![Montevarchi: la crudeltà del pasto negato](https://staticfanpage.akamaized.net/wp-content/uploads/2025/02/Screenshot-2025-02-11-100315-1200x675.jpg)
Togliere il pane di bocca ai bambini dei genitori che non pagano la mensa scolastica.
Dai, è uno scherzo? No, è l’umiliazione della scuola modello Valditara nella sua applicazione pratica del Comune di Montevarchi, che ha deciso di punire i bambini per raddrizzare i genitori. L’idea è più o meno questa: costringere i genitori a pagare ascoltando le lamentele dei bambini quando tornano a casa: “Mamma, ho fame!”
Se mi metto a pensare alle cose più diseducative che puoi fare a un bambino, l’azione di togliergli il pasto e concedergli solo una fetta di pane con un po’ d’olio sopra “e rizzati”, come si dice dalle mie parti per dire “ora accontentati e non rompere”, sta sicuramente sul podio.
È un’azione così diseducativa che potrebbe giocarsela con il bruciare l’orsacchiotto con cui dorme, negargli i baci della buonanotte o tenerlo per punizione con le ginocchia sui ceci dietro la lavagna. Anche se in ginocchio sui ceci, riflettendoci, sarebbe comunque meglio che togliergli il cibo mentre i compagni di banco mangiano a piene ganasce di fronte a lui.
C’è una frase, che ricordiamo tutti, detta o ascoltata a ricreazione mentre da piccoli mangiavamo la merenda: “Mi dai un pezzettino?” con la sua variante “un morsino”. Era un modo per condividere, perché i bambini e le bambine lo sanno da sempre: è più saporito il cibo compartecipato; ha un sapore di abbondanza il cibo che non si sottrae all’assaggio del compagno di banco.
Oggi, invece, siamo di fronte a un modello di società punitiva, che però non punisce mai i colpevoli. Se la prende con i più fragili, in questo caso figlie e figli minorenni, bambini e bambine all’ora di pranzo.
Io la scena me la immagino così: “Hai fame? Senti un po’, nanetto, se i tuoi genitori non pagano al massimo ti prendi un pezzo di pane, ci metti sopra un po’ di sale come si fa con i bocconcini per le capre, e se non ti basta sono fatti tuoi. Qui non siamo alla mensa popolare. Sì, quello di fronte a te è Luigino, lui mangia una carbonara perché i suoi genitori hanno aperto il portafoglio. Tu invece hai i genitori poveri. E ora passiamo alla verifica di italiano”.
A cosa serve studiare le grotte, le ere e le clave, se siamo tornati a quell’epoca?
A cosa serve studiare le tabelline, se la lotta di classe oggi la fanno i politici sulla pelle degli imberbi?
Quale scopo ha studiare la grammatica, la poesia, la differenza fra supplizio e giustizia, se non si insegna che il nutrimento è (dovrebbe essere) un diritto anche di chi non ha i soldi per pagare?
La dieta sbilanciata di un bambino non vale cinquanta euro in più nelle casse comunali al termine del mese.
Diciamolo con chiarezza: nutrire un bambino di sette od otto anni, a pranzo, insieme alle sue compagne e ai suoi compagni di classe, non dovrebbe essere premiale. Mangiare seguendo una dieta equilibrata non dovrebbe riguardare la capacità dei genitori di pagare la mensa oppure no. Di più: anche se i genitori fossero ricchissimi, e decidessero di non pagare per qualsiasi motivo sbagliato al mondo, punire i bambini sarebbe comunque un errore.
La scuola deve formare, non affamare.
L’umiliazione di un pasto senza companatico non forma bambini e bambine consapevoli. Il passo dopo sono le bacchettate sulle mani e i calci negli stinchi.
La scuola deve accompagnare, non togliere le verdure dalla bocca. Bisogna insistere perché i bambini mangino frutta e carote, non levargliele dalla bocca.
Eravamo il Paese di Montessori e don Milani, stiamo diventando quello di Pinochet.
Il Comune di Montevarchi ha precisato: “Quasi tutti i meno abbienti pagano, sono gli altri a fare i furbetti”.
Punto primo: l’uso distorto della parola “quasi”, come se la minoranza di bambini i cui genitori non possono pagare, non fosse rilevante perché sono numericamente pochi. Eppure anche i biondi sono minoranza, o le persone calve; anche i preti sono minoranza, oppure gli idraulici, o le persone più alte di un metro e novanta centimetri. E allora? Siamo tutti minoranza di qualcosa. Da quand’è che minoranza non ha rilevanza?
Da quand’è che essere minoranza concede alla maggioranza il diritto di essere tralasciati?
Punto secondo: chissà se sono davvero “quasi” solo gli “abbienti furbetti” a non pagare. Perché il Comune di Montevarchi numeri non ne dà, e io di chi toglie il cibo di bocca ai bambini che hanno fame tendo a non fidarmi. Sarò io troppo sospettoso, chissà.
Di questa vicenda rimane in bocca un sapore amaro, di possibilità tolta alle persone più piccole della nostra società, quelle che costruiranno il domani, quelle che un giorno – quando saranno cresciute – ricopriranno anche cariche pubbliche, e dovranno magari decidere il bilancio di un Comune per il sociale. Cosa sceglieranno, se hanno subito l'insegnamento della privazione?
Questo mi fa male più di ogni altra questione: crescere una bambina o un bambino con un’idea punitiva, subita o a cui ha dovuto assistere. E mi fa male perché anche questa è violenza: lo sguardo che non puoi togliere di fronte a un’ingiustizia che non puoi fermare.
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