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Elezioni politiche 2018

Poveri, disoccupati e senza futuro, ma per Berlusconi i giovani pensano solo alla discoteca

Un tempo erano bamboccioni, poi choosy e ora per Berlusconi i giovani italiani che non studiano, non lavorano e non cercano occupazione sono dei nullafacenti con la passione del Pc e della discoteca, non giovani ai margini della vita sociale e di fatto espulsi dal mercato del lavoro. Bistrattati e dimenticati da tutti, per l’ennesima volta i giovani tornano al centro del dibattito politico solo quando è il momento di riversare contro di loro tonnellate di insulti, generalizzazioni e mezze verità.
A cura di Charlotte Matteini
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Per Berlusconi i giovani che non studiano e non lavorano sono dei nullafacenti patentati. Durante un evento elettorale tenutosi all'Assemblea della Coldiretti, il leader di Forza Italia ha descritto i cosiddetti "neet" come giovani che non hanno altro obiettivo che farsi mantenere dai genitori e andare a ballare in discoteca la sera. "Ci sono tre milioni di giovani in Italia che non studiano più e che non hanno un lavoro e non lo cercano neanche più. La loro vita è questa: si svegliano la mattina a mezzogiorno, si rintanano nella loro stanza a giocare col computer, mangiano la sera e poi vanno in discoteca", ha dichiarato Silvio Berlusconi, facendo di tutta l'erba un fascio e descrivendo un segmento di popolazione che conta milioni di persone under 30 come un'accozzaglia di persone che non lavora, non studia e non cerca più un'occupazione per pura nullafacenza e non per ciò che questi ragazzi sono veramente, ovvero giovani demoralizzati e di fatto espulsi da un mondo del lavoro che non dà più alcuna opportunità.

I dati occupazionali elaborati nel corso di questi ultimi anni da Istat, Anpal, Ocse e una miriade di altre istituzioni italiane ed internazionali descrivono la generazione degli under 35 e in particolare degli under 29 come una generazione letteralmente abbandonata a se stessa, in balia di un mercato del lavoro totalmente chiuso e apatico nonché decisamente più povera a livello reddituale e di opportunità rispetto a quella dei propri genitori. A pagare lo scotto della gravissima crisi economica che ha colpito l'Italia nel decennio scorso sono stati proprio i giovani: la disoccupazione giovanile, seppur decisamente inferiore rispetto al 2011, si attesta al 32% e questo significa che un giovane under 24 su 3 non ha un'occupazione.

A questi milioni di disoccupati si aggiungano i cosiddetti neet, ovvero quei ragazzi che non studiano, non lavorano e non cercano più un'occupazione, che sono circa 3 milioni. Ai cosiddetti trentenni, poi, le cose non vanno meglio: per la fascia 25-34 anni la disoccupazione è pari al 17,7%, 6 punti percentuali in più rispetto alla media totale del segmento 15-64 anni, e i loro redditi sono di gran lunga inferiori non solo rispetto a quelli percepiti in passato dai propri genitori, ma anche rispetto a quelli dei coetanei europei (un under 30 in Germania guadagna in media 10.000 euro all'anno in più rispetto a un parigrado italiano, per fare un esempio). Nel tentativo di porre una pezza a questa vera e propria emorragia occupazionale, qualche anno fa l'Europa ha lanciato il programma Garanzia Giovani, supportato da circa 2 miliardi di finanziamenti europei e dedicato all'inserimento nel mondo del lavoro dei giovani under 29.

Stando ai dati diffusi lo scorso anno da Anpal, il programma Garanzia Giovani in Italia ha miseramente fallito, unico caso su 28 Paesi europei. In Italia, infatti, il 70% delle misure di politica attiva avviate hanno riguardato tirocini formativi da circa 450 euro al mese in media, tirocini che solo nel 26,7% dei casi si sono trasformati in contratti di apprendistato, a tempo determinato o indeterminato. In sostanza, dunque, i fondi messi a disposizione per Garanzia Giovani hanno di fatto finanziato l'attivazione di stage semestrali che solo in un caso su 4 si sono trasformati in un'occupazione vera e propria.

