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Protezione speciale, Salvini spara cifre a caso: “Solo il 6% dei permessi convertiti in lavoro”. Ma è falso

Matteo Salvini snocciola cifre completamente inventate sui permessi per protezione speciale convertiti in permessi per motivi di lavoro: “In tre anni concessi più di 46.000 permessi, per cercare lavoro, e solo 2.600 sono stati convertiti in contratti, appena il 5%”. Ma è falso.
A cura di Annalisa Cangemi
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Il vicepremier leghista Matteo Salvini fa confusione con le cifre dei permessi di soggiorno per protezione speciale, la forma di protezione di durata biennale, rinnovabile, che il governo Meloni ora vuole cancellare, e che viene rilasciata dopo una valutazione dei casi da parte della Commissione Territoriale a coloro che non hanno le caratteristiche per ottenere lo status di rifugiato né la protezione sussidiaria.

Il ministro sostiene che "dal 2020 ad oggi meno del 6% dei permessi speciali rilasciati si sono trasformati in lavoro, regalando oltre 40mila persone all'illegalità e alle mangiatoie". Ieri aveva fornito tra l'altro numeri lievemente diversi, dicendo che in tre anni "sono stati concessi più di 46.000 permessi, per cercare lavoro, e solo 2.600 sono stati convertiti in contratti, appena il 5%", per cui, dice, la protezione speciale non ha funzionato e quindi è giusto toglierla. Ma andiamo ai dati reali.

Nel 2022 (fonte Eurostat) sono stati 10.865 gli stranieri beneficiari di protezione speciale, il numero più alto tra le tre tipologie di protezione, cioè status di rifugiato e protezione sussidiaria. Le domande accolte per questa tipologia sono salite del 5% rispetto al 2021. Lo status di rifugiato è stato concesso a 6.161 persone, la protezione sussidiaria è stata assegnata ad altre 6.770.

I due canali previsti per il rilascio della protezione speciale

Il permesso di soggiorno per protezione speciale è stato introdotto dalla legge 132/2018, il decreto Sicurezza di Salvini (che ha cancellato la protezione umanitaria) e successivamente, durante il governo giallo-rosso, il governo Conte 2, è stato modificato dal dl 130/2020 (decreto Lamorgese), emanato nel mese di ottobre, che ha ampliato notevolmente i presupposti per il suo rilascio. Oltre al canale di accesso dei richiedenti asilo, il permesso per protezione speciale può essere chiesto dai cittadini stranieri direttamente alla Questura, anche al di fuori delle procedure previste per il riconoscimento della protezione internazionale.

Dopo un lungo contenzioso infatti la Commissione Nazionale sul diritto di asilo, con la circolare del 19 luglio 2021, ha chiarito che il permesso per protezione speciale può essere ottenuto dallo straniero tramite due diversi procedimenti. Il primo coincide con quello delineato dall'art. 32 coma 3 del d.lgs 25/2008, e prevede la concessione della protezione al cittadino straniero richiedente asilo attraverso la trasmissione degli atti al questore da parte della Commissione Territoriale, che ha ravvisato motivi per non respingere lo straniero; il secondo permette appunto allo straniero di rivolgersi direttamente al questore per ottenere il permesso (che sarà comunque rilasciato previa acquisizione del parere della Commissione Territoriale, che accerterà la presenza di tutti i requisiti).

Altro che flop: perché Salvini mente sulla protezione speciale

Questo è un primo passaggio fondamentale per comprendere quanto Matteo Salvini manipoli le cifre a suo piacimento: nella quota complessiva dei 10.865 beneficiari di protezione speciale l'anno scorso, e nella quota 46.000 in tre anni di cui parla Salvini, non è possibile distinguere i due canali. Del secondo procedimento non è possibile al momento reperire stime ufficiali.

Salvini snocciola i numeri dei permessi concessi negli ultimi "tre anni", ma come si vede non sono ancora trascorsi tre anni da quando è stato esplicitamente stabilito che la domanda per i permessi per protezione speciale può essere fatta dallo straniero in Questura, cosa che è stata chiarita come abbiamo visto solo luglio 2021.

La durata della protezione speciale poi è di due anni, per cui in molti casi, ammesso che la procedura sia stata completata, i permessi non sono ancora scaduti, e quindi lo straniero, che nel frattempo magari ha trovato un'occupazione, potrebbe non aver fatto ancora domanda per convertire la protezione speciale in permesso in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro (subordinato o autonomo).

Le questure però come sappiamo sono ingolfate e procedono a rilento: in molti casi non è ancora arrivata a definizione la domanda per ottenere la protezione speciale, e per la stessa procedura di conversione a volte possono servire anche più di due anni.

"Quando uno straniero si reca in questura con il suo permesso di soggiorni in scadenza, e chiede il rinnovo o la conversione, soprattutto nelle grandi città, come Roma o Milano, ci impiegano anche più di due anni, cioè un tempo più lungo della stessa durata del permesso di soggiorno. Salvini probabilmente sta contando solo quei pochi che sono già riusciti ad avere il permesso di soggiorno è l'hanno già convertito. Cosa che magari può essere successa nelle piccole province, dove le questure hanno poche richieste. I numeri che dà il ministro non ci dicono assolutamente nulla", ha detto a Fanpage.it Filippo Miraglia, vicepresidente di Arci.

"Il ministero dell'Interno non fornisce i dati, ma è un fatto che fino a luglio 2021 il Viminale non accettava le domande dirette al questore. Per quanto riguarda questo canale, le domande che sono arrivate a definizione sono molto poche, perché i tempi delle questure e delle Commissioni Territoriali sono molto lunghi: nella migliore delle ipotesi ci vuole un anno, è questo il vero scandalo. Per esempio la scorsa settimane ho depositato un ricorso contro un diniego di protezione speciale per una domanda presentata a giugno 2021, per la quale è arrivata la notifica solo 30 giorni fa – ha spiegato l'avvocata Nazarena Zorzella (Asgi) – Nella maggior parte dei casi le domande di protezione speciale devono ancora essere definite e la conversione, con l'eventuale trasformazione in permesso di lavoro, può essere fatta solo alla scadenza. I dati che sta dicendo Salvini sono delle emerite bugie, non si capisce da dove li tragga. Il ministro non sa di cosa parla".

Impossibile quindi considerare questo strumento un fallimento, senza avere in mano delle cifre reali e aggiornate. Il tempo insomma sembra contraddire totalmente la tesi di Salvini. Quando il ministro afferma infatti che su 46.000 permessi rilasciati in tre anni, solo 2.600 sono stati convertiti in contratti, sta dicendo una falsità: intanto perché non sono ancora passati tre anni da luglio 2021, ma appena un anno e mezzo, e poi perché in ogni caso numeri ufficiali sulle domande che gli stranieri fanno autonomamente in Questura non ce ne sono. E anche se ce ne fossero, è ancora presto per fare un bilancio, perché la maggior parte dei permessi rilasciati è ancora valido, e non c'è stato il tempo materiale per eventualmente trasformarli in permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Altro che flop.

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