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Popolo delle primarie da slogan: un pianto ci seppellirà

Trenta secondi dopo il pianto da Vespa, il profilo Twitter di Bersani sottolinea l’onestà di quel gesto in stile proclame elettorale. Ma gli elettori pare siano scettici e sfiduciati verso il gesto: forse gli slogan e la commozione, seppur sincera, non riempiono più il distacco tra politica e realtà.
A cura di Andrea Parrella
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Pierluigi Bersani  ospite alla trasmisione porta a porta

Trenta secondi dopo il pianto in differita di Pierluigi Bersani a Porta a Porta, il suo profilo Twitter diceva questo, con tanto di contenuto multimediale allegato poiché la puntata era stata registrata nel pomeriggio.

Quando si vedono scene come questa, specie nel corso di una campagna elettorale, si viaggia subito con la mente: sarà stato tutto studiato? Avevano già previsto la cosa ed hanno rincarato la dose su Twitter? Tutte cose che non ci è dato sapere e che comunque inducono ad una riflessione intensa sugli sbocchi che la comunicazione politica sta cercando in quella che si annuncia come una nuova era; naturalmente, si pensa anche alla risposta diretta che l'elettorato può dare. Per quanto Bersani voglia negarlo, sul piccolo particolare del momento di commozione si è indubbiamente provato a fare leva. Se dal suo entourage provassero a negarlo, gli si potrebbe rinfacciare che determinati "luoghi" televisivi possono lasciar presagire una serie di situazioni che possano verificarsi di default. Andare da Bruno Vespa lascia aperti spiragli a possibilità populistiche, meglio definirle popolari, simili a quella che ieri, Bersani, ha definito come un colpo basso, sempre sorridendo. Si badi bene, non c'è nulla di strano, per lo meno rispetto alla nostra norma, vale a dire che il frammento di ieri è parso molto meno patetico di quanto si possa vedere tutti i giorni in televisione. Sta di fatto che ad esempio Nichi Vendola, senza volontà di adularlo, ma solo per evidenziare un dato di fatto, si è rifiutato di recarsi da Bruno Vespa, forse proprio per evitare queste situazioni.

C'è una curiosità che va esternata. La tendenza a ritenere la campagna elettorale come un percorso contrassegnato da quantità più che da qualità delle presenze è un dato di fatto non stiamo scoprendo ora. Ma è vero pure che l'intensificazione del modello americano giunge da noi in maniera dirompente proprio adesso, durante queste primarie, segnate inesorabilmente dai confronti televisivi ai quali, in Italia, non eravamo abituati. Le domande, se lecite, sono le seguenti: dar peso ad un pianto in tv muove davvero le quantità di voti sperate? Il confronto su Rai1 avrà seriamente convinto potenziali elettori a scegliere l'uno anziché l'altro? Un presidio fisso a Taranto, in questi giorni di triste avvicendarsi di spiacevoli eventi, non sarebbe stato, in un paese come il nostro, lo spot elettorale più efficace?

Il richiamo dalle piazze, il contatto fattivo con chi dovrebbe affidarti la propria fiducia. Non credo siano concetti retrogradi, anzi, più passano gli anni e più diviene concreta l'esigenza di una decrescita felice nel modo di chiedere il voto agli elettori. Ma a vedere le campagne elettorali che si stanno mettendo in pratica, è evidente che la tendenza è indirizzata inesorabilmente in senso opposto. Una presenza in tv continua a valere più di migliaia di strette di mano. Se Matteo Renzi dovesse rispondere con il suo giro di tutte le province d'Italia in camper gli direi che quattro città in un giorno non valgono una. Se Bersani dovesse rispondere con le sue lacrime di ieri sera, mi verrebbe quasi da dire che un pianto lo seppellirà. Ma questo solo per l'amabile gusto di distorcere un gioco di parole.

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