Qatargate, perché il giudice Claise ha lasciato l’inchiesta sulla corruzione nel Parlamento europeo
Dopo sette mesi dal momento in cui l'inchiesta legata allo scandalo Qatargate è diventata nota al pubblico, il giudice istruttore Michel Claise ha deciso di lasciare la guida delle indagini. Lo ha annunciato lunedì la procura federale belga, citando la comparsa di "elementi che potrebbero sollevare alcune domande sul funzionamento oggettivo dell'indagine", anche se finora non erano emersi fatti che potessero "mettere in dubbio la correttezza di ogni persona coinvolta".
A che punto sono le indagini sul Qatargate
Il Qatargate è il caso mediatico legato alla scoperta di una presunta rete di corruzione e influenze, all'interno del Parlamento europeo, da parte di alcuni Paesi terzi. A essere coinvolti dalle indagini sono stati soprattutto esponenti del gruppo S&D, e anche diversi italiani. Dopo un lungo lavoro sotto traccia, il 9 dicembre 2022 sono scattati gli arresti per molte delle persone che si presumeva fossero coinvolte: in alcuni casi, come quello dell'ex vicepresidente del Parlamento Ue Eva Kaili, dopo alcuni mesi è arrivata l'uscita dal carcere preventivo senza ulteriori elementi; in altri, come per Antonio Panzeri, considerato la figura chiave dell'operazione, una confessione è invece stata ottenuta.
Secondo quanto emerso, però, dopo l'iniziale ritrovamento di oltre un milione e mezzo di euro in contanti che aveva rappresentato una svolta per gli inquirenti, ci sarebbe stata una maggiore difficoltà a portare avanti le indagini. Sono passati sette mesi, come detto, e pare che non sia ancora chiaro il quadro in cui gli eventuali contatti avvenivano, e neanche la responsabilità precisa di ciascuna delle persone che si presume fossero coinvolte. Ma non è per questo che Claise ha lasciato il caso: l'inchiesta, infatti, sta continuando sotto la guida di Aurélie Dejaiffe.
Il motivo per cui il giudice Claise ha abbandonato le indagini
A sollevare il caso è stato Maxim Toeller, avvocato del parlamentare europeo Marc Tarabella. In una lettera che, secondo la stampa belga, sarebbe stata recapitata a Claise proprio poche ore prima delle sue ‘dimissioni'. In particolare, il problema ruoterebbe attorno al nome di Maria Arena, eurodeputata belga.
Arena è stata indicata dalla polizia giudiziaria, fin dall'inizio delle indagini, tra le persone potenzialmente coinvolte nel Qatargate. Eppure su di lei non sono state applicate le misure cautelari che invece sono state rivolte ad altri. La scoperta fatta dall'avvocato Toeller è che il figlio di Arena, il 32enne Ugo Lemaire, sarebbe socio in affari del figlio di Claise, il coetaneo Nicholas, in un'azienda che vende derivati dalla cannabis. Secondo Toeller, ci sarebbe anche stato un poliziotto informato della cosa che avrebbe evitato di comunicare l'informazione alla Procura federale di Bruxelles.
Il conflitto di interessi appare lampante, ma Claise in passato non l'ha mai menzionato e non ha deciso di ritirarsi dalle indagini, fino a lunedì. Ora gli avvocati degli altri imputati sollevano dubbi sull'intero lavoro svolto dagli inquirenti. "Ci siamo chiesti perché Maria Arena non fosse stata mai interrogata da Claise", hanno detto i legali di Eva Kaili, che hanno definito la notizia "una sorpresa sconcertante".