Prodi contro Meloni: “Obbedisce a Usa e Ue, per questo la apprezzano. È più insidiosa di Berlusconi”
La destra di Giorgia Meloni è "più insidiosa" di quella di Silvio Berlusconi. A dirlo è l'ex premier ed ex presidente della Commissione europea Romano Prodi, 85 anni, che nei giorni scorsi aveva già criticato la presidente del Consiglio, solo per essere attaccato a sua volta dal palco di Atreju: "Quando ho letto questi improperi isterici di Prodi ho brindato alla mia salute. Siamo ancora dalla parte giusta della storia", aveva affermato Meloni.
Ora l'ex leader del centrosinistra è tornato a parlare: intervistato dal Corriere, prima ha ribadito che "questa destra è più insidiosa di quella guidata da Silvio Berlusconi", poi ha commentato le parole di Meloni: "Ritengo l’attacco personale che mi ha riservato un segno di grande debolezza e insicurezza". Più in generale, "quanto abbiamo ascoltato alla festa di Atreju dice che FdI si rifà a radici estremistiche e verbalmente violente", ha detto. "Sono loro a essersi messi a destra di Berlusconi. Oggi Forza Italia è l’area moderata della coalizione". Una coalizione che oggi vince, ma solo grazie alle "divisioni del centrosinistra".
"Meloni ha obbedito a Biden e a Trump, a Orbán e a von der Leyen"
A suscitare l'ira della premier era stato soprattutto il fatto che Prodi l'avesse definita "obbediente", e per questo apprezzata all'estero. "Dalla svendita dell'Iri fino a come l'Italia è entrata nell'euro, all'accordo nel Wto, Prodi dimostra che di obbedienza se ne intende parecchio", aveva risposto da Atreju.
L'ex presidente del Consiglio ha però ribadito: "Quanto ho detto è un semplice indizio politico. Possiamo fare anche l’esame analitico, se si vuole. Ribadisco: Meloni è obbediente. Lo è stata prima con Joe Biden e poi con Donald Trump. Questi sono fatti. È chiaro che essendo ubbidiente è apprezzata".
Lo stesso ragionamento si applica dell'Europa, dove Meloni reclama di aver portato una svolta a destra e aver dettato la linea su questioni come la gestione dell'immigrazione. Secondo Prodi, invece, dopo un'iniziale voto contro la presidente von der Leyen Meloni "si è adattata. Ed è stata ubbidiente prima con Orbán, poi con von der Leyen".
Il governo Meloni, obbedienza o meno, finora ha mantenuto una certa stabilità. Cosa che non si può dire, ad esempio, degli esecutivi in Francia o Germania. Ma l'ex premier ha sottolineato: "Si è stabilizzato al prezzo dell’immobilismo. Stabilità e unità sono state pagate con una legge finanziaria di piccole concessioni, e con l’assenza totale di riforme". Resta il fatto che "nella coalizione esistono tensioni molto forti. Meloni finora le ha gestite con abilità". Ma non si può escludere che "se dovessero aggravarsi possano portare a tentazioni di elezioni anticipate".
Serve una coalizione alternativa al governo: "Ma io non sono il burattinaio"
L'idea dell'ex premier è che Meloni forse abbia il "timore che si crei una coalizione riformista in grado di costruire un’alternativa credibile a questa destra". La creazione di una vera alternativa, di un'opposizione capace di convincere gli elettori di poter governare, ora è la sfida: "Il Pd dovrebbe andare avanti su questa strada: ha due anni di tempo prima che si entri in una fase elettorale".
Prodi ha comunque smentito di avere un ruolo attivo di alcun tipo in questa ‘costruzione': "Intorno a me non ruota nulla. Non ho un dialogo sistemico con nessuno da molto tempo. Mi limito a scrivere quello che penso, e continuerò a farlo, questo sì. Ma non c’entra col ruolo che mi si attribuisce. Non sono più determinante". E ancora: "Non sono il burattinaio di nulla".
Lo stesso vale per l'ipotetica federazione di un ‘centro cattolico' che, secondo i retroscena, potrebbe formarsi attorno all'ex direttore dell'Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini, che ha dato le dimissioni in polemica con il governo. "Ruffini lo conosco e lo stimo", ha detto Prodi, "anni fa feci anche la prefazione a un suo libro. Ma se dovessi lanciare tutti quelli a cui ho fatto prefazioni, la lista formerebbe da sola un partito". Più in generale, l'idea di un partito cattolico "non appartiene alla mia cultura politica. Sono cattolico ma la costruzione di un partito cattolico a mio avviso è impossibile, e direi velleitaria. La mia ambizione è sempre stata quella di unire riformismi diversi: cattolico, liberale, socialista".
Oggi, però, anche se è chiaro che il Pd deve essere al centro di questa eventuale unione, non è chiaro come formarla e renderla coesa. Con il Movimento 5 stelle il rapporto è ambiguo: "Per ora tra Elly Schlein e Giuseppe Conte è più un balletto personale che un confronto tra politiche alternative. E certamente, se continua così non ci sarà nessuna possibilità di accordo. La valutazione, però, va fatta in prospettiva". In ogni caso non si può rinunciare all'idea di un'alleanza: "Nelle democrazie europee non esiste il caso che un solo partito abbia la maggioranza. Siamo in una democrazia frammentata, perfino in Germania".