Primo via libera al Premierato in Senato, cosa cambia: tutte le novità della riforma costituzionale
La riforma del premierato, che prevede l'elezione diretta del presidente del Consiglio, ottiene il primo via libera al Senato. I voti a favore sono stati 109, quelli contrati 77 e un senatore si è astenuto. Dopo aver votato i parlamentari di opposizione hanno alzato la Costituzione, tra i banchi di Fratelli d'Italia c'è invece chi ha sollevato il tricolore: la riforma passa ora alla Camera.
È solo una prima tappa di un lungo iter parlamentare: il disegno di legge di riforma costituzionale, fortemente voluto dal governo Meloni, dovrà essere licenziato in doppia lettura da ciascun ramo del Parlamento. Questo primo sì arriva dopo settimane di tensioni tra maggioranza e opposizioni, che – meno Azione e Italia Viva – oltre al voto contrario hanno anche deciso di scendere in piazza per manifestare contro le riforme del governo, sia quella sul premierato che quella dell'Autonomia differenziata.
Anche in Aula, durante le dichiarazioni di voto, non sono mancate polemiche e bagarre: in particolare l'ultimo intervento, quello del senatore di FdI Marco Lisei, ha innescato diverse reazioni dal lato opposto dell'emiciclo. Il presidente di Palazzo Madama, Ignazio La Russa, ha richiamato diversi parlamentari all'ordine e, dall'altro lato, ha ricordato a Lisei di rivolgersi alla presidenza e non ai senatori dell'opposizione. Alla fine ha comunque ringraziato i senatori per il clima "civile" del dibattito, nonostante gli screzi appena prima del voto."La riforma sul Premierato passa in Senato. Un primo passo in avanti per rafforzare la democrazia, dare stabilità alle nostre Istituzioni, mettere fine ai giochi di palazzo e restituire ai cittadini il diritto di scegliere da chi essere governati", ha scritto Giorgia Meloni sui social, commentando la notizia.
Subito dopo il voto Fratelli d'Italia ha anche dato il via a un flash mob fuori Palazzo Madama, esponendo uno striscione con scritto "Fine dei giochi di palazzo, con questa riforma decideranno gli italiani".
L'elezione diretta del Presidente del Consiglio e il limite dei due mandati
Il punto principale del disegno di legge di riforma costituzionale prevede l'elezione diretta del presidente del Consiglio. Più precisamente, all'articolo 5 del testo del ddl Casellati – così è anche chiamato il provvedimento, in riferimento alla ministra per le Riforme Elisabetta Casellati – si prevede che il premier sia "eletto a suffragio universale e diretto per cinque anni, per non più di due legislature consecutive, elevate a tre qualora nelle precedenti abbia ricoperto l’incarico per un periodo inferiore a sette anni e sei mesi".
Non vengono specificate nel dettaglio le modalità dell'elezione del presidente del Consiglio, rinviando a una successiva legge ordinaria. Non è quindi chiaro se sia necessario un quorum, se sia previsto un ballottaggio e altre specifiche. Nel testo si legge: "La legge disciplina il sistema per l’elezione delle Camere e del Presidente del Consiglio, assegnando un premio su base nazionale che garantisca una maggioranza dei seggi in ciascuna delle Camere alle liste e ai candidati collegati al Presidente del Consiglio, nel rispetto del principio di rappresentatività e di tutela delle minoranze linguistiche. Il Presidente del Consiglio è eletto nella Camera nella quale ha presentato la candidatura". Tutto il resto è rimandato a una successiva legge ordinaria sulla disciplina elettorale.
Le altre novità del ddl: il premier potrà sciogliere le Camere
Un'altra delle principali novità del ddl, inserita all'articolo 7, è quella che riguarda il potere di sciogliere le Camere in caso di crisi di governo. La riforma prevede infatti che il premier eletto possa ottenere lo scioglimento dei rami del Parlamento dal presidente della Repubblica e, più nello specifico, delinea tre casi di soluzione delle crisi.
- Il primo caso è quello che si avrebbe con una mozione di sfiducia al premier, che farebbe tornare dritti alle urne: "In caso di revoca della fiducia al presidente del Consiglio eletto, mediante mozione motivata, il presidente della Repubblica scioglie le Camere".
- Il secondo caso è quello delle dimissioni del premier (ad esempio a causa della mancata approvazione di un provvedimento), per cui il diretto interessato avrebbe facoltà di proporre lo scioglimento delle Camere al capo dello Stato: "In caso di dimissioni del presidente del Consiglio eletto previa informativa parlamentare, questi può proporre, entro sette giorni, lo scioglimento delle Camere al presidente della Repubblica, che lo dispone".
- Il terzo caso è quello che prevede la sostituzione del premier eletto: "Qualora non eserciti tale facoltà e nei casi di morte, impedimento permanente, decadenza, il Presidente della Repubblica può conferire, per una sola volta nel corso della legislatura, l’incarico di formare il governo al presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare eletto in collegamento con il presidente del Consiglio".
In particolare quest'ultimo punto servirebbe ad evitare governi tecnici o di larghe intese: a formare un nuovo governo sarà sempre un esponente della coalizione uscita vincitrice dalle elezioni.
Cosa cambia nel semestre bianco e addio ai senatori a vita
Un'altra novità della riforma prevede che il presidente della Repubblica possa sciogliere le Camere anche durante il cosiddetto semestre bianco, cioè gli ultimi sei mesi del suo mandato, quando questo è un "atto dovuto", cioè arriva dietro richiesta diretta del premier sfiduciato o dimissionario. Per quanto riguarda il capo dello Stato, la riforma costituzionale ne abroga il potere di nominare senatori a vita (quelli attualmente in carica vi resteranno fino alla morte). Infine, sull'elezione del presidente della Repubblica, si stabilisce che il quorum scenda dai due terzi alla maggioranza assoluta al settimo scrutinio, e non più al quarto.