Qualche giorno fa, presentando il piano per lo sviluppo del Mezzogiorno ‘Risorsa Sud – il Mediterraneo del Nord: un’opportunità per l’Italia’, il ministro dell’Interno Angelino Alfano era tornato a parlare di una delle questioni più emblematiche dell’epopea berlusconiana: il Ponte sullo Stretto di Messina. “Non vediamo il motivo perché non si debba più parlare del Ponte sullo stretto”, aveva dichiarato Alfano, annunciando la presentazione di “un disegno di legge che rimetta in moto il progetto del Ponte”.
Un progetto, vale la pena ribadirlo, abbandonato da anni, dopo la constatazione di difficoltà tecniche, oneri realizzativi eccessivi e “problemi collaterali”. Peraltro, è ancora in corso un contenzioso legale, con una richiesta risarcitoria avanzata dal concessionario dopo la messa in liquidazione della Società Ponte sullo Stretto di Messina. Un’opera che, solo qualche mese fa, proprio un esponente del Nuovo Centro Destra, l’allora ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, giudicava non essere “una priorità strategica”.
Ma si sa, le priorità cambiano. E oggi, mentre si discuteva di interventi relativi alla Salerno – Reggio Calabria e al sistema infrastrutturale in Calabria, la deputata Dorina Bianchi ha presentato una mozione con cui si chiede al Governo di riconsiderare il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina, quale “possibile elemento di una strategia di riammagliatura del sistema infrastrutturale del Mezzogiorno”. Il passaggio sul Ponte sullo Stretto, inserito in un ragionamento complessivo che verte sulla constatazione dei problemi infrastrutturali e logistici del Meridione, è stato al centro di una “mediazione” con il sottosegretario ai Trasporti Umberto del Basso de Caro, che rappresentava appunto il Governo (tanto che qualcuno ha parlato di "riformulazione scritta a 4 mani", malgrado, come noto, le riformulazioni sono proposte esclusivamente dal Governo).
Una mediazione che ha prodotto l'inserimento della dicitura “limitatamente alle infrastrutture ferroviarie” nella parte riguardante il Ponte sullo Stretto.
Alla fine la versione riformulata (e poi approvata) del passaggio sul Ponte è questa:
Il Governo si impegna a valutare l'opportunità di una riconsiderazione del progetto del ponte sullo Stretto di Messina, come infrastruttura ferroviaria, previa valutazione e analisi rigorosa del rapporto costi-benefici, quale possibile elemento di una strategia di riammagliatura del sistema infrastrutturale del Mezzogiorno.
Va detto che dalla mozione sono stati espunti, su richiesta del Governo appunto, alcuni passaggi nei quali si parlava del Ponte come “elemento indispensabile di una catena logistica in grado di ridare dignità all'intero Mezzogiorno” e "unica opera che può invertire il trend alla marginalizzazione di tutta un'area geografica”, legandolo al prolungamento del corridoio Baltico-Adriatico fino a Taranto-Gioia Tauro-Stretto di Messina, Catania-Palermo.
Ovviamente, però, la questione ha scatenato una dura polemica tra maggioranza e opposizione, con Sinistra Ecologia e Libertà a parlare di "colpo di scena degno di un thriller" (Scotto) e Movimento 5 Stelle a ricordare "l'interesse" del PD di non indispettire l'alleato NCD.
Alla fine è dovuto intervenire direttamente il ministro Delrio, provando a chiudere la questione: "Non si tratta di una riapertura dei giochi, il sottosegretario ha semplicemente accolto l'invito fatto al governo di valutare, se lo vorremo, l'opportunità di riguardare i costi e benefici di quel progetto. In questo momento il dossier non è sul mio tavolo, abbiamo dossier più urgenti. Se una forza politica o il Parlamento ci invitano a valutare se un domani potremo riaprirlo, noi non diciamo di no. Non abbiamo pregiudizi la valutazione si fa sempre".
Insomma, per ora non c'è alcun cambiamento di rotta, assicurano dal Governo. Certo è che l'esecutivo si è impegnato a "valutare" il rapporto costi benefici. E certo è che un esponente del Governo ha "consigliato" quella che ritiene essere una mediazione accettabile: il Ponte solo come infrastruttura ferroviaria.