È il 13 maggio del 2013 quando, al termine di una requisitoria durissima e certamente controversa, il pm Ilda Boccassini chiede per Silvio Berlusconi una condanna di 6 anni di carcere con l'interdizione perpetua dai pubblici uffici per i reati di concussione e prostituzione minorile. Si tratta della formalizzazione delle accuse nei confronti dell'allora Presidente del Consiglio in quello che è da sempre conosciuto come il "caso Ruby" e che vede coinvolti la giovane Karima El Mahroug ("in arte" Ruby Rubacuori) come parte lesa, l'ex conduttore del TG4 Emilio Fede, il manager Lele Mora e l'ex consigliere regionale Nicole Minetti (la posizione di questi ultimi tre è stata stralciata ed il dibattimento procede parallelamente).
Tutto comincia il 27 maggio 2010, quando Michelle Conceicao, brasiliana che ospitava la minorenne Ruby nella sua casa di Milano, chiama al telefono Silvio Berlusconi per avvertirlo che la ragazza è stata trasportata in questura in quanto priva di documenti di identità e sospettata di furto. A quel punto, il Cavaliere (che in quel momento si trovava a Parigi per presenziare ad un vertice internazionale) decide di telefonare direttamente in Questura, convincendo il capo di gabinetto Pietro Ostuni a "consegnare" Ruby nelle mani del consigliere regionale Nicole Minetti, evitando in questo modo che la ragazza finisse in una comunità di recupero. La giustificazione che sarà poi fornita successivamente e sulla quale si basa gran parte della tesi difensiva riguarda la convinzione (vera o falsa che sia) di Berlusconi che la ragazza fosse la nipote dell'allora Capo di Stato egiziano Hosni Mubarak (il Cavaliere dirà di averne parlato anche al presunto zio durante un incontro a Roma).
Da questa telefonata nasce l'accusa di concussione, ora contestata come "induzione indebita". Da una parte infatti la difesa di Berlusconi sostiene che " non ci fu alcun reato e, se mai ci fosse stato, esso dovrebbe essere giudicato dal Tribunale di ministri e non da quello ordinario", in quanto si trattò di un intervento, volto a scongiurare un caso internazionale, operato nelle funzioni di Presidente del Consiglio. Mentre la procura (e il gip) restano convinti che sia "evidente che l'ipotizzato, indebito, intervento su Ostuni e, a cascata, sugli altri due funzionari che quella sera furono investiti del problema, fatto da Berlusconi sicuramente con abuso della qualità di presidente del Consiglio, al di fuori di qualsivoglia prerogativa istituzionale e funzionale propria […] senza competenza sulla identificazione e affidamento dei minori […] né poteri di intervento gerarchico sulla Polizia che dipende solo dal ministro degli Interni".
L'intera questione affiora il 21 dicembre del 201o, quando la Procura di Milano indaga formalmente Silvio Berlusconi per concussione, mentre nel corso delle indagini emergono nuovi particolari sulla "vita notturna" della casa di Arcore e sul "sistema" messo in piedi da Berlusconi, Minetti, Fede e Mora per "gestire" la partecipazione di un gruppo di ragazze alle feste private nella villa del Presidente del Consiglio. È il momento del Bunga Bunga, delle Olgettine, dei festini e via discorrendo, con decine e decine di testimonianze, inchieste, resoconti ed indagini che "svelano" un articolato sistema di relazioni che, nella ricostruzione della Procura, sarebbe al servizio di Berlusconi e al soldo del suo ragionier Giuseppe Spinelli. Così, il procuratore Bruti Liberati chiede alla Camera l'autorizzazione a perquisire gli uffici del ragionier Spinelli, ma in data 3 febbraio 315 deputati del centrodestra bastano a respingere la richiesta.
Passano pochi giorni però e Silvio Berlusconi il 15 febbraio viene rinviato a giudizio con rito immediato dal gip Di Censo che riconosce fondato il quadro accusatorio della Procura. La difesa del Cavaliere reagisce e il 5 aprile la Camera dei Deputati approva il conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato davanti alla Corte Costituzionale nei confronti del premier Berlusconi, dal momento che il Cavaliere avrebbe agito nell'esercizio delle sue funzioni oer evitare un incidente diplomatico con l'Egitto. Secondo la Camera poi il reato di prostituzione minorile sarebbe di competenza della Procura di Monza. È il giorno del famoso discorso di Paniz sulla "nipote di Mubarak" e della concitata risposta di Franceschini (voto che a settembre sarà confermato dal Senato).
A febbraio del 2012 la doccia fredda per la difesa di Berlusconi: la Corte Costituzionale rigetta le richieste, confermando la possibilità che il Processo prosegua. Tra rinvii e testimonianze, tra le ricostruzioni dell'accusa sull'articolato "sistema prostitutivo di Arcore" e le eccezioni sollevate dalla difesa, tra legittimi impedimenti concessi e negati (in particolare durante la campagna elettorale per le politiche 2013), si arriva al 13 maggio 2013 quando Ilda Boccassini formalizza le richieste dell'accusa: 6 anni di reclusione e interdizione perpetua dai pubblici uffici.
La risposta della difesa del Cavaliere viene affidata a Nicolò Ghedini, che ricorda "l'atteggiamento" della Procura di Milano nei confronti del suo assistito, ma soprattutto ricostruisce un quadro a suo dire davvero esplicativo: tutti negano gli addebiti, nessuna ragazza riconosce di aver avuto rapporti sessuali a pagamento e non è emerso alcun elemento che possa far ipotizzare una fattispecie di reato. Ma soprattutto Ghedini chiarisce che non vi è alcun dato che autorizzi a credere che Berlusconi conoscesse la vera età di Ruby.
La data fissata per la sentenza è dunque lunedì 24 giugno. Come detto il Cavaliere potrebbe subire una condanna per entrambi i reati che gli vengono contestati, oppure (secondo molti sarebbe questa la linea più verosimile) semplicemente per uno dei due (la concussione sembra il vero ostacolo), oppure essere completamente assolto. Si tratterebbe di una sentenza di primo grado, è chiaro, ma che arriverebbe dopo la doppia condanna per il Processo Mediaset – diritti tv (su cui deve esprimersi la Cassazione a novembre). Non c'è alcun elemento che autorizzi a pensare a misure di diverso tipo e, ovviamente, Berlusconi non rischia il carcere, ma la decisione del Tribunale di Milano rischia di avere conseguenze enormi, non solo sul piano politico. Non c'è alcun legame, invece, con la misura per "svuotare le carceri" di cui ha parlato il ministro Cancellieri: se arrivasse una condanna definitiva sia per il caso Ruby che per quello Mediaset – diritti tv non potrebbe applicarsi quel limite dei 4 anni per beneficiare dell'amnistia di cui parlano fonti vicine al Guardasigilli.