Qatargate, avvocato Kaili: “Magistrati le hanno suggerito di dirsi colpevole per essere scarcerata”
I legali dell'ex vicepresidente del Parlamento europeo, Eva Kaili, in carcere per il suo coinvolgimento nello scandalo Qatargate con l'accusa di corruzione, hanno denunciato che i magistrati belgi avrebbero fatto pressioni alla loro assistita, suggerendole di di dichiararsi colpevole, in modo da ottenere la scarcerazione e poter così rivedere la sua bambina di 23 mesi.
L'accusa è stata lanciata da Michalis Dimitrakopoulos, che nei giorni scorsi aveva già puntato il dito contro i metodi della giustizia belga, accusata di tenere Kaili in carcere in una condizione di "tortura" e annunciando anche un ricorso alla Corte suprema.
"Dal pomeriggio di mercoledì 11 gennaio al venerdì 13 gennaio Eva Kaili è stata messa in isolamento su decisione del giudice istruttorio. È stata tenuta per 16 ore in una cella di polizia, non in prigione, al freddo, le è stata negata una seconda coperta, hanno preso il suo cappotto, la luce era costantemente accesa, non permettendole di dormire, ha avuto le mestruazioni e non le è stato consentito di lavarsi. Questa è tortura", aveva denunciato ai giornalisti Michalis Dimitrakopoulos, al termine dell’udienza al Tribunale di Bruxelles di convalida del carcere per Kaili.
Il nuovo attacco è stato riportato oggi dal Corriere della Sera. "Dal primo momento hanno proposto a Eva Kaili di dichiararsi colpevole per essere scarcerata e poter così finalmente riabbracciare sua figlia", ha detto Dimitrakopoulos, precisando però che la sua assistita, che si dichiara fin dal primo giorno innocente, ha sempre rifiutato l'offerta fatta dalla magistratura belga.
Kaili sostiene di non aver mai favorito Qatar o Marocco nella sua attività di deputata europea e vicepresidente del Parlamento, ma di essersi limitata ad allinearsi alle posizioni del suo gruppo politico.
Nessun’ammissione di colpevolezza neppure sulle valigie piene di denaro trovate nella casa che condivideva con il compagno Francesco Giorgi, ex assistente di Panzeri: di quei 750mila euro in contanti trovati dagli inquirenti, è la tesi della difesa, Kaili non avrebbe saputo nulla fino a poche ore prima dell’arresto, quando, una volta venuta a conoscenza di quesi soldi, chiese al padre di venire a prenderli e portarli con un trolley al proprietario, cioè l'ex eurodeputato Antonio Panzeri.
"Nonostante il fatto che stare lontana dalla sua bambina sia la più grande tortura psicologica, lei non ha accettato di confessare qualcosa che non ha fatto", ha aggiunto l'avvocato, secondo cui Kaili "non vuole che sua figlia erediti lo stigma di una madre che è stata una donna politica corrotta, perché non è vero".
"Con questi pensieri nella mente – ha detto ancora al Corriere Dimitrakopoulos – ha dato battaglia in Camera di consiglio pronunciando con dignità parole chiare e fornendo argomenti concreti per essere rimessa in libertà: senza tentare di commuovere nessuno, ma solo per convincere della sua innocenza".
Per gli inquirenti belgi invece Kaili era perfettamente inserita in quel sistema corruttivo, che Panzeri pilotava, insieme a Francesco Giorgi. Per questo è stato deciso di prolungare la custodia cautelare in carcere della donna, per almeno un altro mese.