Pnrr in ritardo, ora il governo Meloni dà la colpa a Draghi
Il governo Meloni sta affrontando in questi giorni uno degli ostacoli principali del suo mandato: il Pnrr, o Piano nazionale di resistenza e resilienza. I fondi europei, erogati dall'Ue solo a condizione che l'Italia rispetti la tabella di marcia che ha concordato con la Commissione europea, sono uno dei punti centrali per lo sviluppo economico italiano. Si tratta di 191,5 miliardi di euro (di cui 67 già ricevuti) da utilizzare per centinaia interventi in quasi tutti i settori della vita pubblica. Il problema, però, è che i lavori sono in ritardo e gli obiettivi (e quindi i fondi) sono a rischio.
Il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto, che è la persona incaricata dal governo di coordinare la gestione del Pnrr, ha già ammesso: "Sul Pnrr bisogna essere chiari: alcuni interventi da qui al 30 giugno 2026 non possono essere realizzati, ed è matematico, è scientifico che sia così, dobbiamo dirlo e non aspettare il 2025 per aprire il dibattito su di chi sia la colpa". Non è il primo esponente del governo a dirlo, peraltro. Già a gennaio, il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini aveva detto che "alcuni dei temi non saranno palesemente raggiungibili entro il 2026, nemmeno se arrivasse oggi Gesù bambino riusciremmo a fare in tre anni quello che non è stato fatto in sei".
Proprio Salvini ieri ha lanciato quella che sembra essere la linea dell'esecutivo: l'accusa al governo Draghi, che ha impostato i lavori per il Pnrr nello scorso anno. "Noi siamo qua da cinque mesi, abbiamo ereditato alcuni progetti molto ambiziosi. Che in gergo diplomatico, se c'è qualcosa di complesso da mettere a terra si dice ‘ci hanno dato degli obiettivi molto ambiziosi'. Poi io non dò nulla per perso, ovviamente bisogna rimodulare. Alcune grandi opere che ho trovato sulla mia scrivania, di cui c'è solo il titolo… usiamo quei denari per fare tutt'altro. Contando che la Commissione europea accompagni la buona riuscita del percorso". E poi ha concluso: "Se qualcosa non riusciremo a farla perché è stata studiata male, lo diremo".
Lo stesso Fitto oggi ha chiarito: "Stiamo lavorando di concerto con la Commissione europea, altri Paesi hanno avuto sulla verifica del raggiungimento degli obiettivi delle proroghe concordate di uno o due mesi". Per poi rivendicare: "Noi siamo al governo da quattro mesi e non da quattro anni, non lo dico per fare polemica… Dobbiamo dire le cose come stanno".
Ieri sera il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari, ha smorzato i toni: "Ci sono aspetti tecnico-burocratici su cui bisogna far chiarezza. Il governo sta facendo, dal punto di vista strutturale, quello che deve fare per rispettare le scadenze e due provvedimenti importanti sono stati approvati", ha detto a Stasera Italia su Rete4.
Per chiarire la situazione, le opposizioni hanno chiesto al governo di riferire in Aula. In particolare, la nuova capogruppo del Pd alla Camera Chiara Braga ha chiesto un'informativa urgente del ministro Fitto, sui "presunti ritardi del Pnrr e su quali siano state le modifiche apportate". Il rischio è di "perdere importanti risorse", ha detto Braga, perciò "la discussione va fatta in Parlamento, in modo trasparente". Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha cercato di rassicurare: "Gli obiettivi da raggiungere a fine giugno saranno pienamente rispettati. Certo, dobbiamo accelerare per recuperare ritardi del passato…". Ancora un riferimento alle presunte colpe del governo Draghi.
La corsa dei sindaci ai fondi, Sala: "Date i soldi a chi sa investire"
Nei giorni in cui si inseguono le notizie sui ritardi del Pnrr e il possibile rischio che le tempistiche non rispettate portino a un taglio delle risorse europee, è arrivata la richiesta del sindaco di Milano Beppe Sala di dare i fondi "ai Comuni più virtuosi" per evitare che vadano perduti. Le risorse "vengano assegnate a chi le sa investire", ha chiesto, "alle realtà locali e a quelle che hanno un track record secondo cui possono investire". Anche perché, ha spiegato, "ci sono una serie di progetti che ho nel cassetto e che, se fossero finanziati, riuscirei a completare entro il 2026".
Gli ha fatto eco il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, chiedendo di ricevere 300 milioni – in regola con le gare del Pnrr – prendendoli dai finanziamenti che andrebbero a Comuni inadempienti. Al contrario, il presidente della Calabria Roberto Occhiuto ha affermato che "dare i soldi a chi li sa spendere, come dice Sala, vuol dire lasciare indietro un pezzo di Paese. Sarebbe una secessione".