichi e consulenze).
I comuni, a fronte di un allentamento del patto di stabilità, contribuiranno al contenimento della spesa con 1,2 miliardi di euro.
Ecco, in un quadro simile il Presidente del Consiglio ha scelto di manifestare disponibilità al confronto con le Regioni, ma allo stesso tempo ha posto l'accento sugli sprechi, sui vitalizi (?), sulle spese e sugli eccessi degli enti locali. E, spiegato in soldoni, ha ricordato che i sacrifici tocca farli tutti. Dall'altra parte, la sintesi migliore l'ha fornita Zingaretti: facile tagliare le tasse con i soldi degli altri.
Perché, possiamo anche girarci intorno, ma qui di tagli lineari stiamo parlando. E non è proprio la ricetta migliore per il Paese e per gli enti locali, diciamocelo. O meglio, facciamolo dire a Renzi stesso:
" I tagli ed il patto di stabilità bloccano ogni possibilità di migliorare le città ed i municipi, soffocano le imprese e obbligano a scegliere fra aumento della pressione fiscale e riduzione dei servizi. Tutto questo porterà ad una ulteriore contrazione e della crescita e renderà ancora più poveri i cittadini, le famiglie e le imprese", così scriveva l'Anci nel settembre del 2011, in una manifestazione contro le misure del Governo Berlusconi cui aderiva con slancio Matteo Renzi. Che spiegava: "Il Governo ha mostrato i suoi limiti. Lo dimostra il fatto che la protesta, alla quale ha aderito anche il Comune di Firenze, vede insieme tutti gli amministratori. Se perfino gli amministratori di centrodestra si lamentano di questa manovra, fossi il Governo un pensierino ce lo farei. Così si mettono le mani nelle tasche dei cittadini".
Pochi giorni dopo, il 6 ottobre da Brindisi Renzi tuonava: "Il governo rinvia i problemi veri e centrali, pensando che la ripartenza del nostro Paese possa cominciare dai tagli agli enti locali".
Quanto ai numeri aleatori e non chiari delle manovre, Renzi aveva spiegato pochi mesi prima il dramma delle incertezze nei bilanci dei Comuni e aveva stigmatizzato i tagli "a casaccio": "Sono numeri con la credibilità scientifica del mago Otelma. Il Paese ha bisogno di fare dei tagli così come stanno le cose non si può andare avanti. Fare i tagli però significa farli con intelligenza, non così a casaccio. Spero che i tagli che verranno fuori da questa discussione in Parlamento non penalizzino gli enti locali".
Sempre sulla stessa linea erano state le valutazioni sulle prime indiscrezioni della maxi – manovra di Tremonti: "È giusto riportare i conti in ordine però quello che non funziona è che, siccome ci sono divisioni interne a Roma, si pensa di scaricare tutto sui Comuni: questo atteggiamento è profondamente sbagliato e ingiusto".
Del resto, lo stesso Renzi ha sperimentato cosa significa amministrare un Comune con tagli di questo tipo. E nel maggio del 2011 lo rivendicava con fierezza: "Abbiamo approvato un bilancio che non aumenta le tasse, nonostante il taglio rilevante del Governo. Non è semplice mantenere gli stessi standard di servizi per il sociale e l'istruzione, sicuramente ci ha dato una mano l'imposta di soggiorno". Una tassa, giusto?