Quali sono le nuove tasse che il governo Meloni introdurrà nel 2024 per pagare la manovra
Il prossimo lunedì mattina il governo Meloni si riunirà nel Consiglio dei ministri e discuterà la legge di bilancio per il 2024. Sarà la prima volta che i ministri parleranno ufficialmente del testo, che si basa sulla situazione economica delineata dalla Nadef e potrà sfruttare i 15,7 miliardi di euro di deficit che il Parlamento ha approvato, nonostante le proteste dell'opposizione. Ma questi soldi non basteranno: il governo ha l'obiettivo di arrivare a circa 25 miliardi di euro per la manovra. Così, tra le varie opzioni per il taglio delle spese e l'aumento delle entrate, ci sono anche diverse misure fiscali: la nuova tassa sulle multinazionali, la tassa sugli extraprofitti delle banche e anche il taglio di alcuni sconti fiscali che oggi si possono detrarre dalle imposte.
La global minimum tax sulle multinazionali
La prima misura è l'imposta sulle multinazionali. Questa, chiamata anche global minimum tax, è nata da un'accordo dell'Ocse che poi è stato adottato anche dall'Unione europea, e l'Italia farà proprio a partire dall'anno prossimo. In sostanza, si vanno a tassare a un livello piuttosto basso, il 15%, quelle multinazionali che hanno sede in Italia e oggi pagano meno di questa percentuale, grazie alle condizioni offerte dai paradisi fiscali. Il viceministro dell'Economia, Maurizio Leo, ha confermato che lunedì le norme "sulla fiscalità internazionale, con l'introduzione della global minimum tax", saranno discusse.
La tassa ha uno scopo esplicito: "Porta gettito", ha detto Leo. Al momento però non ci sono indicazioni precise su quanti soldi potrebbe portare. Alcune stime hanno parlato di tre miliardi di euro, ma dato che è un'imposta nuova per tutta Europa non ci sono dei precedenti su cui basarsi, quindi è una previsione che potrebbe risultare troppo ottimista.
La tassa sugli extraprofitti delle banche
C'è poi la tassa sugli extraprofitti delle banche. Che ormai, però, è diventata più che altro una norma rivolta a rendere più solidi i capitali delle banche italiane, e non tanto un'imposta. In pratica, il governo ha previsto che ciascuna banca possa scegliere di non versare la tassa, se usa una quantità maggiore di soldi per consolidare il proprio patrimonio.
Sulla carta, le banche saranno chiamate a pagare il 40% dei loro extraprofitti (cioè i profitti in più fatti nel 2023 rispetto al 2021), perché nell'ultimo anno la Banca centrale europea ha alzato parecchio i tassi d'interesse e quindi sono aumentate anche le rate dei mutui, e di conseguenza le entrate degli istituti bancari. In pratica, però, il fatto che ci sia un'alternativa per non pagare l'imposta rende impossibile prevedere quante entrate ci saranno per lo Stato. Le stime iniziali, prima della modifica, parlavano di una cifra attorno ai due miliardi di euro. Il governo, però, non si è mai espresso ufficialmente sulla somma che intendeva ottenere dalla tassa sugli extraprofitti (anche se il ministro Salvini, annunciando la norma in conferenza stampa, aveva parlato di "alcuni miliardi di euro").
Il taglio degli sconti fiscali
Infine c'è quella che non è una tassa, ma una riduzione delle detrazioni fiscali. Che quindi si tradurrebbe, comunque, in più tasse da pagare. Il governo ha ribadito più volte che una parte delle entrate per la riforma fiscale potrà essere finanziata tagliando gli sconti fiscali. Si tratta di detrazioni e deduzioni di varia natura che nel complesso vengono chiamate ‘tax expenditure'.
Nel 2022, queste detrazioni erano 626 in tutto, e sono ‘costate' allo Stato 83 miliardi di euro in mancate entrate. Altre 114 riguardano le imposte locali. Quelle più sostanziose, comunque, sono molte di meno: parecchi sconti fiscali riguardano gruppi decisamente ridotti di contribuenti, perché si riferiscono a spese specifiche. Una stima di Maurizio Leo è che il governo potrebbe incassare circa 800 milioni di euro, con una riduzione mirata delle tax expenditures. Il governo si è già impegnato a non tagliare le deduzioni che riguardano alcuni settori (spese mediche, scuola, efficientamento energetico…).