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Quale potrebbe essere la proposta di Renzi sulla legge elettorale

Il segretario del Partito Democratico intenderebbe rilanciare una vecchia proposta con doppio turno di coalizione, preferenze e controllo delle spese elettorali. Ecco di cosa si tratta.
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Non c'è alcun dubbio sul fatto che la modifica della legge elettorale sia una priorità assoluta per Governo e Parlamento, soprattutto dopo la decisione della Consulta di abbattere il Porcellum nelle sue parti fondamentali, liste bloccate e premio di maggioranza. Così come non vi è alcun dubbio sul fatto che sulle modifiche della legge elettorale si giochi una partita più ampia, che investe anche gli equilibri futuri a livello politico – istituzionale. Per la verità, si tratta di considerazioni condivise da settimane, mesi, anni, con "l'urgenza di cambiare il Porcellum" che è una delle locuzioni più usate dai politici negli ultimi 8 anni e, ovviamente, uno dei cavalli di battaglia di Letta (come ci ricorda Valigiablu).

In ogni caso, nella considerazione di essere giunti al punto di non ritorno, negli ultimi giorni qualcosa sembra essersi mosso, con lo "scippo" ai danni del Senato (dove la discussione era evidentemente impantanata) e il cambio di marcia del Pd, almeno nelle intenzioni di Matteo Renzi. E proprio il segretario del Partito Democratico insiste da tempo su un modello di legge elettorale che si avvicini il più possibile "all'unica che funziona, quella dei Sindaci". In tal senso, è opinione comune e avvalorata dalle prime conferme più o meno ufficiali che Renzi potrebbe optare in maniera convinta per la discussione di un vecchio disegno di legge, presentato da un gruppo di parlamentari democratici a maggio. A spiegarlo nel dettaglio è Il Messaggero:

"Si tratta di una proposta di legge depositata alla Camera e firmato da deputati di un po’ tutte le aree del Pd, dal 10 dicembre si trova in prima commissione per essere esaminato, discusso e possibilmente approvato. È il Renzellum. E’ la proposta che traduce nel modo più vicino al volere del nuovo leader l’indicazione del «sindaco d’Italia», progetto sostenuto fra gli altri dal professor Roberto D’Alimonte, molto ascoltato dai democrat e non solo. Prevede un doppio turno di coalizione se nessuno al primo turno supera la soglia del 40 per cento; affronta il problema del Senato con l’attribuzione del premio sul piano nazionale ma ripartito su base regionale; contempla le preferenze ma con apposite e restrittive norme per le spese elettorali; e prevede il ridisegno di circoscrizioni più piccole su base provinciale, con il che la legge assume aspetti più maggioritari".

Più nel dettaglio, la proposta, recante la dicitura "Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e al testo unico di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533. Introduzione del doppio turno di coalizione per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica", parte da un presupposto chiaro: "Il dovere di proseguire sulla strada della realizzazione di una compiuta democrazia dell’alternanza che rimane l’obiettivo fondamentale di chi sogna un Paese normale". E da obiettivi altrettanto cristallini: "Correggere gli aspetti problematici segnalati dalla Corte costituzionale;  assicurare, al tempo stesso, la formazione di maggioranze politiche stabili nel Parlamento; ricostruire un corretto rapporto tra elettori ed eletti attraverso l’espressione di un voto personale che consenta ai cittadini di esprimere la propria preferenza non solo nei confronti di un partito politico, ma anche nei confronti di un singolo rappresentante".

In primis, secondo i promotori della legge, bisognerebbe dunque trovare meccanismi che consentano di evitare la "disparità di trattamento tra il peso dei voti degli elettori della coalizione di liste vincente e quello dei voti delle altre liste", evitando distorsioni e iniquità (come la consegna di un enorme premio di maggioranza in presenza di uno scarto numerico minimo): la soluzione è dunque individuata nella soglia del 40 percento di voti. Ad onor del vero va detto che in direzione della definizione di una soglia minima cui legare il premio di maggioranza si erano mossi, nella scorsa legislatura, i partiti di centrodestra, con la contrarietà del Pd e l'impossibilità di giungere ad un compromesso accettabile.

La governabilità sarebbe invece garantita, qualora nessuna coalizione raggiungesse il 40% dei consensi, dall'assegnazione del premio di maggioranza nel turno di ballottaggio. Un meccanismo che varrebbe per entrambi i rami del Parlamento, con la precisazione della ripartizione su base regionale del premio di maggioranza per il Senato. Sulla questione delle liste bloccate infine, la proposta è chiara: ridefinizione delle circoscrizioni territoriali su base provinciale, liste plurinominali con doppia preferenza di genere (facoltativa) e conseguente contenimento delle spese elettorali per singolo candidato.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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