Premierato, Conte sfida Meloni: “Se si va al referendum e perde, deve trarne le conseguenze”
La riforma costituzionale per introdurre l'elezione diretta del presidente del Consiglio è appena arrivata in Parlamento, ma già si pensa al referendum che potrebbe essere chiamato a bocciarla o approvarla. Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 stelle, ha messo in chiaro: "Nonostante Meloni abbia messo le mani avanti, io credo che se andasse al referendum e perdesse dovrebbe necessariamente trarne le conseguenze".
Per una riforma della Costituzione, infatti, il via libera dei parlamentari deve arrivare con una maggioranza di due terzi, altrimenti si può procedere con un referendum. Il centrodestra non ha una maggioranza simile in Parlamento, gli mancano oltre 40 tra deputati e senatori. Quindi, a meno che la proposta non venga modificata in modo da ottenere i voti anche di parte dell'opposizione, la possibilità di una consultazione referendaria sembra piuttosto concreta.
Non se ne parlerà a breve, comunque. Il testo è appena arrivato in Parlamento, come detto, e sembra che i lavori richiederanno parecchio tempo, anche perché fino alla fine dell'anno il tema principale sarà la legge di bilancio. Quando il premierato sarà stato approvato una volta da Camera e Senato, bisognerà aspettare almeno tre mesi e poi ripartire da capo, come con tutte le riforme della Costituzione. A quel punto, se non ci saranno i due terzi di maggioranza potrebbe scattare il referendum. Con tutta probabilità, questo arriverebbe nel 2025.
Conte ha poi sottolineato che la riforma costituzionale in questo momento è uno strumento del governo Meloni per "distrarre gli italiani" rispetto alle misure economiche della legge di bilancio: "Giorgia Meloni, lady tax, ha colpito ancora con una manovra che ha oltre due miliardi di nuove tasse per bambini, donne, famiglie e case. Poi, per distrarre gli italiani, hanno approvato una riforma costituzionale che è un vero pastrocchio che avvierebbe l'Italia verso una avventura pericolosa".
Durante un intervento a Roma Tre, il leader M5s ha anche sottolineato alcuni dati recenti, come quello dell'Ocse sul calo del potere d'acquisto delle famiglie in Italia: "Siamo il fanalino di coda per qualità del lavoro, livello dei salari, ore lavorate. La Cisl ha appena pubblicato una ricerca secondo cui abbiamo raggiunto il numero record di dimissioni dal lavoro. Oggi molti preferiscono ritirarsi piuttosto che avere lavoro sottopagato e di scarsa qualità". Di fronte a questa situazione, ha detto Conte, "la buona politica non può che contrastare il precariato". Invece "il governo dice no al salario minimo", una misura che "aiuterebbe soprattutto donne e under 35" e che in più "non andrebbe neanche finanziata, bisognerebbe metterci dei fondi solo se vuoi creare un'agevolazione per le aziende".
Infine, Conte ha anche annunciato che il Movimento 5 stelle chiederà la creazione di una commissione parlamentare sul monitoraggio del Pnrr: "C'è disattenzione collettiva rispetto all'attuazione del Piano, e non lo possiamo consentire. Non si sa se riusciremo a rispettare il termine del 2026".