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Prodi contro Meloni: “Pericoloso usare il voto democratico per giustificare derive autoritarie”

Romano Prodi critica la strategia comunicativa della premier Giorgia Meloni e prevede una svolta politica dovuta allo scontento crescente. L’ex presidente del Consiglio riflette su economia, immigrazione e il futuro dell’opposizione.
A cura di Francesca Moriero
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Secondo Romano Prodi, l'Italia sta entrando in una fase di cambiamento profondo e "il tempo in cui un governo poteva scaricare la responsabilità su chi l'ha preceduto è terminato". L'ex premier sostiene che questo rappresenti una svolta epocale: "Si apre una nuova fase, in cui non sarà più sufficiente puntare il dito contro gli errori passati, perché la gente chiede soluzioni concrete".

La critica è diretta alla premier Giorgia Meloni e alla sua retorica aggressiva, che secondo il Professore ed ex premier è destinata a logorarsi. "Mantenere toni esasperati per lungo tempo consuma chi li usa", avverte, e aggiunge: "Lo scontento cresce e si aprono nuovi spazi per proposte alternative".

Industria in difficoltà e carenza di manodopera

In una lunga intervista a Repubblica, Prodi osserva che l'economia mostrerebbe segnali preoccupanti: se alcuni settori, come il turismo e i servizi, registrano una crescita, l'industria, cuore produttivo del Paese, segnerebbe invece il secondo anno consecutivo di contrazione. "Un dato che non può essere ignorato, perché è l’industria che garantisce stabilità economica e posti di lavoro duraturi".

Un altro problema, secondo Prodi, è la mancanza di lavoratori. L'ex presidente della Commissione Europea non ha dubbi: "L’immigrazione incontrollata è insostenibile, ma una politica migratoria regolata sarebbe possibile e necessaria. Tuttavia, prevale la paura, che paralizza ogni scelta razionale". Il riferimento è anche alle difficoltà del governo nel risolvere il problema della carenza di manodopera, soprattutto in settori chiave come l'agricoltura e l'edilizia.

L'ombra del trumpismo e la crisi della democrazia

Prodi individua un filo conduttore tra la strategia di Meloni e quella di altri leader della destra radicale: "Ha scelto il trumpismo come modello di legittimazione politica, proprio come Elon Musk sta facendo con l'AfD in Germania. È un processo pericoloso: si usa il voto democratico per giustificare derive autoritarie".

L'ex premier mette in guardia dal rischio di una democrazia svuotata dall'interno: "L'idea che vincere le elezioni significhi avere il diritto di governare senza limiti è un errore grave. La democrazia non è solo il momento elettorale, ma il rispetto delle regole e degli equilibri istituzionali".

L'attacco personale: il caso Li Gotti

Prodi si dice sorpreso dall'attacco ricevuto direttamente da Giorgia Meloni. Durante l'evento Atreju, la premier ha insinuato che l'ex presidente del Consiglio fosse dietro l'esposto presentato dall'avvocato Luigi Li Gotti, in merito alla vicenda di Almasri, il generale libico arrestato a Torino e poi rilasciato, nonostante un mandato della Cpi, per un "cavillo tecnico": "Non ho mai incontrato questa persona e trovo incredibile che si possa costruire una simile accusa", commenta Prodi. Dietro questa strategia vede un calcolo politico: "Non credo che Meloni creda davvero a ciò che dice, ma pensa che le convenga dirlo. È un errore: la tensione costante logora e alla lunga non paga".

L'Ulivo e il futuro del centrosinistra

Guardando al passato, Prodi ricorda come nacque l'Ulivo: "In pochi giorni si formarono migliaia di comitati spontanei. Non fu un progetto imposto dall’alto, ma una risposta a una domanda di cambiamento che veniva dal basso". Un'energia che, secondo lui, oggi manca. Tornando all'epoca del confronto con Silvio Berlusconi, Prodi racconta un aneddoto: "Lui sottovalutò il mio progetto, lo considerava irrilevante. Disse ai suoi: ‘Lasciatelo fare, è solo un pellegrino', Ma sbagliava.” Oggi, il centrosinistra dovrebbe imparare da quella lezione: "Un'alleanza tra Pd, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi-Sinistra, Più Europa, Azione e Italia Viva è possibile, ma solo se si parte dai contenuti e non dalle leadership". E precisa: "La politica non può ridursi a dire che mancano risorse. Bisogna spiegare come si vogliono riformare la sanità, il lavoro, la casa. Senza un progetto chiaro, tutto diventa solo cinismo". L'ex premier si sofferma poi anche sulla questione della leadership nel centrosinistra: "Il Pd di Schlein ha fatto passi avanti, ma nessun partito in Europa può vincere da solo. Servono alleanze". Sulla figura del federatore, è chiaro: "Non sono io a doverlo scegliere. Questo ruolo non si assegna, si conquista sul campo. La competizione è aperta per tutti, Schlein e altri".

L’intervista si chiude con una battuta: "Meloni può stare tranquilla. Non sarò io a guidare questa partita. Ma il tempo dell'alibi è finito e il vento sta cambiando".

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