video suggerito
video suggerito
Opinioni

Presidente, ecco perché non vorrò mai dirmi liberale

Caro Presidente delle due l’una: o anche lei ha smesso di sperare in una società migliore o crede davvero a ciò che ha detto. E non saprei quale delle due sarebbe più spiacevole.
38 CONDIVISIONI
Immagine

Mi scusi Presidente ma davvero non capisco il senso della Sua intervista di oggi. Non capisco la necessità di ostentare l'omologazione liberale a cui siamo soggetti, non capisco la volontà di accomunare un modello culturale – come quello cristiano – alla sua antitesi. Caro Presidente non potrà negare che la spinta all'estreme conseguenze del liberalismo abbia portato quest'ultimo a collimare con le pratiche liberiste.

Mi creda Presidente all'interno di questa degenerazione non v'è nulla che spinga il cittadino verso il coltivare (cultura deriva dal latino colere ovvero coltivare, ndr). Non v'è nulla nell'ideologia liberale contemporanea che spinga oltre l'immanenza e l'individualismo. Non c'è alcun senso di emancipazione dell'uomo – a meno che non si veda nell'accumulo di oggetti una forma di emancipazione -. Perché la rinuncia tout court a qualsivoglia tentativo di collettivismo, a favore della strenua tutela dell'individuo,  ha condotto all'esasperata frammentazione a cui assistiamo – nonché alla mancanza di forze collettive che si oppongano alle pratiche anti-illiberali come quella della schedatura di massa emersa in questi giorni negli USA -. Mi spiace Presidente ma non credo a questo moderno liberale divide et impera.

Mi spiace Presidente ma il Suo riferimento a Benedetto Croce non può bastare. Non capisco come lei possa paragonare una religione che fonda la sua essenza sul concetto di collettività ed eternità ad una visione del mondo fatta sull'individualismo e lo sfruttamento di ciò che è qui e ora. Non capisco come possa, lei uomo di sinistra, accettarne i precetti. Perché se antepongo – sempre e costantemente – l'individuo alla collettività, non riuscirò mai a creare una generazione di uomini capaci di vivere il proprio tempo non come perenni "figli" incapaci di diventare adulti. Sì mio caro presidente, l'accettazione del collettivismo – in alcune sue forme – è una pratica necessaria affinché "la classe dirigente", sia essa politica e/o economica, non viva nella ricerca di ciò che è ora ma lavori  per costruire un mondo da lasciare alle future generazioni. Il vero politico, così come il vero padre, non vive per sé stesso ma agisce pensando a chi lo succederà; perché i figli non costruiscono, non è compito loro. Sono i padri a doversene far carico. E un padre non può – ontologicamente – essere liberale.

Mi spiace Presidente ma il suo avallo ad un'Italia senza padri non me lo sarei mai aspettato.

Non capisco come si possa accettare un modello che si basa sulla ricerca costante della crescita dell'individuo che, de facto, perde di vista la speranza di uno sviluppo sociale del paese. Se lei avesse voluto semplicemente prendere le distanze dal suo passato nel PCI avrebbe potuto usare parole altre che: "Ora non possiamo non dirci liberali", a meno che lei non confonda l'utopia con la sua applicazione reale. E forse se proprio avesse dovuto scegliere il sostegno ad un'utopia mai realizzata sarebbe stato meglio – vista la sua storia – credere che l'ideale comunista possa ancora condurre ad un futuro migliore.

Perché il liberalismo d'oggi si è colluso con le pratiche liberiste e non non v'è più nulla che protegga "i diritti naturali, i diritti di libertà e, di conseguenza, promuove l'autonomia creativa dell'individuo". Nulla delle attuale pratiche collima con l'utopia liberale. L'azione della borghesia che avrebbe dovuto "combattere contro le monarchie assolute e i privilegi dell'aristocrazia" non si è mai esplicitata se non nel suo opposto ovvero nella continuità tra i metodi tipici degli oligopoli aristocratici e quelli borghesi. Definirsi liberale oggi, equivale a dirsi comunista dimenticando le conseguenze della sua applicazione reale.

Come può Presidente credere che quell'utopia ottocentesca abbia una sua applicazione oggi? Come può Presidente, nascondere la testa dinanzi le storture di un liberalismo che ha posto l'individuo al centro dimenticandone le relazioni sociali e uccidendo l'identità di classe – identità di classe che lei ha sostenuto per lunghe parti della sua vita -. Identità che non vuol dire omologazione ma ricerca di una crescita collettiva e non meramente individuale. Crede davvero che l'attuale sistema stia promuovendo "l'autonomia creativa dell'individuo?". Perché delle due l'una: o anche lei ha smesso di sperare in una società migliore o crede davvero a ciò che ha detto. E non saprei quale delle due sarebbe più spiacevole.

38 CONDIVISIONI
Immagine
Ex direttore d'AgoraVox, già professore di Brand Strategy e Comunicazione Pubblicitaria Internazionale presso  GES -  Grandes Écoles Spécialisées di Parigi. Ex Direttore di Fanpage.it, oggi Direttore di Deepinto.
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views