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Procura di Firenze chiede archiviazione per Marco Cappato: aveva aiutato il 44enne Massimiliano a morire

La procura di Firenze ha chiesto l’archiviazione per Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, che si era autodenunciato ai carabinieri dopo aver supportato Massimiliano, 44 anni, malato di sclerosi multipla, nel suo ultimo viaggio in Svizzera.
A cura di Annalisa Cangemi
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La procura di Firenze ha chiesto l'archiviazione per Marco Cappato, tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni e candidato del centrosinistra alle elezioni suppletive del 22 e 23 ottobre per il seggio senatoriale di Monza (il seggio di Silvio Berlusconi), che si era autodenunciato ai carabinieri di Firenze dopo aver aiutato Massimiliano Scalas, 44enne di San Vincenzo (Livorno), malato di sclerosi multipla, a raggiungere la Svizzera, dove l'uomo è morto col suicidio assistito l'8 dicembre scorso. La notizia è stata diffusa da La Nazione.

Per il reato di aiuto al suicidio del 44enne si autodenunciarono con Cappato anche Felicetta Maltese, fiorentina, attivista della campagna Eutanasia Legale e la giornalista Chiara Lalli, che accompagnarono Massimiliano nella clinica vicina a Zurigo dove poi è deceduto. Le due attiviste si erano subito autodenunciate insieme a Cappato il quale, pur non avendo materialmente partecipato al viaggio, aveva deciso di autodenunciarsi in veste di legale rappresentante dell'associazione Soccorso Civile, che aveva organizzato e finanziato il trasferimento del 44enne verso la Svizzera. L'uomo si era rivolto all'associazione Luca Coscioni per porre fine alle sofferenze che sopportava dal 2016.

Massimiliano prima di morire aveva inviato un ultimo appello alla politica, affinché qualcuno lo aiutasse a morire nella sua casa, in Italia. Non poteva farlo nel nostro Paese perché non era tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale, e quindi non rientrava nei casi previsti dalla sentenza 242/2019 della Consulta sul caso Cappato/Dj Fabo per ottenere il suicidio assistito.

Grazie alle azioni di disobbedienza civile di Cappato, e alla sentenza 242 della Corte Costituzionale, che ha valore di legge, il suicidio assistito è consentito quando la persona malata che ne fa richiesta è affetta da patologia irreversibile, che causa sofferenze fisiche e psicologiche, pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli e tenuta in vista da trattamenti di sostegno vitale: tutte queste condizioni devono essere oggetto di verifica da parte del Servizio Sanitario Nazionale. Il caso di Massimiliano non aveva questi requisiti, e dunque Marco Cappato, Chiara Lalli e Felicetta Maltese si sono messi a sua disposizione. I tre attivisti rischiavano il carcere: per l'aiuto al suicidio la pena va da 5 a 12 anni di reclusione.

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