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Quando Giuseppe Conte difendeva il metodo Stamina

Nel 2013, Giuseppe Conte fu il legale della famiglia di Sofia, la bambina malata di leucodistrofia metacromatica simbolo della battaglia per la lbertà di cura e protagonista di una serie di servizi “di inchiesta” sul medoto Stamina di Davide Vannoni, metodo che anni dopo venne riconosciuto essere privo di qualsivoglia efficacia terapeutica.
A cura di Charlotte Matteini
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Indicato come papabile presidente del Consiglio del governo M5S-Lega, il nome di Giuseppe Conte è immediatamente salito alla ribalta e in queste ore stanno emergendo numerosi elementi relativi al suo passato. Oltre al sospetto "taroccamento" del curriculum vitae scoperto dal reporter del New York Times Jason Horowitz, su Giuseppe Conte è emersa un'ulteriore grana, grana che ha a che fare con il controverso e famigerato caso Stamina risalente al 2013. A quei tempi, il papabile presidente del Consiglio indicato da Di Maio e Salvini era il legale della famiglia Ciccuti, famiglia della piccola Sofia, malata di leucodistrofia metacromatica e tra le prime pazienti sottosposte alla "cura Stamina" ideata dal non medico Davide Vannoni. La battaglia legale della famiglia di Sofia venne portata alla ribalta da una serie di servizi realizzati da Giulio Golia de Le Iene e la polemica sul caso Stamina durò molti mesi, portando la comunità scientifica internazionale a scontrarsi duramente con l'opinione pubblica e la fazione dei cosiddetti sostenitori della "libertà di cura"- nonché promotori dell'efficacia di metodo Stamina, metodo che in seguito invece è stato riconosciuto essere una vera e propria truffa in quanto delle cellule staminali che Vannoni sostenenva essere presenti nelle infusioni non vi era alcuna traccia.

Che cosa c'entra il papabile futuro premier giallo-verde con il caso Stamina? Come detto, nel 2013 Giuseppe Conte era il legale della famiglia di Sofia e fu uno dei principali protagonisti della battagia in sede giudiziaria e dei servizi di "inchiesta" realizzati da Le Iene. Conte lavorò a un ricorso per ottenere da un giudice di Livorno il permesso per continuare le cure con il metodo Stamina, un metodo "sperimentale" senza alcuna efficiacia terapeutica verificata. La richiesta fu presentata al tribunale di Livorno in seguito al primo respingimento di un'azione legale simile presentata al foto di Firenze. Il ricorso al tribunale di Livorno fu reso possibile grazie al cambio di residenza della famiglia, che provò di avere vissuto “stabilmente nell’ultimo anno e mezzo dalla diagnosi di Sofia” nella zona del livornese. La battaglia della famiglia di Sofia divenne di importanza nazionale e provocò un intenso dibattito pubblico e politico, dibattito che portò anche il Movimento 5 Stelle a prendere posizione sulla vicenda e a sostenere pubblicamente l'efficacia del metodo Stamina nonostante l'assenza di qualsivoglia prova scientifica a sostegno della terapia.

La polemica sul caso Stamina è poi terminata dopo molti mesi con la bocciatura del metodo da parte della commissione del ministero della Salute e con la condanna di Davide Vannoni a 22 mesi di detenzione per associazione a delinquere. Nei panni di legale della famiglia di Sofia, si potrebbe sostenere che Conte all'epoca fece solamente il suo lavoro, ovvero difese gli interessi dei genitori della bambina che l'avevano scelto come avvocato, ma – come segnala il Manifesto – lo stesso Conte fu tra i promotori di una fondazione – la Voa Voa – creata appositamente durante il caso Stamina per sostenere la “libertà di cura”.

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