Nel corso di un incontro con gli studenti dell'Istituto Manfredi Tanari di Bologna, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha dichiarato: "Il rapporto di lavoro è prima di tutto un rapporto di fiducia. È per questo che lo si trova di più giocando a calcetto che mandando in giro dei curriculum", aggiungendo che "i rapporti che si instaurano nel percorso di alternanza (scuola lavoro ndr) fanno crescere il tasso di fiducia e quindi le opportunità lavorative". La dichiarazione ha scatenato un'accesissima polemica sui social network e durissime critiche da parte sia di parlamentari dell'opposizione, dal Movimento 5 Stelle a Sel, sia di alcuni esponenti del partito di maggioranza, che hanno definito "discutibile" l'uscita del titolare del dicastero del Lavoro. Il ministro Poletti non è affatto nuovo alle polemiche e più e più volte è finito al centro del fuoco di fila a causa delle sue incaute dichiarazioni sui giovani, una su tutte quella "sui giovani cervelli in fuga che è meglio non avere tra i piedi", ed è ormai evidente abbia delle grosse difficoltà di comunicazione, tanto da sembrare quasi incapace di veicolare un messaggio così semplice e così oggettivo, come quello espresso ieri a Bologna, senza divenire il protagonista della cosiddetta "polemica del giorno".
Rispetto alla dichiarazione sui giovani cervelli in fuga, decisamente indifendibile sotto ogni punto di vista, questa volta il ministro Poletti ha detto una banale e tangibile, seppur greve, verità: è molto difficile trovare lavoro spammando cv a destra e a manca, meglio puntare alla costruzione di relazioni e network, che offrono maggiori opportunità. Si può discutere sul modo in cui questo messaggio è stato veicolato (male, malissimo), ma incontestabile è il contenuto. Inutile attaccarsi alla "partita di calcetto" menzionata dal ministro, che si è servito di una chiara metafora per far passare il messaggio, Poletti non ha certo consigliato ai ragazzi di mandare in malora gli studi per passare la vita a giocare a pallone con gli amici, ma ha semplicemente evidenziato che nel mondo del lavoro odierno ( nel settore terziario in particolar modo, oserei aggiungere), per trovare un'occupazione non basta mandare decine o centinaia di curriculum via mail. E il motivo è banale, non c'entra il nepotismo o chissà che altro: con un tasso di disoccupazione giovanile pari al 40,1%, la mole di cv ricevuti dalle aziende sparse sul territorio nazionale è immensa e il rischio di finire nell'inesorabile calderone dello spam e di non raggiungere nemmeno i selezionatori è altissimo.
In una situazione così complicata è dunque necessario distinguersi dalla massa e il modo migliore per differenziarsi è attivare le leve della creatività e costruire relazioni interpersonali interessanti, molto più utili di qualsiasi invio massivo di curricula. Inoltre, a parità di competenze sulla carta, chi non preferirebbe assumere una persona già conosciuta, una persona in cui ripone maggior fiducia? Al netto di ipocrisie varie, io credo che un buon 95% dei rispondenti di affiderebbe a un lavoratore "segnalato" e ben pochi sarebbero disposti ad affidarsi all'istinto o alla fortuna, rischiando di assumere una persona che potrebbe rivelarsi inadatta. Perché, purtroppo, anche se può far male sentirselo dire chiaramente, il lavoratore per un'azienda è un investimento e in quanto investimento, l'azienda cercherà in ogni maniera di abbassare o azzerare i rischi connessi all'assunzione.
Una vecchia ma sempre illuminante ricerca condotta da Unioncamere, il rapporto Excelsior del 2011, evidenziò che in fase di reclutamento del personale nel 61,1% dei casi le aziende si affidavano al cosiddetto canale informale, ovvero ricorrevano a relazioni dirette o a segnalazioni di conoscenti per l'assunzione, e solo 2 su 10 alla mera analisi dei cv. Insomma, il ministro Poletti è stato investito da un'accesa quanto pretestuosa polemica per aver incautamente rivelato quello che nei fatti è un banale segreto di Pulcinella, una verità già nota a tutti che si preferisce ignorare non si sa bene per quale motivo.