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Elezioni europee 2024

Propaganda di governo e occupazione dei media: come Giorgia Meloni sta costruendo la vittoria alle Elezioni Europee

La campagna elettorale della presidente del Consiglio è stata un crescendo: presenza massiccia in tv e sui media, annunci a raffica e provvedimenti elettorali come se piovesse. È mancato soltanto l’annuncio epocale alla “aboliremo l’ICI” di berlusconiana memoria.
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Tutto sommato, era abbastanza prevedibile che l’intera campagna elettorale per le Elezioni Europee sarebbe stata influenzata dall’anomalia di una presidente del Consiglio in carica che si candidava alle elezioni per un mandato, quella da parlamentare europea, che dichiaratamente non avrebbe avuto intenzione di onorare. E così è stato. In un crescendo graduale ma netto, Giorgia Meloni ha monopolizzato il dibattito sulle Europee, personalizzando la contesa dell’8 e 9 giugno e lasciando solo le briciole a quei contendenti che non sono stati così attenti o fortunati da inserirsi nel suo frame narrativo. Gli ultimi giorni, in tal senso, sono stati particolarmente eloquenti e anticipano quelli che saranno i risultati delle urne.

Sfruttando la sovrapposizione fra la figura di presidente del Consiglio, di capolista in tutte le circoscrizioni per le Europee e di leader del primo partito italiano, Giorgia Meloni ha letteralmente occupato la scena mediatica. TeleMeloni ha strabordato oltre RaiUno e RaiDue, fino a inglobare tutte le altre emittenti, che hanno (giustamente) dovuto trasmettere gli interventi della presidente, le interviste alla leader di partito e la campagna elettorale della candidata. Pur evitando accuratamente le conferenze stampa aperte a tutti, le trasmissioni non allineate e i giornali non schierati, Meloni ha saputo sovrapporre livelli e piani, determinando con grande scaltrezza i temi del dibattito pubblico. Sfruttando la sua posizione, è andata sui grandi classici: la sanità, i migranti, i bonus. Riuscendo nella non semplice impresa di rivendicare successi clamorosi e svolte epocali, nonostante abbia raggranellato pochissime risorse e ottenuto ancor meno risultati.

Sulla sanità, dopo aver per settimane ripetuto una cosa vera nella forma ma falsa nella sostanza (il “record” di fondi per il SSN), Meloni ha presentato un progetto per la riduzione delle liste d’attesa. Un problema enorme per i cittadini, la manifestazione più evidente del dissesto della sanità pubblica, per risolvere il quale il governo neanche stavolta mette risorse adeguate, limitandosi a una dichiarazione d’intenti e a qualche palliativo. Un brodino caldo, come segnalato dalle principali sigle degli operatori sanitari, spacciato per la panacea di tutti i mali della sanità pubblica.

Sui migranti, se possibile, ancora peggio. Da presidente del Consiglio, Meloni si è concessa una passerella in Albania (e ovviamente in tutti i tg) per spacciare come risultato epocale quello che è forse il più grande smacco della storia recente del nostro Paese: un membro del G8, una potenza economica mondiale, che va a pagare a carissimo prezzo un altro Stato perché gestisca sul suo territorio poche migliaia di migranti (poche davvero) e consenta di abdicare alle proprie responsabilità in tema di accoglienza e salvaguardia dei diritti. Non contenta, la leader di Fratelli d'Italia si è accorta che il decreto flussi è una gigantesca fabbrica di irregolarità e che è un provvedimento concepito male strutturalmente: cose che le associazioni e le ONG dicono da anni, tra le scrollate di spalle della politica. Ovviamente, lo ha fatto per corroborare l'idea del "pugno di ferro" contro l'immigrazione, nel tentativo di recuperare qualche voto a destra. Qualche giorno prima, del resto, Meloni si era accorta che la Bossi – Fini è una pessima legge e lo aveva fatto sapere ai giornali amici, che non avevano mancato di annunciare l'ennesima svolta epocale e definitiva sull'immigrazione. Siamo alla quindicesima svolta epocale da settembre 2022, se la memoria non ci inganna.

Anche volendo tralasciare sanatorie e prebende varie, in tipico stile pre-elettorale (un costume comune a quasi tutti i suoi predecessori, vale la pena di sottolinearlo), merita un capitolo a parte l'incredibile vicenda della carta Dedicata a Te, cavallo di battaglia del ministro Lollobrigida. A due giorni dal voto, ci è toccato assistere addirittura a una conferenza stampa in pompa magna, per una carta che sarà consegnata e operativa… Tra due o tre mesi. Un colpo di teatro, dobbiamo riconoscerlo. Una piccola perla di questa campagna elettorale, che rivaleggia con la vicenda del Redditometro: un provvedimento pubblicato in Gazzetta Ufficiale e sospeso da un post sul profilo Instagram di Giorgia Meloni, assurto a norma di rango superiore. Non siamo ancora all'abolizione dell'ICI dell'ultimo minuto di campagna elettorale di berlusconiana memoria, ma la tendenza è quella ed è interessante.

Vedete, il punto è semplice: Meloni ha scelto di fare all in in queste elezioni per una serie di ragioni, tutte validissime. Deve rafforzare la sua immagine internazionale, dare a ECR un risultato eclatante, confermare la sua leadership solitaria e inscalfibile nel Paese, in modo da blindare il percorso di riforme istituzionali e aprire la fase due della sua reggenza a Chigi. Non può bastarle aumentare la pattuglia di parlamentari di Fdi a Bruxelles/Strasburgo, la presidente del Consiglio deve mettere sul piatto una valanga di consenso personale per consolidare la sovrapposizione fra leader di partito, capo del governo e interprete del "cambiamento da destra" che probabilmente interesserà l'intera Europa. Ha fatto quello che riteneva necessario, senza alcuna remora. Probabilmente avrà successo (quasi certamente a parere di chi scrive), ma l'anomalia del quadro politico italiano è evidente e sempre più preoccupante.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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