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Quando gli “ordini dall’alto” di Botteghe Oscure salvarono Berlusconi dall’ineleggibilità

A raccontarlo al Manifesto è Luigi Saraceni, 76 anni, ex capogruppo del Pds nella giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera. Insomma, fu solo un “ordine dall’alto ai gruppi parlamentari dei Progressisti” a far dichiarare “eleggibile” Silvio Berlusconi.
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Dalema-Berlusconi

"Una legge già vecchia, ma valida e in vigore – il Dpr 30 marzo 1957 n ̊ 361 – che i deputati di centrosinistra e centrodestra decisero consapevolmente di ignorare quel famoso 20 luglio 1994 quando per la prima volta alla Camera ratificarono l’elezione di Silvio Berlusconi. Imprenditore proprietario di tre televisioni e dunque certamente «vincolato con lo stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica» cioè nella condizione prevista dalla legge per essere dichiarato ineleggibile". Proprio quando si avvicina il momento (a meno di deliberazioni particolari) in cui la Giunta per le elezioni del Senato della Repubblica della XVII legislatura sarà chiamata nuovamente ad esprimersi sulla posizione del Cavaliere, il Manifesto raggiunge Luigi Saraceni, nel '94 capogruppo dei Progressisti (la gioiosa macchina da guerra guidata da Achille Occhetto e sconfitta proprio da Silvio Berlusconi alle politiche) proprio nella giunta che decise di ignorare una "legge chiara", aprendo la strada ad una anomalia durata vent'anni. Una intervista di grande interesse (qui nella sua versione completa), anche perché Saraceni non ha dubbi nell'attribuire buona parte della responsabilità della decisione ad un ordine dall'alto giunto da Botteghe Oscure.

"Tutti sapevano che l’effettivo beneficiario della concessione era Berlusconi. Ritenere ineleggibile l’amministratore delegato della Fininvest e non il suo azioni- sta di riferimento era contrario al più elementare buonsenso", comincia Saraceni che poi ricorda, "quello che è certo è che come responsabile del centrosinistra nella Giunta fui scavalcato da una direttiva dall’alto del gruppo parlamentare e che qualcuno dei nostri si attenne a questa direttiva".

Insomma, una direttiva dall'alto (Saraceni non fa nomi, ma è chiaro che il pensiero va ai massimi dirigenti del Pds di allora), per un primo enorme "favore" a Berlusconi. Ma in cambio di cosa? "È sbagliato leggere tutto in chiave di «inciucio». Secondo me – e la cosa mi pare addirittura più grave – era l’effetto di un malinteso primato della politica, di una concezione, dura a morire anche a sinistra, secondo cui il consenso popolare deve prevalere anche sulla legalità".

Certo, come ricorda Saraceni, anche se il gruppo dei Progressisti avesse votato compatto per l’ineleggibilità, "sarebbe prevalsa la tesi contraria, perché eravamo minoranza" (anche se le assenze furono determinanti); ma ciò non basta ad "assolvere" il centrosinistra, dal momento che si trattò di una decisione poi confermata anche nel '96, quando ad essere in maggioranza erano i parlamentari della coalizione allora guidata da Romano Prodi.

Il punto è ovviamente riuscire ad andare oltre "il segreto della Giunta" e capire realmente come andarono le cose, anche per permettere alla Giunta del Senato di esprimersi in maniera corretta sulla questione. Ed è questo anche l'auspicio di Saraceni (che passerebbe però per una modifica del regolamento delle Camere, con tempi necessariamente lunghi): "Sarebbe ora che su una questione di tale rilevanza potes-se finalmente discutere pubblicamente un’aula del parlamento. E spero che nel contesto del «cambiamento» la nuova presidente della Camera Laura Boldrini faccia saltare questi arcaici segreti, per consentire a tutti di sapere come andarono effettivamente le cose e trarne appropriate conseguenze politiche".

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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