Pnrr in ritardo, il governo Meloni ammette che alcuni interventi sono irrealizzabili
L'attuazione del Pnrr, o Piano nazionale di ripresa e resilienza, è un problema sempre più serio per il governo Meloni. Sul tavolo ci sono in totale 191,5 miliardi di euro di fondi europei, di questi l'Italia ne ha ricevuti 67 finora. Gli altri potrebbero essere in bilico.
La terza rata, da 19 miliardi di euro, è legata alla realizzazione degli obiettivi che scadevano a dicembre 2022, ma il pagamento è slittato di un mese perché la Commissione europea si è presa più tempo per verificare che questi siano stati effettivamente raggiunti. Su alcuni, come i fondi per gli stadi di Venezia e Firenze, l'Italia potrebbe dover fare retromarcia. La quarta rata, questa volta da 16 miliardi di euro, dovrebbe arrivare dopo il completamento degli obiettivi previsti per giugno 2023. Ma i ritardi si stanno accumulando.
Ieri, dopo la riunione del Consiglio dei ministri che ha approvato diverse misure (il nuovo decreto Bollette, il Codice degli appalti ma anche un disegno di legge per lo stop alla carne sintetica), a Palazzo Chigi si è riunita la cabina di regia sul Pnrr. Al centro delle discussioni ci sono stati proprio i ritardi: il ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, avrebbe chiesto agli altri ministri di fargli avere un quadro completo sui lavori in corso, le problematiche esistenti e possibili soluzioni per risolverle.
Il ministro Fitto: "È matematico, alcuni interventi non possono essere realizzati"
Sempre ieri, già prima della riunione del Consiglio dei ministri, è stato lo stesso Fitto ad ammettere che ci sono dei grossi problemi: "Sul Pnrr bisogna essere chiari: alcuni interventi da qui al 30 giugno 2026 non possono essere realizzati, ed è matematico, è scientifico che sia così, dobbiamo dirlo e non aspettare il 2025 per aprire il dibattito su di chi sia la colpa". Lo ha affermato alla presentazione della relazione semestrale della Corte dei Conti sul Pnrr.
Il ministro ha riconosciuto che alcuni progetti potrebbero essere cestinati, oppure finanziati con fondi nazionali o con altre risorse europee che hanno scadenze meno stringenti, come i fondi di coesione. Si tratterebbe, comunque, di una sconfitta per il Pnrr italiano per porterebbe a mettere in discussione la crescita economica dell'Italia nei prossimi tre anni (tutti i progetti del Pnrr hanno scadenza al massimo nel 2026). Fitto ha anche specificato che trova "abbastanza ridicolo" il tentativo di "attribuire a questo governo delle responsabilità" per l'ultimo slittamento di un mese: le misure su cui la Commissione europea ha espresso dei dubbi erano state approvate dal governo Draghi.
D'altra parte, i dati della Corte dei Conti hanno mostrato che il problema che ora il governo Meloni deve gestire è più ampio: delle risorse previste per il Pnrr, escludendo gli esborsi per i crediti d'imposta, solo 10 miliardi di euro sono stati "messi a terra", su 67 già ricevuti. Per la sanità sono stati spesi solo 79 milioni rispetto ai 343 previsti dalla tabella di marcia e per la transizione ecologica solo 2,4 miliardi di euro contro i 6,4 miliardi preventivati. Oltre ai problemi per la spesa ci sono anche quelli per il personale, con "modalità di reclutamento con formule non stabili" che "hanno fatto emergere non poche difficoltà per le amministrazioni".