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Polemica su centri migranti in Albania, l’hotel di lusso dei poliziotti italiani costa 9 milioni l’anno

Il governo Meloni ha preventivato una spesa da quasi 9 milioni di euro all’anno per il soggiorno di 295 poliziotti e carabinieri di stanza in Albania. Critica anche la polizia penitenziaria, che vive in condizioni ben peggiori. I centri migranti sono vuoti, ma dalla prossima settimana ripartiranno i trasferimenti.
A cura di Luca Pons
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Ha sollevato polemiche il costo che lo Stato affronta per alloggiare i 295 agenti di polizia e carabinieri che si trovano in Albania come personale per i centri migranti fortemente voluti dal governo Meloni. I due centri, a Shengjin e Gjader, al momento sono vuoti – ma già dalla settimana prossima si prevede che ripartano i trasferimenti, in quella che sembra una vera e propria sfida ai giudici italiani destinata a riaccendere lo scontro con la magistratura. Nel frattempo, come detto, ad attirare l'attenzione è stato il resort in cui abitano gli agenti italiani, che costa quasi 9 milioni di euro all'anno.

Dove abitano i poliziotti italiani in Albania e quanto costa

I poliziotti e carabinieri in Albania, come tutti gli agenti che si trovano in missione all'estero, hanno diritto a un surplus allo stipendio che vale 100 euro al giorno. Al di là di questo, c'è il soggiorno negli alberghi del gruppo Rafaelo Resort: le due strutture dedicate al momento sono il Rafaelo Executive e l'Hotel Comfort, rispettivamente a 5 e a 4 stelle, con tutti i comfort – dal centro benessere alla spiaggia privata.

La convenzione attualmente in vigore con Rafaelo Resort è partita il 5 agosto, e ha una durata di dodici mesi. Vitto e alloggio costano circa 80 euro al giorno, una somma considerevole considerando che il livello dei prezzi in Albania è più basso che in Italia. La spesa complessiva stimata è di 8.897.200 euro all'anno.  Una somma che, come il Viminale ha spiegato, è la "spesa massima stimata nel caso in cui fosse utilizzata l'intera aliquota di personale di vigilanza prevista". Insomma, naturalmente potrebbe abbassarsi se ci fosse meno personale in Albania.

Le polemiche della polizia penitenziaria e dell'opposizione

Tra le voci critiche su questo soggiorno c'è stata anche quella del sindacato Uilpa, della polizia penitenziaria. Gli agenti penitenziari di stanza a Gjader, infatti, ricevono un importante aumento di stipendio (139 euro al giorno) ma vivono in "strutture prefabbricate, poste al piano superiore degli uffici del carcere raggiungibile da una scala esterna (tipo scala di emergenza), in camera multipla, senza gli arredi più elementari, con un’unica TV sostenuta da due banchi simil scolastici (neppure a rotelle!) e installata in una ‘sala relax’ (sic!) allestita, parrebbe, con sedie provenienti dal Cpr", ha lamentato Uilpa. Il Sindacato polizia penitenziaria ha invece fatto marcia indietro sulla polemica, così come risulta che gli undici agenti che si trovano in Albania abbiano preso le distanze.

"L'accordo con l'Albania continua a far danni", ha commentato la segretaria del Pd Elly Schlein. "È uno scandalo, perpetuato anche ai danni dei cittadini italiani. Gli agenti sarebbero molto più utili in Italia, dove invece non sono messi nelle condizioni migliori per fare il loro lavoro".

"I 9 milioni di euro per l’alloggio degli agenti delle Forze dell’Ordine impiegati nei centri albanesi sono una parte del conto che gli italiani stanno pagando per questa cruenta pagliacciata propagandistica della premier", ha detto il segretario di +Europa Riccardo Magi. Filiberto Zaratti, deputato di Alleanza Verdi-Sinistra, ha attaccato: "L'affaire dei Cpr in Albania si profila ogni giorno di più come uno scandalo nazionale voluto dal governo Meloni".

Ha replicato Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera: "Per le sinistre, i nostri poliziotti chiamati a lavorare in Albania, devono soggiornare in un sottoscala piuttosto che in un contesto dignitoso. Questa la dice lunga sulla considerazione che hanno dei nostri agenti, visto che, puntuali bersagli di violenti manifestanti, non ricevono mai la solidarietà di Schlein e compagni, che piuttosto difendono anarchici da centro sociale".

I trasferimenti per i centri in Albania ripartono

Intanto, come detto, dopo circa due settimane di ‘stop' legate ai problemi giuridici alla base dei centri in Albania, evidenziati dai giudici di Roma, il governo ha deciso di tornare a procedere con i trasferimenti. Da lunedì la nave della Marina militare Libra tornerà a stazionare al largo di Lampedusa (dovrà restare in acque internazionali), per intercettare le persone che tentano di attraversare il Mediterraneo.

Le persone soccorse riceveranno poi uno ‘screening' a bordo per identificare chi abbia i requisiti per essere trasferito in Albania e quindi per ricevere la procedura rapida per la richiesta d'asilo. Dovranno essere uomini, maggiorenni, senza famiglia ad accompagnarli, non ‘vulnerabili' (un termine che riguarda la salute fisica ma non solo), e provenienti da Paesi sicuri.

Perché si va verso un nuovo scontro governo-giudici

Il primo tentativo era andato male per varie ragioni. Su 16 persone arrivate in Albania, due erano minorenni e due vulnerabili, ed erano state portate in Italia. Per gli altri dodici, i giudici del Tribunale di Roma non avevano convalidato il trattenimento. Il problema, come è ormai noto, è che i loro Paesi di provenienza erano considerati sicuri dall'Italia, ma non rispettavano i criteri fissati dai regolamenti europei.

In particolare, secondo le norme Ue in vigore, un Paese per essere sicuro deve esserlo in tutto il suo territorio e per tutta la popolazione: se ‘solo' alcune minoranze sono a rischio, allora tutto lo Stato non si può considerare sicuro. Un ragionamento molto diverso da quello fatto dal governo Meloni, che in un recente decreto ha deciso di aggiornare la lista dei Paesi sicuri inserendo quelli che lo sono per la maggioranza della popolazione.

Il decreto in questione (che intanto il governo ha ‘trasformato' in un emendamento per accelerare i tempi) è stato rinviato, dal Tribunale di Bologna, alla Corte di giustizia europea. Per risolvere la questione una volta per tutte: capire, cioè, se i giudici italiani devono dare la priorità alle norme nazionali, incluso quest'ultimo decreto, o a quelle europee, e nel caso come debbano stabilire caso per caso se un Paese è sicuro per la persona interessata.

Ma il governo Meloni ha deciso di non aspettare oltre. I trasferimenti riprenderanno, e data la poca chiarezza attuale sulle norme sembra probabile anche che i giudici non convalideranno i trattenimenti (o almeno alcuni, a seconda del Paese di provenienza). Così, lo scontro dell'esecutivo con la magistratura riprenderà.

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