Come noto, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della procura di Milano contro la sentenza di assoluzione emessa dalla Corte di Appello nei confronti di Silvio Berlusconi, nell’ambito del processo Ruby. Il procuratore generale della Cassazione, Eduardo Scardaccione, aveva chiesto ai giudici della Cassazione di rinviare gli atti alla Corte di Appello, per un ricalcolo della pena nei confronti di Berlusconi, ritenendo “pienamente provate le accuse a suo carico”. La tesi di colpevolezza, sostenuta tanto da Scardaccione che dai magistrati milanesi, poggiava sul fatto che l’allora Presidente del Consiglio non potesse non essere a conoscenza della vera età di Ruby (“non c’è dubbio sull’età perché l’affido è richiesto e si usa solo per i minori”) e che la telefonata fatta da Parigi al capo di gabinetto della Questura di Milano Pietro Ostuni si configurasse come concussione per costrizione (“una pressione irresistibile, di una violenza grave, perdurante e inammissibile”).
La Cassazione ha rigettato questa ricostruzione, confermando sostanzialmente la sentenza della Corte di Appello e assolvendo definitivamente Silvio Berlusconi dalle accuse di concussione e prostituzione minorile. In attesa delle motivazioni della sentenza, è possibile comunque fare il punto della situazione e, basandosi sulle motivazioni della sentenza della Corte di Appello di Milano, ricostruire le ragioni dell’assoluzione del leader di Forza Italia.
Berlusconi, infatti, era stato condannato a 7 anni di carcere con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici dai giudici del Tribunale di Milano. In quell’occasione, come nota Giovanna Trinchella sul Fatto, “i giudici avevano riqualificato il reato di concussione aggravandolo dall’induzione alla costrizione (mentre l’accusa, a seguito dello spacchettamento del reato di concussione in due, per costrizione e per induzione, causa legge Severino, aveva contestato all’imputato il 319 quater, ovvero la concussione per induzione). E così che anche in secondo grado l’accusa non poteva che essere quella”. Tra il primo ed il secondo grado era arrivata poi una sentenza della Cassazione che delimitava il campo di applicazione della concussione per costrizione, “parlando di una limitazione radicale, fisica della libertà di chi subisce il reato”. Invece, come notava Ferrarella sul Corsera, la telefonata “non ebbe contenuto di minaccia (anche solo implicitamente) costrittiva della volontà dei funzionari di polizia Pietro Ostuni e Giorgia Iafrate: costoro, invece, solo per un eccesso di zelo frutto di una propria condizione psicologica di timore reverenziale, operarono poi fino alle 2 di notte per propiziare un esito (l’affidamento di Ruby a Minetti) sicuramente gradito da Berlusconi benché da lui non illegittimamente preteso”.
Discorso diverso per quel che concerne l’accusa di prostituzione minorile, dalla quale Berlusconi fu assolto perché il “fatto non costituisce reato”, nel senso che “nell’imputato mancava l’elemento psicologico che trasforma una condotta (pur verificatasi) in un illecito penale, in questo caso la consapevolezza che la ragazza fosse minorenne”. Su questo punto il dibattito è stato lungo e controverso e difficilmente sarà la sentenza di ieri a mettere la parola fine. In ogni caso, per la Cassazione Berlusconi non era a conoscenza della minore età di Ruby all’epoca dei fatti.
Dunque, il “bunga bunga” era una bufala? E sul serio Berlusconi pensava si trattasse della “nipote di Mubarak”? Anche in questo caso bisogna far riferimento alla sentenza di assoluzione in Appello. Che comunque avevano smontato la favoletta delle “cene eleganti”, raccontata per mesi sia dai fedelissimi del Cavaliere che dagli avvocati che “inizialmente” lo avevano difeso in Tribunale (Ghedini e Longo, poi “affiancati” da Coppi, responsabile del decisivo “cambio di strategia”). Anche secondo i giudici della Corte di Appello, infatti, non ci sono dubbi sulle “attività” che si svolgevano nella villa di Arcore, come si legge nella sentenza: “Spogliarelli, esibizioni del proprio corpo nudo o parti di esso, lap dance, simulazione di atti sessuali, toccamenti del seno, glutei o altre parti intime (coperte o denudate), bagni di gruppo in piscina, baci, ammiccamenti”. E non c’è alcun dubbio sul fatto che “la situazione deve essere inquadrata giuridicamente nella tipologia degli atti sessuali a pagamento che integrano la prostituzione”. Insomma, altro che cene eleganti…
Quanto alla questione “Mubarak”, tutto è ricondotto nella serie di “sterminate falsità” che per i giudici sono state dette da Ruby. È stata insomma premiata la linea Coppi, che aveva asserito come Berlusconi, oltre a non essere a conoscenza della vera età della ragazza, “si fosse anche arrabbiato moltissimo, facendole duri rimproveri una volta scoperta la bugia sul presunto zio”. Tale fatto sarebbe giustificato, come ha ripetuto l’avvocato davanti ai giudici della Cassazione, proprio dall’idea di affidare Ruby ad un consigliere regionale, “idea nata in Questura, dal colloquio tra Iafrate e la Minetti”, considerando che Berlusconi non poteva immaginare “che la Minetti si comportasse con disinvoltura e la riportasse nella casa dove abitava”. Insomma, in questo caso è “colpa” della Minetti che, “si rivelerà poi per quel che è, ma quella sera come consigliere regionale aveva tutti i numeri per l’affido”.