“Preso di mira perché aiuto migranti”: cosa c’è dietro lo spionaggio Paragon contro don Mattia Ferrari
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Don Mattia Ferrari è tra gli italiani spiati da Graphite, il software prodotto dall'israeliana Paragon Solutions. Il cappellano di bordo di Mediterranea Saving Humans ha ricevuto il messaggio di Meta che lo avvisava di un attacco contro il suo telefono l'8 febbraio dello scorso anno. Lo stesso giorno Luca Casarini, capomissione dell'ong da lui fondata, riceveva una comunicazione identica sul suo dispositivo.
Nella lista delle vittime dello spionaggio illegale ci sono anche il direttore di Fanpage.it, Francesco Cancellato, l'armatore Beppe Caccia e il rifugiato sudanese e presidente di Refugees in Libya, David Yambio.
"Non sono preoccupato per me ma per i migranti che subiscono violenze e torture. È una vicenda che va chiarita al più presto", dice alla Stampa il cappellano, che si chiede "che senso abbia tutto questo". Don Mattia Ferrari racconta di aver appreso dello spionaggio da Meta, come avvenuto nel caso del nostro direttore, "grazie anche ai ricercatori del Citizen Lab dell’Università di Toronto. Non mi ero accorto della notifica, che pure era arrivata sul mio telefono l’8 febbraio dello scorso anno, lo stesso giorno di Casarini. In questi giorni, quando mi hanno avvisato ho cercato a ritroso ed effettivamente l’avviso c’era".
Dopo lo spionaggio nei confronti degli altri due collaboratori dell'ong, il prete non è stupito. "Visto che a essere spiate erano persone del gruppo con cui collaboro stabilmente. Certo, questa situazione va indagata, bisogna far luce. Mi chiedo soprattutto perché e che senso abbia tutto ciò", ripete. Il cappellano non sa darsi una spiegazione sulla vicenda, ma dice: "la solidarietà, specialmente verso i poveri e i migranti, è considerata sovversiva. Siamo sempre più una società del “me ne frego” degli altri dove chi, invece, si prende a cuore gli ultimi, e particolarmente i poveri, diventa scomodo. Ecco, quello che spero è una riconciliazione dove si rimetta al centro la solidarietà, la collaborazione e la fraternità". E osserva: "Veniamo anche da giorni in cui si è parlato molto del caso Almasri. Le due vicende teoricamente sono scollegate, ma restano comunque due ferite da riparare".
A bordo della nave di Mediterranea, don Mattia Ferrari si occupa della "cupa spirituale dell'equipaggio e dei migranti, che attraversano il mare, o che vengono respinti nel deserto. Mi sono trovato anche a essere chiamato a bordo per dare la benedizione a persone torturare nei lager libici che erano in fin di vita", racconta. "Inoltre ricevo insieme ad altri, chiamate da migranti per portare alla luce casi che altrimenti resterebbero invisibili. Altro compito mio è la cura delle relazioni di Mediterranea e di altri movimenti popolari con la Chiesa cattolica", aggiunge.
Il cappellano si spinge a ipotizzare un collegamento tra le intercettazioni subite e il suo lavoro con i migranti. "Ma ci sono anche tante altre possibilità", dice. "Ora però bisogna capire e chiarire questa vicenda. Non ho paura per me, ma per le persone che subiscono orrori e violenze indicibili sulla base di accordi che gli Stati hanno stipulato per tenere i migranti lontani dalle nostre ose, sacrificano i diritti umani e la fraternità che ci lega", conclude.