Come spesso rilevato da inchiesta condotte da Fanpage.it, l'offerta lavorativa dedicata ai giovani italiani non solo è molto scarsa, ma è anche di bassa qualità. I tirocini da poche centinaia di euro al mese la fanno da padrone e molto spesso i ragazzi si trovano a dover rifiutare offerte lavorative a causa dei bassissimi stipendi, che non consentirebbero di coprire le spese di vitto e affitto non di un intero appartamento, ma di una banalissima stanza in condivisione. Con stipendi, pardon "rimborsi spese", da 400-600 euro al mese, come si può pretendere che un giovane prenda in considerazione l'idea di trasferirsi e abbandonare la casa di famiglia? Potrebbe farlo solo grazie all'aiuto dei genitori, ma questo di fatto non gli consentirebbe di dirsi realmente indipendente. Ma poi, soprattutto: e tutti quei giovani che possono contare solo sulle proprie forze, come possono vivere con stipendi da stagisti, magari in una grande città italiana, e mantenersi da soli senza fare la fila alla Caritas? Purtroppo, e di questo si parla sempre troppo poco, i dati ci rivelano che è proprio il segmento giovanile che in questi anni, e negli anni a venire, sarà sempre più a rischio povertà.

Nonostante i giovani italiani versino in una condizione di inoccupabilità e sottoccupazione gravissima, con conseguente dispersione di capitale umano e aumento dell'emigrazione verso l'estero, la questione giovanile sembra essere presa sottogamba dalla politica e dalla qualsi totalità dei partiti. Nei programmi elettorali delle maggiori coalizioni, infatti, viene dato ampio spazio agli anziani, con roboanti promesse relative ad aumenti di pensioni ed erogazione di pensioni per mamme e casalinghe prive di versamenti contributivi, mentre i giovani vengono solo nominati en passant e vengono presi in considerazione solo per l'erogazione di decontribuzioni per le imprese non strutturali (che, come abbiamo già visto con l'approvazione del Jobs Act, non risolvono il problema della disoccupazione giovanile in quanto di durata limitata nel tempo) o di bonus inutili e iniqui come quello per l'affitto lanciato dal Pd di Matteo Renzi.

Misure strutturali, di ampio respiro e di lungo termine per i giovani? Non ce ne sono, le proposte latinano se non in forma di slogan elettorali irrealizzabili, un particolare che ha notato, e commentato aspramente, lo stesso ex ministro del Lavoro Elsa Fornero ai microfoni di Fanpage.it. Come già ribadito innumerevoli volte, che le promesse elettorali siano principalmente dedicate agli anziani non è strano e non è una novità, per un semplice motivo: sono banalmente molto più numerosi dei giovani e votano di più, dunque è più sensato cercato di comprare i loro voti che non quelli di giovani delusi e demoralizzati che non vorrebbero far altro che fuggire dal Paese che ha rubato il futuro alla propria generazione, lasciandole però tutti i conti da pagare.

Così bistrattati, insultati e dimenticati, ai giovani per poter incidere sulla vita politica italiana non rimane che una utopica e irrealizzabile possibilità: abbandonare in massa il Belpaese e aspettare il momento in cui la scarsa forza lavoro attiva rimasta non sarà più in grado di pagare le pensioni ai sempre più numerosi anziani. Forse solo in quel momento la classe politica italiana si renderebbe conto di quanto questi giovani choosy, bamboccioni, nullafacenti e discotecari sono in realtà indispensabili per il futuro del paese e andrebbero presi in considerazione, più che vilipesi continuamente.

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Milanese, classe 1987, da sempre appassionata di politica. Il mio morboso interesse per la materia affonda le sue radici nel lontano 1993, in piena Tangentopoli, grazie a (o per colpa di) mio padre, che al posto di farmi vedere i cartoni animati, mi iniziò al magico mondo delle meraviglie costringendomi a seguire estenuanti maratone politiche. Dopo un'adolescenza turbolenta da pasionaria di sinistra, a 19 anni circa ho cominciato a mettere in discussione le mie idee e con il tempo sono diventata una liberale, liberista e libertaria convinta.
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